L'amore ha 3 livelli: Amare
Dio, il prossimo, se stessi.
L'uomo deve rivolgere a Dio il
suo amore,perché solo così sarà in grado di amare anche il suo prossimo.
Amare 2 volte quindi. L'apostolo Giovanni afferma che non si può dire di
amare Dio e odiare il proprio fratello. Amando Dio si ama anche il
prossimo e di conseguenza si mettono in pratica i 10 comandamenti (Non
uccidere, Non rubare, ecc.)
Poi abbiamo la 3^ direzione;
l'amore verso noi stessi.
Gesù stesso dice "ama il
prossimo come te stesso". Se abbiamo disprezzo x noi stessi, non avremo
mai cura e rispetto del prossimo.
Ogni livello di amore può
avere delle deviazioni come l'amare Dio in modo errato (religione),
commettere adulterio o essere concentrati troppo su se stessi.
Gesù ci ha parlato di tutti e
tre questi livelli che possiamo esprimere in vari modi.
Verso Dio con la preghiera, il
culto, l'adorazione, la fedeltà...
Verso gli altri con
l'elemosina, l'evangelizzazione, il soccorso, la solidarietà...
Verso se stessi con il
digiuno, la consacrazione, la cura e il rispetto del proprio corpo...
La FEDE
Ebrei 11:1 non poteva
esprimere meglio, cosa è la fede. Il credente, non ha vaghe idee, o
dottrine umane su cui fondare la sua fede. La Sua è CERTEZZA, le
promesse della bibbia sono GIA' una realtà per lui.
Credere, non in qualcuno che sta lassù da qualche parte, ma nel suo Dio,
che il credente ha imparato a conoscere come Padre.
Di conseguenza GESU' non è un uomo qualsiasi, ma è il proprio Salvatore
e Signore che si riceve nel proprio cuore; che diventa l'unica VIA,
l'unico MEDIATORE tra noi e Dio.
Tutto ciò fa nascere tra il credente e Dio, un rapporto vero, fatto di
confidenza e quotidianità. La fede diventa pratica giorno x giorno. Si
perdona, perché si è sperimentato il perdono in prima persona; si
realizza il nuovo stato di figli di Dio; si eredita la vita eterna.
La Bibbia è una guida
fondamentale in tutto questo, perché se non la leggiamo, diventiamo
preda delle tante religioni umane.
Io, pentecostale
Il movimento pentecostale, è
nato in seguito alla riforma protestante. (primi anni del '900 in
America). In Atti 2 si parla dell'esperienza pentecostale. Essa è la
manifestazione dello Spirito Santo avuta da 120 credenti nel giorno di
Pentecoste.
Le chiese Pentecostali riconoscono come unica autorità La Bibbia, si
basano quindi solo sui suoi insegnamenti.
Principi Dottrinali: Battesimo nello Spirito Santo, viene dato al credente, ed una
delle manifestazioni di questo è la GLOSSOLALIA (Parlare in lingue).
I Carismi (particolari
doni dello Spirito Santo). Sacerdozio universale dei credenti:
Ogni credente è chiamato ad evangelizzare, a testimoniare, a ricercare
ogni giorno la santificazione e la consacrazione a Dio tramite la
lettura e lo studio quotidiano della Bibbia. Rapimento della Chiesa: Il ritorno di Gesù alla fine dei tempi
per rapire tutti i credenti nati di nuovo, sia coloro ancora in vita,sia
quelli già morti. La 2^ venuta di Gesù: Gesù regnerà istituendo il Regno
Millenario, dove ci sarà pace e giustizia. Prima del giudizio
sull'umanità ci sarà un ritorno letterale, cioè, visibile a tutti.
I Pentecostali, sono il più numeroso movimento evangelico, e sono
"completi" perché prendono tutte le dottrine dei movimenti precedenti.
Sono come i Luterani (giustificazione x fede), come i Battisti
(Battesimo in acqua), come i Metodisti (x la Santificazione),
Salutisti(come l'esercito della Salvezza), ... Pentecostali x il
battesimo nello Spirito Santo)
"se ti
scoraggi nel giorno dell'avversità, la tua forza è poca" (Proverbi 24:10)
L'unico uomo
sopravvissuto ad un naufragio arrivò sulla spiaggia di una piccola e disabitata
isola.
Chiese fervidamente a Dio
aiuto ed ogni giorno scrutava l'orizzonte, ma nessuno arrivava.
Ormai stanco, pensò di
costruire una capanna di legno per proteggersi dalla pioggia e ci mise dentro
tutto quello che gli era rimasto.
Un giorno, mentre vagabondava per l'isola alla ricerca di cibo, ritornò alla
capanna e la trovò avvolta dalle fiamme, col fumo che saliva fino al cielo.
La cosa peggiore che era
successo è che aveva perso tutto. Rimase tanto stupito, triste ed arrabbiato.
"Dio, come hai potuto farmi questo?" si lamentò.
Tuttavia il giorno dopo fu
svegliato dal suono di una nave che si avvicinava all'isola. Erano venuti a
salvarlo!
"Come sapevate che ero qui?" domandò l'uomo ai suoi salvatori!
"Abbiamo visto il suo segnale di fumo!" gli risposero!
E' facile scoraggiarsi quando le cose vanno male, ma Dio lavora nelle nostre
vite nonostante il dolore e la sofferenza.
Ricorda la prossima volta che la tua capanna prende fuoco, può essere il segno
che la grazia di Dio ti viene in aiuto!
(…questo testo è tratto da un foglietto di calendario!!.......benedizioni in
Gesù!). Dtb.
LETTERA
a DIOGNETO (anonimo II/III secolo)...
I
cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli
altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si
differenzia, né conducono un genere di vita speciale.
La
loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi
aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri.
Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai
costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di
vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale.
Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini
e da tutto sono distaccati come stranieri.
Ogni
patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera.
Si
sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati.
Mettono in comune la mensa, ma non il letto.
Sono
nella carne, ma non vivono secondo la carne.
Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.
Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.
Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati.
Non
sono conosciuti, e vengono condannati.
Sono
uccisi, e riprendono a vivere.
Sono
poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano.
Sono
disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria.
Sono
oltraggiati e proclamati giusti.
Sono
ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano.
Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se
ricevessero la vita.
Dai
giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li
odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.
A
dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani.
L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della
terra.
L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma
non sono del mondo.
L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel
mondo, ma la loro religione è invisibile.
La
carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché
impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia
dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri.
L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che
li odiano.
L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono
nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo.
L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come
stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei
cieli.
Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani
maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano.
Dio li ha messi in
un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.
La voce del poeta
Siamo lieti di
dedicare questo spazio alla poesia
del fratello Davide Ignazio Interrante convinti che l'astrazione
della poesia in genere comunica sentimenti che possono cibare l'anima attenta.
Grazie fratello Davide.
VESTIMI D’AQUILA
Sento l’odore dei tuoi passi
Non vivo di molta fede
Son carico di massi
L’alba quasi spunta nel deserto
Nasce un’ oasi nel mio cuore
Togli adesso quei massi mio Redentore
Nel cielo sempre vola l’aquila anche quando piove
E sconfigge ogni distanza se il suo occhio vuole
E pur se non vola a stormi pur sempre è in Tua compagnia
E la pioggia non l’aggrava e nel volo va via!
E’ nel volo la Divina Presenza
Quando l’occhio mira al cielo e del cielo non può fare
senza.
E in questa pioggia che sembra non finire
Tu che puoi vestimi d’aquila
Che adesso devo partire!
Davide Ignazio Interrante
Pietà
son io
“ Dio del cielo io ti aspetterò
Nel cielo e sulla terra io ti cercherò. ”
da "Spiritual" di Fabrizio De Andrè
Pietà son io
Io … il mio io che sbaglia
Veloce come fuoco di paglia
Ma altro fuoco io cerco
Dov’è la mia anima in questo deserto?
La mia anima vorrei fosse dove Tu vuoi
Eppur sembra smarrita fra i neri sentieri
Nei luoghi meno veri di questo mondo
Dove io mendico, dimentico e vado a fondo.
Pietà son io
Io … il mio io che sbaglia
Liberami dai miei vizi come una balia
Come il Papà Celeste di cui Gesù parla
Ed io insisto nel chiedere
Insisto finché tu non mi riporti a galla
Perché così sta scritto
E la Parola di Te ci narra.
Pietà son io
Io … il mio io che sbaglia
Che ti chiede aiuto come fiore fuggito dalla paglia
Come fiore che non sa sconfiggere il suo tormento
Come chi conosceva la stalla e ora vola nel vento
E nel vento riconosce la Tua mano che luce e riluce
IL LIBRO
DELLO STORICO SERGIO LUZZATTO APRE NUOVI DUBBI SUL FRATE DI PIETRALCINA
Padre Pio,
il giallo delle stigmate
Un
farmacista: «Nel 1919 fece acquistare dell'acido fenico, sostanza adatta
per procurarsi piaghe alle mani»
I l
cerchio intorno a padre Pio aveva cominciato a stringersi fra giugno e
luglio del 1920: poco dopo che era pervenuta al Sant'Uffizio la lettera-
perizia di padre Gemelli sull'«uomo a ristretto campo di coscienza»,
«soggetto malato», mistico da clinica psichiatrica. Giurate nelle mani
del vescovo di Foggia, monsignor Salvatore Bella, e da questi inoltrate,
le testimonianze di due buoni cristiani della diocesi pugliese avevano
proiettato sul corpo dolorante del cappuccino un'ombra sinistra. Più che
profumo di mammole o di violette, odore di santità, dalla cella di padre
Pio erano sembrati sprigionarsi effluvi di acidi e di veleni, odore di
impostura.
Il primo
documento portava in calce la firma del dottor Valentini Vista,
che a Foggia era titolare di una farmacia nella centralissima piazza
Lanza. Al vescovo, il professionista aveva riferito anzitutto le
circostanze originarie del suo interesse per padre Pio. La tragica morte
del fratello, occorsa il 28 settembre 1918 (per effetto dell'epidemia di
spagnola, possiamo facilmente ipotizzare). La speranza che il frate
cappuccino, proprio in quei giorni trafitto dalle stigmate, potesse
intercedere per l'anima del defunto. (...) Il dottor Valentini Vista era
poi venuto al dunque. Nella tarda estate del '19, il pellegrinaggio a
San Giovanni era stato compiuto da una sua cugina, la ventottenne Maria
De Vito: «Giovane molto buona, brava e religiosa», lei stessa
proprietaria di una farmacia. La donna si era trattenuta nel Gargano per
un mese, condividendo con altre devote il quotidiano train de vie del
santo vivo.
Il
problema si era presentato al rientro in città della signorina De Vito:
«Quando ella tornò a Foggia mi portò i saluti di Padre Pio e mi chiese a
nome di lui e in stretto segreto dell'acido fenico puro dicendomi che
serviva per Padre Pio, e mi presentò una bottiglietta della capacità di
un cento grammi, bottiglietta datale da Padre Pio stesso, sulla quale
era appiccicato un bollino col segno del veleno (cioè il teschietto di
morte) e la quale bottiglietta io avrei dovuto riempire di acido fenico
puro che, come si sa, è un veleno e brucia e caustica enormemente
allorquando lo si adopera integralmente. A tale richiesta io pensai che
quell'acido fenico adoperato così puro potesse servire a Padre Pio per
procurarsi o irritarsi quelle piaghette alle mani».
A Foggia,
voci sul ritrovamento di acido fenico nella cella di padre Pio
avevano circolato già nella primavera di quel 1919, inducendo il
professor Morrica a pubblicare sul Mattino di Napoli i propri dubbi di
scienziato intorno alle presunte stigmate del cappuccino. Non fosse che
per questo, il dottor Valentini Vista era rimasto particolarmente
colpito dalla richiesta di acido fenico puro che il frate aveva affidato
alla confidenza di Maria De Vito. Tuttavia, «trattandosi di Padre Pio»,
egli si era persuaso che la richiesta avesse motivazioni innocenti, e
aveva consegnato alla cugina la bottiglia con l'acido. Ma la perplessità
del farmacista era divenuta sospetto poche settimane dopo, quando il
cappuccino di San Giovanni aveva trasmesso alla donna – di nuovo, sotto
consegna del silenzio – una seconda richiesta: quattro grammi di
veratrina.
Rivolgendosi a monsignor Bella, Valentini Vista illustrò la composizione
chimica
di quest'ultimo prodotto e insistette sul suo carattere fortemente
caustico. «La veratrina è tale veleno che solo il medico può e deve
vedere se sia il caso di prescriverla», spiegò il farmacista. A scopi
terapeutici, la posologia indicata per la veratrina era compresa fra uno
e cinque milligrammi per dose, sotto forma di pillole o mescolata a
sciroppo. «Si parla dunque di milligrammi! La richiesta di Padre Pio fu
invece di quattro grammi! ». E tale «quantità enorme trattandosi di un
veleno», il frate aveva domandato «senza la giustificazione della
ricetta medica relativa», e «con tanta segretezza»... A quel punto,
Valentini Vista aveva ritenuto di dover condividere i propri dubbi con
la cugina Maria, raccomandandole di non dare più seguito a qualsivoglia
sollecitazione farmacologica di padre Pio. Durante il successivo anno e
mezzo, il professionista non aveva comunicato a nessun altro il sospetto
grave, gravissimo, che il frate si servisse dell'una o dell'altra
sostanza irritante «per procurarsi o rendere più appariscenti le
stigmate alle mani». Ma quando aveva avuto notizia dell'imminente
trasferimento di monsignor Bella, destinato alla diocesi di Acireale,
«per scrupolo di coscienza» e nell'«interesse della Chiesa» il
farmacista si era deciso a riferirgli l'accaduto.
La seconda
testimonianza fu giurata nelle mani del vescovo dalla cugina del dottor
Valentini
Vista, e risultò del tutto coerente con la prima. La signorina De Vito
confermò di avere trascorso un mese intero a San Giovanni Rotondo,
nell'estate del '19. Alla vigilia della sua partenza, padre Pio l'aveva
chiamata «in disparte» e le aveva parlato «con tutta segretezza»,
«imponendo lo stesso segreto a me in relazione anche agli stessi frati
suoi confratelli del convento». Il cappuccino aveva consegnato a Maria
una boccetta vuota, pregando di farla riempire con acido fenico puro e
di rimandargliela indietro «a mezzo dello chauffeur che prestava
servizio nell'autocarro passeggieri da Foggia a S. Giovanni». Quanto
all'uso cui l'acido era destinato, padre Pio aveva detto che gli serviva
«per la disinfezione delle siringhe occorrenti alle iniezioni che egli
praticava ai novizi di cui era maestro ». La richiesta dei quattro
grammi di veratrina le era giunta circa un mese dopo, per il tramite
d'una penitente di ritorno da San Giovanni. Maria De Vito si era
consultata con Valentini Vista, che le aveva suggerito di non mandare
più nulla a padre Pio. E che le aveva raccomandato di non parlarne con
nessuno, «potendo il nostro sospetto essere temerario ».
Temerario,
il sospetto del bravo farmacista e della devota sua cugina?
Non sembrò giudicarlo tale il vescovo di Foggia, che pensò bene di
inoltrare al Sant'Uffizio le deposizioni di entrambi. D'altronde, un po'
tutte le gerarchie ecclesiastiche locali si mostravano scettiche sulla
fama di santità di padre Pio. Se il ministro della provincia cappuccina,
padre Pietro da Ischitella, metteva in guardia il ministro generale dal
«fanatismo » e dall'«affarismo» dei sangiovannesi, l'arcivescovo di
Manfredonia, monsignor Pasquale Gagliardi, rappresentava come totalmente
fuori controllo la situazione della vita religiosa a San Giovanni
Rotondo.
Da subito
nella storia di padre Pio, i detrattori impiegarono quali capi d'accusa
quelli che erano stati per secoli i due luoghi comuni di ogni polemica
contro la falsa santità: il sesso e il lucro. E per quarant'anni dopo il
1920, il celestiale profumo intorno alla cella e al corpo di padre Pio
riuscirà puzzo di zolfo al naso di quanti insisteranno sulle ricadute
economiche o almanaccheranno sui risvolti carnali della sua esperienza
carismatica. Ma nell'immediato, a fronte delle deposizioni di Maria De
Vito e del dottor Valentini Vista, soprattutto urgente da chiarire
dovette sembrare al Sant'Uffizio la questione delle stigmate. Tanto più
che il vescovo di Foggia, inoltrando a Roma le due testimonianze
giurate, aveva accluso alla corrispondenza un documento che lo storico
del ventunesimo secolo non riesce a maneggiare – nell'archivio vaticano
della Congregazione per la Dottrina della Fede – senza una punta
d'emozione: il foglio sul quale padre Pio, forse timoroso di non poter
comunicare a tu per tu con la signorina De Vito, aveva messo nero su
bianco la richiesta di acido fenico. Allo sguardo inquisitivo dei
presuli del Sant'Uffizio, era questo lo smoking gun, l'indizio lasciato
dal piccolo chimico sul luogo del delitto. «Per Marietta De Vito,
S.P.M.», padre Pio aveva scritto sulla busta. All'interno, un unico
foglietto autografo, letterina molto più stringata di quelle che il
cappuccino soleva scrivere alle sue figlie spirituali: «Carissima Maria,
Gesù ti conforti sempre e ti benedica! Vengo a chiederti un favore. Ho
bisogno di aver da duecento a trecento grammi di acido fenico puro per
sterilizzare. Ti prego di spedirmela la domenica e farmela mandare dalle
sorelle Fiorentino. Perdona il disturbo».
Se davvero
padre Pio necessitava di acido fenico per disinfettare le siringhe
con cui
faceva iniezioni ai novizi, perché mai procedeva in maniera così
obliqua, rinunciando a chiedere una semplice ricetta al medico dei
cappuccini, trasmettendo l'ordine in segreto alla cugina di un
farmacista amico, e coinvolgendo nell'affaire l'autista del servizio
pullman tra Foggia e San Giovanni Rotondo? Ce n'era abbastanza per
incuriosire un Sant'Uffizio che possiamo immaginare già sospettoso dopo
avere messo agli atti la perizia di padre Gemelli. Di sicuro, i prelati
della Suprema Congregazione non dubitarono dell'attendibilità delle
testimonianze del dottor Valentini Vista e della signorina De Vito, così
evidentemente suffragate dall'autografo di padre Pio. Agli atti del
Sant'Uffizio figurava anche la trascrizione di una seconda lettera
autografa del cappuccino a Maria De Vito, il cui poscritto corrispondeva
esattamente al tenore della deposizione di quest'ultima: «Avrei bisogno
di un 4 grammi di veratrina. Ti sarei molto grato, se me la procurassi
costì, e me la mandassi con sollecitudine».
Lista delle
Eresie e delle invenzioni umane adottate e perpetrate
dalla Chiesa Cattolica Romana nel corso di 1600 anni Compilata dal Reverendo Stefano
Testa – Sesta Edizione Italiana
EDIZIONI CENTRO BIBLICO
«E conoscerete la Verità, e la
Verità vi farà liberi»
(Gesù, secondo le parole di Giovanni 8:32)
AVVERTENZA – Queste date in molti casi sono approssimative.
Molte di queste eresie furono correnti qua e là nella Chiesa molto tempo prima
di essere adottate ufficialmente; ma è solo quando un Concilio le ha
ufficialmente adottate e il Papa le ha proclamate come dogma di fede che esse
devono essere credute e praticate dai cattolici.
Per essere verace, una dottrina deve essere conforme alla Parola di Dio. «Alla
legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così, non vi sarà mai per lui
alcuna aurora!» (Isaia 8:20)
Nella Riforma del secolo XVI, queste eresie furono ripudiate perché non
d’accordo con l’insegnamento di Gesù e degli Apostoli quale di trova nel Nuovo
Testamento.
1. Tra tutte le invenzioni umane
praticate dalla Chiesa Romana e contrarie al Vangelo, le più antiche
sono la preghiera per i morti e il segno della Croce.
Ambedue furono inventate verso l’anno 310. Furono ufficialmente
adottate intorno al 500 dopo Cristo.
2. La venerazione di santi e morti
e di angeli, verso l’anno 375.
3. La celebrazione quotidiana della
Messa entrò in uso nel 394.
4. Il Culto di Maria, madre di
Gesù, e l’uso dell’espressione «Madre di Dio» a lei applicato, ebbe
origine nel Concilio di Efeso del 431.
5. Il Monachismo fu introdotto in occidente da
Benedetto da Norcia che costruì il primo monastero a Monte Cassino
nel 528. Gesù ordinò ai Suoi discepoli di predicare a tutti i popoli
della terra, non di segregarsi in conventi o monasteri (Matteo
10:5-8; 28:19-20; Marco 16:15-20)
6. La dottrina del Purgatorio
fu istituita da Gregorio Magno verso l’anno 593.
7. La lingua latina come lingua di culto nella
Chiesa fu imposta da Papa Gregorio I nell’anno 600 dopo Cristo. La Parola di Dio invece insegna che si deve pregare e
predicare nella lingua conosciuta dal popolo (leggi: 1° Corinzi
14:19).
8. Secondo il Vangelo
le preghiere devono essere dirette solo a Dio. Nella chiesa
primitiva non ci furono mai preghiere rivolte a Maria o ai Santi.
Tale pratica ebbe origine 600 anni dopo Cristo. (Leggi: Matteo 11:28; Luca 1:46; Atti 10:25-26; 14:14-18).
9. Il Papato è di origine pagana. Il titolo di
Papa, ossia di vescovo universale, venne per la prima volta dato
dall’empio imperatore Foca al vescovo di Roma nell’anno 610. Ciò egli fece per far dispetto al vescovo Ciriaco di
Costantinopoli che lo aveva scomunicato per aver egli fatto
assassinare il suo predecessore, l’imperatore Maurizio. L’allora
vescovo di Roma, Gregorio I, ricusò il titolo, e fu il suo
successore, Bonifazio III il primo ad avvalersi del titolo di Papa.
Gesù non lasciò nessun capo fra gli apostoli, essendo Egli sempre il
capo fra gli apostoli, essendo Egli sempre il capo immortale della
Chiesa (Leggi: Luca 22:24-26; Efesini 1:22-23; Colossei 1:18; 1°
Corinzi 3:11).
10. Il bacio del piede del Papa
cominciò nell’anno 709.
Gli imperatori pagani si facevano baciare il piede. Il Vangelo
condanna simili pratiche.
(Leggi: Atti: 10:25-26; Apocalisse 10:10; 22:9)
11. Il potere temporale papale
cominciò nell’anno 750.
Quando Pipino, l’usurpatore del trono di Francia, discese in Italia
chiamato da Papa Stefano II per far guerra ai Longobardi, li
sconfisse e dette la città e i dintorni di Roma al Papa. Gesù
assolutamente proibì ciò, ed Egli stesso rifiutò di essere fatto re.
(Leggi: Matteo 4:8-9; 20:25-26 e Giovanni 18:36).
12. L’adorazione della croce, delle immagini e delle
reliquie fu adottata ufficialmente nel 788. Ciò fu per ordine dell’imperatrice Irene diCostantinopoli, che prima fece cavare gli occhi al proprio
figlio Costantino IV, e poi convocò un concilio della Chiesa per
richiesta di Adriano I, vescovo di Roma in quel tempo. Nella Bibbia
tale pratica è chiamata idolatria ed è severamente condannata.
(Leggi: Esodo: 20:4-6; Deuteronomio 27:15; Salmo 115; Geremia
10:1-5).
13. L’uso dell’Acqua Santa cui si aggiungeva un pizzico di
sale e che veniva poi benedetta dal prete, venne autorizzato
nell’anno 850.
14. La venerazione di San Giuseppe ebbe inizio nell’anno 890.
15. L’uso delle campane nelle chiese venne istituito da papa
Giovanni XIV nella chiesa di San Giovanni in Laterano nell’anno 965.
16. La canonizzazione dei santi avvenne per la prima volta ad
opera di Papa Giovanni XV nell’anno 995.
La Bibbia chiama santi tutti i credenti e i veri seguaci di Cristo
(Leggi: Romani: 1:7; 1° Corinzi 1-2; ecc.)
17. Il digiuno in giorno di venerdì e durante la Quaresima
venne imposto ufficialmente nell’anno 998.
Sembra da papi interessati nel commercio del pesce. Per mangiare
carne occorre la dispensa. Alcune autorità affermano che ciò iniziò
verso l’anno 700. Si tratta di cosa contraria al chiaro insegnamento
delle Scritture (Leggi: Matteo 15-10; 1° Corinzi 10:25; 1° Timoteo
4:3).
18. La Messa come sacrificio fu sviluppata gradualmente e la
frequenza ad essa resa obbligatoria nell’undicesimo secolo.
Il Vangelo insegna che il sacrificio di Cristo fu offerto una sola
volta per tutte, e non dev’essere ripetuto, ma solo commemorato
nella Santa Cena (Leggi: Ebrei 7-27; 9:26-28; 10:10-14).
19. Il celibato dei preti fu decretato da Papa Gregorio VII
nell’anno 1079.
Il Vangelo invece insegna che i ministri di Dio possono avere moglie
e figli, San Pietro era ammogliato, Paolo prescrisse che i vescovi
devono avere famiglia. (Leggi: 1° Timoteo 3:2, 5, 12; Matteo
8:14-15)
20. La Corona del Rosario fu introdotta da Pietro l’eremita
nell’anno 1090.
Questa fu copiata dai Maomettani. Il contare le preghiere è pratica
pagana ed è severamente condannata da Cristo (Leggi: Matteo 6:5-13)
21. La Inquisizione per gli eretici fu istituita dal Concilio
di Verona nell’anno 1184.
Gesù condanna la violenza e non forza nessuno ad accettare la Sua
religione.
22. Le Indulgenze (con le quali si rimetteva la punizione per
i peccati) vennero concesse per la prima volta nell’anno 850 da Papa
Leone IV a coloro che salivano la «Scala Santa» sulle loro
ginocchia. Le vendita di esse iniziò nell’anno 1190 e continuò fino
all’epoca della Riforma 850 e 1190.
San Pietro rifiutò danaro da Simon Mago che credeva di poter
acquistare il dono di Dio con l’oro (Atti 8:20).
La religione cristiana secondo l’insegnamento dell’Evangelo è contro
un simile traffico e fu appunto la protesta contro tale traffico che
provocò la Riforma Protestante del XVI secolo.
23. Il dogma della Transustanziazione fu decretato da Papa
Innocenzo III nell’anno 1215.
Con questa dottrina il prete pretende di creare Gesù Cristo ogni
giorno e poi mangiarLo in presenza del popolo durante la Messa. Il
Vangelo condanna simili assurdità. Nella Santa Cena c’è solo la
presenza spirituale di Cristo (Leggi: Luca 19-20; Giovanni 6:63; 1°
Corinzi 11:26).
24. La confessione auricolare, o confessione dei peccati
fatta all’orecchio del prete, fu istituita da Papa Innocenzo nel
Concilio Laterano nel 1215.
Il Vangelo ci comanda di confessare i peccati direttamente a Dio e a
coloro che abbiano offeso. Giuda si confessò ai preti e poi si
strangolò. Matteo 27:3-5 (Leggi: Salmo 51:1-12; Luca 1:48-59; 1°
Giovanni 1:8-9).
25. L’adorazione dell’ostia fu sancita da Papa Onorio III
nell’anno 1120.
Così la Chiesa Romana adora un Dio fatto nelle mani di uomini. Tale
pratica è il colmo dell’’idolatria ed è assolutamente contraria allo
spirito del Vangelo (Leggi: Giovanni 4:23-24)
26. La Bibbia fu proibita al popolo e messa all’indice dei
libri proibiti, dal Concilio di Tolosa nell’anno 1229.
Gesù dice che la Scrittura deve essere letta da tutti. (Leggi:
Giovanni 5:39; 2° Timoteo 3:15-17).
27. Lo scapolare fu inventato da Simone Stock, monaco
carmelitano inglese, nell’anno 1287.
28. Il battesimo per aspersione fu reso legale dal Concilio
di Ravenna nell’anno 1311.
Il battesimo secondo il Nuovo Testamento è per immersione in acqua,
da amministrarsi ai soli credenti (Matteo 3:6, 7, 16; 28:18-20;
Marco 16:16; Atti 8:36-39 ed altri passi)
29. La Chiesa Romana proibì il calice ai fedeli nella comunione,
al Concilio di Costanza, nell’anno 1414.
Il Vangelo ci comanda di celebrare la comunione col pane e col vino
(Leggi: Matteo 26:27; 1° Corinzi 11:25-27)
30. La dottrina del Purgatorio fu considerata come dogma nel
Concilio di Firenze, nell’anno 1439.
Nel Vangelo non v’è neanche una parola che accenni al purgatorio dei
preti. Il sangue di Gesù Cristo è l’unica purificazione dei nostri
peccati. (Leggi: 1° Giovanni 1:7-9; Giovanni 5:24; Romani 8:1)
31. I Sette Sacramenti vennero per la prima volta così
elencati da Pietro Lombardo nell’anno 1160 dopo Cristo ma la
dottrina dei Sette Sacramenti divenne ufficiale con Concilio di
Firenze, nell’anno 1439.
L’Evangelo dice che Cristo istituì due soli sacramenti, il Battesimo
e la Santa Cena (Leggi: Matteo 28:19-20; 26:26-28)
32. L’Ave Maria, preghiera indirizzata a Maria, venne
ordinata tale nella sua prima parte, che è tolta dalla Bibbia, da
Oddo, vescovo di Parigi nel 1196 A.D. e la sua seconda parte come
«preghiera della chiesa» venne completata da Papa Pio V nell’anno
1568.
La Bibbia ci esorta in molti passi a pregare Iddio soltanto. Il
pregare altri è considerato idolatria. Maria non disse mai di
indirizzare a lei le nostre preghiere.
33. Il Concilio di Trento dichiarò che la Tradizione deve essere
ritenuta di eguale autorità che la Bibbia, nell’anno 1545.
Per tradizione s’intendono insegnamenti umani. I Farisei credevano
lo stesso e Gesù li rimproverò acerbamente, poiché con la tradizione
degli uomini si annulla la Parola di Dio (Leggi: Marco 7:7-13;
Colossei 2:8; Apocalisse 22:18)
34. I libri Apocrifi furono aggiunti alla Bibbia pure al
Concilio di Trento. Tali libri non sono riconosciuti canonici dai
Giudei. Anno 1546.
35. Il Credo Cattolico di Pio IV fu imposto nel 1560.
I veri cristiani si attengono solo al Vangelo e al Credo degli
Apostoli, che è di 1500 anni più antico del Credo dei Cattolici.
36. La devozione del «Sacro Cuore» fu adottata ufficialmente
nel 1765.
37. L’immacolata concezione di Maria fu proclamata dogma da
Papa Pio IX nell’anno 1854.
Il Vangelo invece dice che tutti gli uomini, eccetto Cristo, sono
peccatori, e Maria stessa ebbe bisogno del Salvatore (Leggi: Luca
1:30; 46-47; Romani 3:23; 5:12; Salmo 51:5)
38. Nell’anno 1870 dopo Cristo, Papa Pio IX stabilì il dogma
della Infallibilità Papale.
Questo è il colmo della bestemmia e il segno dell’apostasia e
dell’anticristo predetto da S. Paolo (Leggi: 2° Tess. 2:2-12;
Apocalisse 13:5-8-18).
La Bibbia dice che non v’è nessun uomo giusto sulla terra che non
pecchi. (Leggi: Romani 3:4-23; 2° Tess. 2:3-4; Apocalisse 17:3-9;
13:18).
Molti vedono il numero 666 nelle lettere romane «VICARIVM FILII DEI»
- V=5, I=1, C=100, I=1, V=5, I=1, L=50, I=1, D=500, I=1, Totale 666.
39. Pio X nel 1907 condannò assieme al «Modernismo» tutte le
scoperte della scienza che non piacciono al Papa.
(Lo stesso aveva fatto Pio IX nel Sillabo del 1864).
40. Nel 1930 Pio XI condannò le scuole pubbliche.
41. Nel 1931 lo stesso Pio XI ha confermato la dottrina che Maria
è «Madre di Dio».
Dottrina che fu per la prima volta inventata dal Concilio di Efeso
nel 431. Questa è una eresia contraria alle stesse parole di Maria.
(Leggi: Luca 1:46-49).
42. Nell’anno 1950 l’ultimo dogma, l’Assunzione della Vergine Maria
da proclamata da Papa Pio XII.
CONCLUSIONE –
Quale sarà la prossima invenzione? La Chiesa Romana dice che non cambia mai,
eppure non ha fatto altro che inventare nuove dottrine contrarie alla Bibbia, e
praticare riti e cerimonie prese dal paganesimo.
La suddetta lista cronologica delle invenzioni umane distrugge il vanto dei
preti che la loro religione sia quella insegnata da Cristo e che i Papi siano i
custodi fedeli della medesima. La vera religione di Cristo, invece, non si trova
nel Romanesimo, ma nel Vangelo.
FRATELLI! La
Parola di Dio ci comanda di uscire dalla Babilonia. Udite: "Uscite d'essa, o
popol mio; affinché non siate partecipi dei suoi peccati; e non riceviate delle
sue piaghe" (Apocalisse 18:4).
Tutti i veri cristiani preferiscono essere fedeli all'insegnamento di Cristo e
rigettano le invenzioni umane, attenendosi all'avvertimento di S. Paolo che
dice: "Quand'anche noi, od un angelo del cielo vi annunziassimo un vangelo
diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema" (Galati, 1:8)
Ti piacerebbe acquistare libri cristiani che parlano di depressione,
evoluzione, cammino cristiano, sessualità, e altro? Allora visita il
negozio virtuale della Casa Della Bibbia e scopri quanta ottima
letteratura hai a disposizione per conoscere meglio Dio. Regalare un
libro e' anche un ottimo modo per aiutare qualcuno a conoscere la
verita'.
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Testimonianza di ex omosessuale
Risultati e
trasformazioni di persone che hanno Incontrato Gesù.
Giuseppe
Basile
Mi
chiamo Giuseppe e sono di Giugliano (Na).
La
mia famiglia è sempre stata cattolica, io andavo in chiesa,
ero chierichetto e sono stato al seminario di Pompei per
cercare una soluzione per la mia vita.
La
mia esperienza è stata un pò difficile. Mia madre fu uccisa
quando io avevo solo 17 mesi e conosco la persona che ha
commesso l'omicidio.
In
seguito a quel tragico epilogo vissi insieme a mia nonna la
quale mi raccontava sempre della morte di mia madre.
Immaginatevi un bambino che cresce con una nonna che
continuamente faceva riemergere le cose brutte del passato.
Ricordo che lei teneva anche conservati articoli di cronaca
dei giornali me li leggeva e mi faceva le immagini
dell'accaduto.Nutrivo rancore nei
confronti della persona che aveva ucciso mia madre.
Io
sono l'ultimo figlio di diversi che mia madre ha portato
alla luce prima di morire.
Non
ho mai vissuto insieme ai miei fratelli, alle mie sorelle e
a mio padre. Crescendo, giocavo con mia cugina e cominciai a
sviluppare tendenze omosessuali.
A
otto anni un ragazzo abusò di me e per anni andai avanti con
rancore, amarezza e omosessualità.
Tutte
queste cose insieme non mi permisero di vivere una vita come
un ragazzo qualsiasi, ma ho vissuto l'infanzia e
l'adolescenza in un modo difficile.
Né
mia nonna, né il prete della parrocchia mi potevano aiutare,
cercavo di pregare i santi come potevo e non sapevo niente
di Gesù e della vita eterna.
Si
ero cattolico e andavo in chiesa, ma ogni volta che uscivo
facevo quello che volevo.
Ricordo che a 17 anni mi sentivo un vecchio con dentro
peccati orribili che pesavano sulla mia coscienza, ma posso
dire una cosa della quale ho piena certezza: Dio ha vegliato
sulla mia vita fin dall'inizio, quando mia madre subì il
terribile incidente, mentre era incinta di me.
Anche
quando crescevo vedevo che la mano di Dio era sopra di me e
aspettava il momento giusto per prendermi.
Proprio a 17 anni qualcuno mi parlò di Gesù. È stato un
ragazzo. Mi disse di essere stato liberato dalla droga e mi
invitò ad una riunione evangelica che stava aprendo proprio
nel mio paese.
Tutta
la mia famiglia cominciò a frequentarla ma io non ero
deciso.
Dopo
molta insistenza da parte loro, per la prima volta, entrai
in quella comunità.
Vidi
qualcosa di veramente bello: nei volti delle persone
presenti traspariva gioia e grande forza interiore.
Molte
volte noi dobbiamo mascherarci e fare vedere ciò che in
realtà non siamo. Oggi, dopo aver conosciuto Gesù, posso
mostrare la gioia della salvezza, non devo mettere più una
maschera, non devo fare vedere quello che non c'è in me.
Dio
ha dato anche a me ciò che quei credenti avevano. Ricordo
ancora molto bene il giorno in cui chiesi perdono a Dio dei
miei peccati e appena uscito dalla chiesa buttai via le
sigarette.
Dio
cominciò un'opera di trasformazione nella mia vita:
atteggiamenti femminili, attrazioni e desideri sporchi
cominciavano a scomparire, iniziavo a vedere una realtà
nuova e a capire che questa non era una semplice religione,
ma era una verità che per molti anni mi era stata tenuta
nascosta.
Dio
si prese cura della mia vita; mi battezzò con lo Spirito
Santo subito dopo un mese dalla mia conversione.
Quando oggi incontro un omosessuale, sono contento di poter
dire: "Non sono più omosessuale, io sono una persona
libera".
Oggi
non solo ho il privilegio di avere una vita cambiata ma
anche di poter andare a dire agli altri: "Ciò che Gesù ha
fatto nella mia vita, può farlo anche nella tua." Anche se
passerai dei momenti difficili, in cui sembra che non ce la
fai più, perché le difficoltà e i tuoi sentimenti sono
contro di te, ricordati questo: "L'opera che Lui ha
cominciato la porterà a compimento."
Articolo di Mario Luzzatto Fegiz sul Corriere
della Sera di giovedì 27 settembre, 2007 sulla conversione di
Ornella Vanoni:
Gesù mi ha cambiata. Sono diventata un' evangelica
Il battesimo, le funzioni e un nuovo cd con una dedica particolare
MILANO - A 72 anni Ornella Vanoni dedica un disco a Gesù. Si chiama «Una
bellissima ragazza» e in copertina c'è lei, adolescente, 14 anni, bellissima
ragazza appunto come il titolo della canzone scritta per lei da Carlo Fava che
ha dato il via all' album («l'ha scattata mio padre a Paraggi, stavo
sbocciando»). In copertina i ringraziamenti: a «Gesù con tutto il cuore, noi due
sappiamo perché».
Quella che per decenni è stata un sex symbol della canzone italiana, la voce
sensuale, da qualche anno frequenta la chiesa evangelica di Milano, canta nei
cori, partecipa alle funzioni e ha anche condotto le ultime edizioni del
festival dei canti religiosi al Palalido di Milano.
Perché una dedica a Gesù? «Ha cambiato la mia vita in meglio da quando l' ho
accettato e mi sono affidata a lui. Per fare un disco bisogna star bene».
Ma quali sono le tappe di questa svolta? «Io ero cattolica, siamo tutti
cattolici. In Italia si parla molto di cattolicesimo ma non c'è fede.
Scarseggia la fede, religione ce n'è d' avanzo. Ho conosciuto un pastore
evangelico che mi ha parlato di Gesù. Se avessi incontrato un prete cattolico
altrettanto convincente l'avrei seguito. Il mio pastore, che è poi una donna
brasiliana, mi ha sbattuto la faccia davanti allo specchio».
E quel che ha visto l'è piaciuto? «No. Oggi rinnego circa un buon cinquanta per
cento delle mie scelte di vita. Era male e mi ha fatto del male».
Un cambiamento radicale: dalle passioni travolgenti, dagli amori che finiscono
sui giornali alla totale dedizione a Gesù. Un bel cambiamento.
«Sì, e non del tutto indolore. Io mi sento come la Maddalena che appare in un
quadro della pittrice Gentileschi. Questa Maddalena ha una lacrima. Due le
spiegazioni possibili: la commozione per quello che ha trovato o il dolore per
quello che dovrà lasciare».
L'incontro col pastore evangelico risale a oltre sei anni fa. «Io ricordavo il
catechismo come qualcosa di noioso, la frequenza saltuaria a messa come puro
formalismo. Oggi frequento il culto che comprende ringraziamento, adorazione e
molta musica, anche rock. Le nostre funzioni sono allegre e ci sono tanti
giovani sorridenti ed entusiasti».
Il risultato di questo percorso? «Una grande forza. Ho imparato ad amare
follemente Gesù. Mi possono dire che non è mai esistito ma io lo sento nel mio
cuore». L' età ha influenzato il nuovo percorso? «Credo di sì. A trent' anni
vedevo la vita diversamente. Un anno fa mi sono battezzata. Gli evangelici si
battezzano da adulti, quando c' è piena coscienza».
Come si sente ora? «Una mia amica mi manda degli sms e mi dice: "Gli anni
passano, ma tu non cambiare più, resta quella che sei". Io sono l' esempio del
fatto che si può cambiare».
Qualcuno la prende in giro. La più bella e la più desiderata, che ha fatto
peccare con cattivi pensieri milioni di italiani, sposa Gesù. «Sì, qualcuno mi
prende in giro. Ma io me ne frego e rido perché sto bene. Io voglio pace e
tranquillità. Cerco intesa e affettività, non reggerei la grande passione
cavalcante».
Ci sono altre ragioni per cui ha scelto gli evangelici, anziché la chiesa
apostolica romana? «Non ho mai superato il senso di profondo ribrezzo per la
copertura data per molti anni dal papato ai preti pedofili americani».
La Vanoni evangelizzata canta con voce giovane e cristallina, proprio come ci si
aspetta dalla «Bellissima ragazza» della copertina. Un velo di tristezza qua e
là. «Sono sola, ma vivo bene la mia solitudine. Mi manca ogni tanto l' abbraccio
del maschio. Amo tanto mio figlio, i miei nipoti, i miei amici, e forse dopo
tanti anni mi accetto, da sola senza lo sguardo di un lui» .
Una meditazione della sorella
Marzia
(chiesa di Domodossola):
Cari Fratelli noi conosciamo la storia di Giobbe,
sappiamo che era un uomo retto agli occhi dell’Onnipotente, ma sappiamo ciò che
di terribile accadde a lui ed alla sua famiglia.
Ora noi sappiamo anche il perché ma Giobbe in quei momenti non poteva
comprendere, e quindi si poneva delle domande su cosa avrebbe mai fatto per
meritarsi una simile sorte.
Non fu l’unica domanda che Giobbe si pose, ve ne fu tuttavia una che lo rendeva
maggiormente confuso.
Questa domanda anche io me la sono posta più di una volta: «Perché i malvagi,
gli empi e comunque chi conosce il Signore e lo rinnega, appare ai nostri occhi
felice?»
Tutto sembra andare loro per il meglio, tutto è in loro favore, mentre a noi
spesso e volentieri le cose non vanno come noi ci aspettiamo; ci sentiamo
affranti, deboli, quasi fossimo nella stessa condizione di Giobbe.
Io non so se voi vi siete mai posti questa domanda, ma so per certo che l’Iddio
mi ha risposto.
Ciò che le mie orecchie hanno udito, è stato davvero soddisfacente.
Così dice il Signore:
«Tu hai già ciò che chiedi, perché non hai rinnegato il Mio Nome.»
Ora noi dovremmo fermarci a riflettere su cosa possono essere rivolti i desideri
degli empi: cose inique, materiali, vane.
Egli (l’empio) non chiede a Dio queste cose, ma occupa tutta la sua esistenza e
le sue energie al fine di realizzare i suoi desideri, senza guardare in faccia a
nessuno, nemmeno alla propria famiglia; ottiene invece tutto ciò con sotterfugi
e meschinità di ogni tipo.
In questo troveremo una parte delle risposte alle domande che spesso ci poniamo;
queste domande potrebbero essere le stesse che ci potrebbe porre una persona
mentre sta ricevendo l’evangelo, il quale è confuso e vede le ingiustizie di
questo mondo; pertanto noi dobbiamo essere in grado di ottemperare a queste
domande con convinzione riguardo a quello che noi crediamo.
Ora la domanda che noi ci poniamo è: «Perché io non riesco negli obiettivi che
mi sono posto?»
La risposta può forse sfuggirci, ma è lì semplice e chiara: «Quanto desidero
quello che mi serve, e quanto mi serve, e quanto lo ricerco?»
Il Signore mi ha fatto comprendere una cosa bellissima, e mai più mi porrò
queste domande inutili.
Io mi sono chiesta in modo particolare: «Quando sono felice davvero? Forse
quando ricevo un dono materiale? Forse quando ricevo la parola di Dio? Cosa
ricerco davvero, i doni della carne o i doni dello Spirito Santo?» Non mi sono
mai soffermata a farmi davvero queste domande, ma ora so che il Signore sapeva
in realtà che il mio cuore, queste domande se le era poste; ed egli ha risposto
a questi interrogativi: «Tu da Me hai già avuto tutto.»
Tutto ciò che mi serve per vivere, lo stretto necessario, ma più di ogni altra
cosa ho trovato la salvezza, il perdono dei miei peccati, l’amore di Dio; queste
cose non si possono acquistare, ed il Signore me le ha date in abbondanza, ed il
Suo Spirito Santo che è più prezioso di tutto l’oro di questo mondo.
Ora noi sappiamo che ricercando tutte queste cose e mettendole in pratica, noi
otterremo anche altro: cose per la nostra carne, anche semplicemente un buon
lavoro, ed uno stipendio.
È ovvio che una cosa non deve essere fatta in aspettativa dell’altra, ma che le
cose che riguardano il Signore devono essere fatte con passione e desiderio.
Non potete immaginare la gioia che ho provato nello scrivere tutto ciò che Egli,
il Signore, mi ha fatto comprendere; sentirmi utile al Signore, ecco lui mi ha
risposto. Questo è ciò che io oggi ricerca il mio cuore: «Essere utile per il
Signore, servirlo con tutta me stessa, solo che io questo non lo sapevo
davvero.»
Ecco che il mio pensiero - sul perché l’empio ottiene - svanisce: io ho più di
lui!
Di me dopo la morte rimarrà un segno nel Regno di Dio, dell’empio non resterà
nulla.
Noi sappiamo che il nostro comportamento non gioverà a Dio ma solo a noi, così
come i nostri peccati, non saranno un male per Lui ma un male per noi.
Apprezziamo dunque cari fratelli il Suo richiamo le Sue punizioni, perché Lui sa
che vi sarà un ravvedimento della nostra anima; ma laddove non vi è la
riprensione di Dio e tutto sembra andare bene, in realtà non è così, non ci sarà
ne ravvedimento, ne salvezza.
A questo punto la domanda sorge spontanea: «L’empio ha davvero avuto tutto?»
Ora non pensiamo che Dio non provi piacere nel donarci anche cose superflue, se
ci rendono felici, solo riconosciamo in Lui il dono per eccellenza.
Tutto ciò può essere ricondotto a Gesù quando dice: «Chi teme di perdere la
propria vita, la perderà, chi invece la perderà a causa mia la ritroverà.» (Mt.
10:39).
Anche i beni materiali fanno parte della nostra vita, ma se non la dedichiamo a
Gesù, verrà spazzata via e con essa ciò che con fatica abbiamo conquistato; ma
viceversa, il valore della salvezza, dell’amore e del perdono, niente potrà
togliercelo e la nostra fatica ed le nostre rinunce ai desideri del mondo, non
sarà stato vano, ma sarà ricompensata, anche se parlare di rinunce con quello
che ci viene dato in cambio mi rendo conto che, in realtà, non rinunciamo
proprio a niente.
E'
CON VERO PIACERE CHE DOPO TANTO TEMPO (SONO PASSATI CINQUE ANNI), ATTRAVERSO LE
VOSTRE TRADUZIONI RIGUARDO IL G12, POSSO TROVARE CONFERMA NON SOLO
PERSONALE, MA ANCHE ATTRAVERSO ALTRI MINISTRI.
IO
SONO SEMPLICEMENTE, UN CREDENTE CHE CERCA DI METTERE IN PRATICA I CONSIGLI DEL
NOSTRO SOMMO PASTORE...
TEMPO FA FACEVO PARTE DI UNA CHIESA CHE NON RITENEVO PERFETTA MA PERFETTIBILE
VISTO I SANI INSEGNAMENTI DOTTRINALI. UN "BEL GIORNO" SPUNTARONO DELLE NOVITA'
DOTTRINALI IMPORTATE DA UN PAESE LONTANO. DURANTE LA PRESENTAZIONE DI TALI
NOVITA', NON MI ERA MAI CAPITATO, AVVERTII UN GRANDE DISAGIO E UNA GRANDE
INSOFFERENZA... GUARDAVO QUEI MANUALI, QUEI LIBRI CHE IN UN PRIMO MOMENTO
SEMBRAVANO DIRE COSE VERE PERO' AVVERTIVO UNA FORTE OPPOSIZIONE SPIRITUALE.
CREDETEMI.. MI MISI TANTE VOLTE IN DISCUSSIONE MA NON TROVAVO RISPOSTE
SCRITTURALI CHE POTESSERO FARE ACQUIETARE IL MIO DISAGIO.
NELLA SCRITTURA TROVAVO L'OPPOSTO...
MI
VENIVANO DAVANTI TUTTE LE SCRITTURE CHE FACEVANO RIFERIMENTO A FALSI APOSTOLI,
FALSI PROFETI E FALSE VISIONI..., MA LA COSA PEGGIORE è STATA CHE NEL
MOMENTO IN CUI CERCAVO DI PARLARNE CON QUALCUNO VENIVO GUARDATO COME SI GUARDA
UN POVERO PAZZO... IN TANTI MI DICEVANO: MA CHE TI SUCCEDE...! FINO A
TENERMI LONTANO...
ERO
ARRIVATO ALLA CONCLUSIONE CHE AVEVO A CHE FARE CON PERSONE TROPPO SANTE E CHE
PARLANDO CON ME AVEVANO PAURA DI CONTAMINARSI...
SI
ALLONTANARONO GLI AMICI MIGLIORI E ANCHE TANTI FAMILIARI CHE NEGLI ANNI PASSATI
ERANO STATI DA ME EVANGELIZZATI. ERA ENTRATO LO SPIRITO DEL SOSPETTO... SI
SOSPETTAVA CHE COLORO CHE NON ADOTTAVANO LA VISIONE NON ERANO SALVATI. DA
PRECISARE CHE LA VISIONE G12 ERA DA METTERE IL PRATICA IN TOTO (ADOTTARE) COSI'
COME VENIVA PRESENTATA SENZA NESSUNA MODIFICA (ADATTATA). MI FERMO QUI...
E
COME AVRETE CERTAMENTE CAPITO, IO NON L'HO VISSUTA DALL'ESTERNO, QUI A
Palermo.
NONOSTANTE IN MOLTI SI DICONO DIFFIDENTI, INTANTO SIMPATIZZANO CON COLORO CHE
PRATICANO TALE DOTTRINA, E TANTI FRATELLI SINCERI SI LASCIANO CONDURRE
COL PRETESTO DI ESSERE SOTTOMESSI ALLE "AUTORITA' PREPOSTE" DICENDO CHE è
IMPORTANTE ESSERE SOTTOMESSI perché QUESTO VUOLE IL SIGNORE E
QUINDI SE SI è FUORI DALLA VERITA' LA COLPA RICADRA' SUI
CONDUTTORI. INTANTO LA GENTE è SMARRITA E ANCHE LORO NON SI ACCORGONO CHE ALLA
FINE LE PROFEZIE, SOGNI E VISIONI.. NON SI SONO AVVERATE; E SE POI VOLESSIMO
FARE UN ELENCO DI QUANTE VOLTE LA VISIONE G12 è STATA MODIFICATA, NON FINIREMMO
MAI...
INTANTO IO SONO CONSIDERATO UN RIBELLE E QUINDI COLORO CHE MI SONO VICINO SONO
POCHI ... IL SIGNORE VI BENEDICA ... E GRAZIE PER LE VOSTRE TRADUZIONI.
Francesco(A NOME DI TANTI CHE CI SCRIVONO DA TUTTA LA Sicilia E DAL
Nord).
Che significa PACS
PaCS
è acronimo di Pacte Civil de Solidarité et du Concubinage (patto civile
di solidarietà e convivenza). E' un contratto concluso tra due persone
fisiche maggiorenni di sesso diverso o dello stesso sesso che hanno tra
loro un rapporto di coppia stabile con il fine di legalizzare la propria
unione. Il PaCS è un'alternativa al matrimonio cristiano e civile. Dio
ha benedetto il matrimonio e in esso la famiglia. Egli vuole che il
rapporto tra i coniugi sia come quello tra Cristo e la Sua Chiesa;
questo è il concetto che Dio ha del matrimonio e della famiglia,
concetto che è certamente in antitesi con quello che sono i pacs e che
pertanto come cristiani non possiamo approvare.
Questo disegno di legge proposto dell’attuale Governo, tende ad opporsi
ai principi originari di Dio, legalizzando quello che è innaturale e in
abominio agli occhi suoi. Come Cristiani crediamo che l’omosessualità
non è semplicemente una malattia fisica ormonale o quant’ altro si possa
dire in merito, ma anche una malattia spirituale frutto del disordine
mondiale, conseguente il peccato, nel quale è sprofondata la terra.
Dio ha fatto tutto perfetto e quando ha creato l’uomo, lo ha creato
maschio e femmina; non ha fatto mezzo maschio e mezza femmina.
Da questo laccio di perversione si può essere sciolti, basta volerlo,
quindi siamo d'accordo ad aiutare tutte quelle persone coinvolte in
questa attitudine negativa affinché possano uscire da questo stato
imbarazzante. Non possiamo accettarne quindi, come cristiani, il
riconoscimento giuridico perché è estremamente dannoso per il nostro
futuro con tutte le conseguenze che potranno ripercuotersi ancora di più
in una società come la nostra.
Ci sono testimonianze di ex omosessuali che dal momento in cui hanno
permesso a Dio di agire nella loro vita, adesso sono liberi
dall’omosessualità. In conclusione possiamo dire SI alla libertà
individuale contro ogni discriminazione, NO ai PACS.
Se queste
testimonianze ti hanno convinto, ti invitiamo a cliccare sul pulsante
per inviare la tua petizione:
Il
Pontefice approva un testo dove Roma viene posta al di
sopra
Lo strale più forte contro i protestanti, "carenze" per
gli ortodossi
Documento
voluto da papa Ratzinger
"L'unica chiesa di Cristo è quella cattolica"
CITTA' DEL
VATICANO -Roma contro Lutero e la Riforma
per affermare il primato del Papa e della chiesa
cattolica sulle altre. Perché Cristo ha costituito
"sulla terra un'unica Chiesa", che si identifica
"pienamente" solo nella Chiesa cattolica e non nelle
altre comunità cristiane. E' quanto afferma il documento
"Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la
dottrina della Chiesa" redatto dalla Congregazione
vaticana per la Dottrina della Fede, diffuso oggi dalla
Santa Sede e approvato dal Papa che ne ha ordinato la
pubblicazione.
Il testo è firmato dal Prefetto della Congregazione, il
cardinale William Levada, e dal segretario, monsignor
Angelo Amato e porta la data del 29 giugno, solennità
dei santi Pietro e Paolo, scelta, evidentemente, non a
caso. Come non a caso arriva una precisazione sul
Concilio Vaticano II: "Nel periodo postconciliare - dice
l'articolo - la dottrina del Vaticano II è stata
oggetto, e continua ad esserlo, di interpretazioni
fuorvianti e in discontinuità con la dottrina cattolica
tradizionale sulla natura della Chiesa: se, da una
parte, si vedeva in essa una 'svolta copernicana',
dall'altra, ci si è concentrati su taluni aspetti
considerati quasi in contrapposizione con altri. In
realtà - spiega la congregazione - l'intenzione profonda
del Concilio Vaticano II era chiaramente di inserire e
subordinare il discorso della Chiesa al discorso di
Dio".
Nel testo si legge anche che il Vaticano riconosce nelle
altre comunità cristiane non cattoliche, in particolare
nella Chiesa ortodossa, l'esistenza "numerosi elementi
di santificazione e di verità". Ma vi sono anche -
indica il documento della Congregazione per la Dottrina
della Fede pubblicato oggi - "carenze", in quanto tali
confessioni non riconoscono "il primato di Pietro",
ovvero del Papa di Roma. Tale primato - avverte tuttavia
la nota - "non deve essere inteso in modo estraneo o
concorrente nei confronti dei vescovi delle Chiese
particolari". Sì al dialogo anche con le chiese
"particolari" ma, afferma l'ex Sant'Uffizio, "perché il
dialogo possa veramente essere costruttivo, oltre
all'apertura agli interlocutori, è necessaria la fedeltà
alla identità della fede cattolica". Le comunità
protestanti, nate dalla riforma luterana del XVI secolo,
non possono essere considerate, dalla dottrina
cattolica, "chiese in senso proprio", in quanto non
contemplano il sacerdozio e non conservano più in modo
sostanziale il sacramento dell'Eucarestia.
"L'identificazione della Chiesa di Cristo con la Chiesa
cattolica - è quanto afferma in un'intervista monsignor
Angelo Amato - non è da intendersi come se al di fuori
della chiesa cattolica ci fosse un 'vuoto ecclesiale',
dal momento che nelle chiese e comunità ecclesiali
separate si danno importanti 'elementa ecclesiae'". "Il
volto nuovo della Chiesa - aggiunge - non implica
rottura ma armonia in una comprensione sempre più
adeguata della sua unità e della sua unicità".
Il segretario della Congregazione spiega anche perché
sia stato scelto, nel documento, lo stile delle domande
con risposte. "E' un genere - osserva - che non implica
argomentazioni diffuse e molto articolate, proprie ad
esempio delle Istruzioni o delle Note dottrinali. Nel
nostro caso invece si tratta di alcune brevi risposte a
dubbi relativi alla corretta interpretazione del
Concilio".
Francamente non mi
meraviglia una affermazione del genere espressa dall'attuale papa. Devo
comunque considerare che la differenza spirituale e caratteriale tra
Giovanni Paolo II e quella dell'attuale papa è sostanzialmente
incompatibile. Quindi personalmente ritengo di non tenere in
considerazione nel modo più assoluto una dichiarazione del genere. Credo
che egli stia rievocando lo spirito settario che hanno praticato i papi
predecessori del primo secolo.
Per concludere vogliamo rispondere al papa Ratzinger Che Gesù non ha detto che lui riconosce la chiesa cattolica ma, chi avrà fatto
la volontà di Dio è parte della chiesa spirituale di Gesù Cristo.
leggete alcune testimonianze e allegati per avere una idea chiara chi è
sostanzialmente la chiesa cattolica. Leggete la storia di
Charlotte Wells;
Suore abbusate dai preti ;
leggete questa carrellata di eventi eclatanti della chiesa cattolica Per
concludere una bella testimonianza di un ex sacerdote
nipote di Paolo VI
DOC-1063. KANSAS CITY-ADISTA. Abusi sessuali, stupri, sfruttamento,
plagio: atti che hanno portato in molti casi a gravidanze e aborti. I
responsabili: preti e vescovi. Le vittime: suore. Il luogo: Africa (ma non
solo). La diffusione: altissima. Sono queste le coordinate allarmanti di una
piaga che è venuta alla luce grazie alla pubblicazione, da parte del
settimanale statunitense National Catholic Reporter, di quattro documenti
strettamente confidenziali elaborati da religiosi impegnati nella consulenza
alle suore e nella prevenzione dell'Aids, documenti che sono disponibili dal 9
marzo scorso nel sito
Internet dello stesso National Catholic Reporter.
Da questi rapporti, stilati tra il 1994 e il 1998, viene alla luce una
situazione che, benché non ignota, manifesta proporzioni molto più estese e
gravi di quanto non si supponesse. Membri del clero cattolico, questo in sintesi
il contenuto, hanno sfruttato e sfruttano la loro posizione finanziaria e
spirituale per ottenere prestazioni sessuali da parte delle suore, spesso
portate dal loro condizionamento culturale ad obbedire all'ecclesiastico. Perché
proprio le suore? Perché in una situazione di diffusione a macchia d'olio
dell'Aids, specialmente in Africa, esse rappresentano un gruppo "safe",
sicuro, non a rischio. E sono molto più condizionabili, anche tramite false
argomentazioni teologiche. Uno dei casi più eclatanti lo riporta sr. Maura
O'Donohue, Medico Missionaria di Maria, autrice di due dei documenti, che
visitò diversi Paesi africani per conto del CAFOD, organismo che si occupa di
Aids all'interno della Caritas Internationalis. "La superiora di una
comunità di religiose in un Paese - ha scritto la missionaria nel 1994 - è
stata contattata da preti che chiedevano di rendere loro disponibili le suore
per prestazioni sessuali (1991). Al rifiuto della superiora, i preti hanno
spiegato che altrimenti si sarebbero visti obbligati a recarsi al villaggio per
trovare donne, esponendosi così al rischio dell'Aids". "Grazie alle
confidenze fattemi da molte sorelle nel corso delle mie visite - continua la O'Donohue
- mi resi conto di questioni più profonde e anche più inquietanti di quelle già
emerse. Queste rivelavano modelli di comportamento che ero riluttante ad
accettare come fatti". Spesso si trattava di vicende di cui esistevano
prove documentali, e non solo di voci o racconti orali. 23 i Paesi che la
missionaria cita: tra di essi, in gran parte africani, compaiono anche India,
Filippine, Brasile, Colombia, Stati Uniti, Irlanda e Italia.
Molti sono i casi di giovani candidate alla vita religiosa che in cambio dei
necessari certificati erano obbligate ad avere rapporti sessuali con preti.
Molte sono le religiose rimaste incinte in seguito a tali rapporti e obbligate,
per questo, a lasciare la congregazione, mentre il prete responsabile è stato
soltanto allontanato per un breve periodo. Le cifre sono impressionanti: una
congregazione diocesana (in Africa poche sono le congregazioni legate ad una
rete internazionale e dunque più formate e più appoggiate anche
finanziariamente) ha allontanato 20 suore incinte; la superiora generale di
un'altra, con 29 suore in gravidanza in seguito a rapporti con preti, si è
rivolta all'arcivescovo con l'unico risultato di venire estromessa - lei e il
suo Consiglio - dalla congregazione stessa e di essere sostituita da un'altra
superiora e da un altro Consiglio, scelti contro le stesse costituzioni
dell'Istituto.
In alcuni Paesi è notorio che i preti abbiano relazioni multiple, anche con
mogli di parrocchiani. Secondo quanto riporta la O'Donohue, in una parrocchia il
parroco è stato attaccato con fucili dagli uomini, estenuati dagli abusi di
potere perpetrati dal prete nei confronti delle donne del luogo (1991).
Alcuni preti chiedono addirittura che le suore assumano contraccettivi,
convincendole del fatto che la pillola previene la trasmissione del virus Hiv.
Altri hanno incoraggiato le suore incinte ad abortire. Alcuni medici cattolici
impiegati in ospedali cattolici hanno rivelato di avere subìto pressioni da
parte dei preti perché procurassero l'aborto alle suore in quegli ospedali
(1990). Uno, addirittura, dopo aver spinto la suora rimasta incinta ad abortire,
e dopo la morte di questa durante l'operazione, le ha officiato la messa
funebre.
Molte e difficili, dunque, le sfide che tale situazione pone. La O'Donohue
prospetta la promozione di una crescita integrale per clero, religiosi e laici;
un aiuto spirituale, psicologico e sociale alle vittime e agli sfruttatori; il
superamento del silenzio con procedure efficaci.
Di seguito riportiamo, in una nostra traduzione dall'inglese, uno dei quattro
documenti resi pubblici dal National Catholic Reporter, quello stilato da
sr. Maria Marie McDonald, Superiore generale delle Missionarie di Nostra
Signora d'Africa, nel novembre 1998, intitolato "Il problema dell'abuso
sessuale delle religiose africane in Africa e a Roma" e presentato per
fornire un quadro generale della situazione al "Consiglio dei 16", un
gruppo di delegati dell'Unione dei Superiori generali (congregazioni maschili),
dell'Unione Internazionale delle Superiore generali (congregazioni femminili) e
della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita
apostolica, dicastero vaticano competente in materia. Non sono note reazioni da
parte vaticana. torna
ai titoli
Documento per il consiglio dei
"16" di suor Marie McDonald, Superiora generale delle Missionarie di
Nostra Signora d'Africa
Questo intervento si
riferisce principalmente all'Africa e a suore, preti e vescovi africani. Ciò
non si deve al fatto che il problema sia esclusivamente africano, ma al fatto
che il gruppo che si è incontrato per preparare i temi dell'incontro di oggi
faceva riferimento principalmente alla propria esperienza in Africa e ad
informazioni avute da membri delle loro congregazioni o di altre congregazioni,
soprattutto congregazioni diocesane in Africa.
Noi sappiamo che il problema esiste anche altrove.
Questo intervento tocca solamente un aspetto, seppur doloroso, della Chiesa
africana. Siamo ben consci e grati dell'immenso bene che è stato compiuto ed è
tuttora compiuto dal clero e dai religiosi, che conducono una vita integra ed
evangelicamente fruttuosa. Non c'è bisogno di ricordare quei preti, vescovi e
religiosi che in anni recenti in Africa hanno versato il loro sangue per la
causa di Cristo e per le persone assegnate alle loro cure. È precisamente a
causa del nostro amore per la Chiesa e per l'Africa che ci sentiamo tanto
afflitti dal problema che vi presentiamo.
Potrebbero essere raccontate molte storie inquietanti. Tuttavia, siccome tutti
qui sanno che questo problema esiste e che, nonostante moltissimi tentativi di
migliorare la situazione, sembra che questa stia invece peggiorando, esporrò il
problema in forma molto breve e concisa. Poi cercherò di spiegare quali sono le
cause principali.
Il problema
1. Viene comunemente asserita l'esistenza di molestie sessuali e persino di
stupri da parte di preti e vescovi nei confronti di suore.
Talvolta quando una suora viene messa incinta, il prete insiste perché
abortisca. Di solito la suora viene allontanata dalla sua congregazione mentre
il prete, spesso, viene solamente trasferito ad un'altra parrocchia, o inviato a
studiare. 2. Molte suore diventano economicamente dipendenti da preti che talora
chiedono in cambio prestazioni sessuali. 3. I preti talvolta sfruttano il ruolo di direttori spirituali e di
ministri del sacramento della Riconciliazione per chiedere prestazioni sessuali.
Alcune cause di queste molestie
Celibato/castità in molti Paesi non costituiscono un valore. In alcuni
Paesi per una giovane donna istruita il matrimonio potrebbe non rappresentare
una scelta possibile, perché "il prezzo della sposa" è troppo alto.
La vita religiosa potrebbe offrire una scelta alternativa: ma in tal caso è
realmente una scelta di vita casta e celibe? La posizione inferiore delle donne nella società e nella Chiesa è un
altro fattore da prendere in considerazione. Sembra che una suora trovi
impossibile opporsi ad un prete che chiede prestazioni sessuali. Ella è stata
educata a considerare se stessa inferiore, a essere servizievole e a obbedire,
persino al suo fratello minore. È comprensibile allora che una suora trovi
impossibile negarsi ad un ecclesiastico che chiede prestazioni sessuali. Questi
uomini sono visti come "figure di autorità" cui bisogna ubbidire.
Inoltre, di solito essi sono maggiormente istruiti ed hanno ricevuto una
formazione teologica più avanzata rispetto alle suore. Potrebbero usare false
argomentazioni teologiche per giustificare le loro richieste ed il loro
comportamento. Le suore si impressionano facilmente con questi argomenti. Uno di
questi suona come segue: "Siamo entrambi celibi consacrati. Ciò significa
che abbiamo promesso di non sposarci. Tuttavia possiamo avere fra noi rapporti
sessuali senza rompere i nostri voti." La malattia pandemica dell'aids ha comportato che le suore sono ora più
di prima ricercate dai preti perché si pensa che siano "sicure". Situazione economica. Molte congregazioni femminili faticano a trovare
abbastanza soldi per badare alle consorelle e per istruirle. Molto spesso quando
le suore lavorano per una diocesi non viene loro pagato un giusto salario. Da
quelle che vengono inviate all'estero per studiare ci si aspetta talvolta che
mandino soldi alle loro congregazioni e alle famiglie a casa. In alcuni Paesi
fuori dall'Africa, come gli Stati Uniti, le sorelle africane vengono sfruttate,
con magri salari e inadeguata assicurazione sanitaria, per svolgere ministeri
tradizionali, per esempio quello di catechiste, che sono stati abbandonati dalle
congregazioni statunitensi. Poca comprensione della vita consacrata. Vescovi, preti, laici, e le
stesse suore non capiscono in maniera adeguata la vita religiosa, né il
significato dei voti né i carismi specifici di ogni Istituto. Reclutamento di aspiranti da parte di congregazioni che non hanno una
sufficiente presenza in un determinato paese, e che non hanno abbastanza
conoscenza di una determinata cultura. Talvolta i preti contribuiscono a questa
azione di reclutamento. Le suore studentesse che vengono mandate all'estero, a Roma (e altrove in
Europa e negli Stati Uniti) a studiare, spesso hanno problemi particolari. Uno
di questi è quello di trovare un alloggio adeguato. Mentre a seminaristi e
preti vengono offerti residence, molto meno viene fatto per le suore. Le suore
inviate a studiare fuori dai loro Paesi sono spesso troppo giovani e/o immature.
Mancano di guida, di sostegno e in molti casi di una solida formazione
religiosa. Molte suore mancano anche dell'educazione di base necessaria per
intraprendere ulteriori studi o, talvolta, hanno una conoscenza insufficiente
della lingua nella quale devono studiare. Queste suore frequentemente si
rivolgono a seminaristi e preti per un aiuto nello scrivere tesine. Le
prestazioni sessuali sono, alcune volte, il pagamento che debbono offrire per un
tale aiuto. Non desidero con questo sostenere che solo i preti e i vescovi sono
da accusare e che le suore sono semplicemente le loro vittime. No, può essere
che le suore talvolta siano fin troppo consenzienti, oppure ingenue. Silenzio. Forse un altro fattore è la "cospirazione del
silenzio" che avvolge questo argomento. Solo se siamo in grado di
affrontarlo insieme onestamente saremo in grado di trovare delle soluzioni.
A marzo di quest'anno, io ho fatto una relazione ai vescovi della Commissione
Permanente del Secam (Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e del
Madagascar, ndt) sui "Problemi che si pongono alle congregazioni
religiose". La violenza sessuale nei confronti delle suore era uno dei
principali problemi proposti. Siccome la maggior parte di quello che presentavo
era basato su relazioni provenienti da congregazioni diocesane e dalle
Conferenze delle Superiori Maggiori in Africa, mi sentivo molto convinta
dell'autenticità di ciò che stavo dicendo. I vescovi presenti sentirono come
sleale da parte delle suore l'aver mandato tali relazioni fuori dalla loro
diocesi. Dissero che le suore in questione avrebbero dovuto rivolgersi al loro
vescovo diocesano per questi problemi. Naturalmente, questo sarebbe stato e
sarebbe l'ideale. Tuttavia le suore sostengono di averlo tentato più e più
volte. Talvolta non sono state ben accolte. In alcuni casi sono state accusate
per ciò che era successo. Anche quando vengano ascoltate con grande
comprensione, non sembra che venga fatto alcunché.
In alcune sedute ufficiali e ufficiose, in questi ultimi anni, i Superiori
Generali a Roma hanno ascoltato e si sono scambiati resoconti di violenze
sessuali. Sembra che sia arrivato il momento di un'azione concertata.
Pensiamo che questo possa essere fatto al meglio aiutandosi reciprocamente a
sviluppare delle politiche mirate ad affrontare i problemi prima e dopo il loro
insorgere.
Di seguito, pubblichiamo la traduzione dall'inglese del
"Memorandum" di suor Maura O'Donohue, dei Medici Missionari di Maria,
"Preoccupazioni prioritarie per la Chiesa nel contesto dell'Hiv/Aids",
che nella conclusione chiama fortemente in causa la responsabilità della
Chiesa. Del Memorandum, datato 1994, omettiamo solo la parte introduttiva,
relativa alla situazione generale.
PREOCCUPAZIONI
PRIORITARIE PER LA CHIESA
NEL CONTESTO DELL'AIDS
Memorandum
di suor Maura O'Donohue
(...)
a) Preti e religiosi con
Hiv/Aids
L'Aids sta ora colpendo
preti e religiosi in diversi Paesi. In uno, ad esempio, su un totale di meno di
320 preti diocesani, 3 sono morti per malattie legate all'Aids, altri 4 erano in
fase terminale e altri 12 erano sieropositivi. Era il 1991. Queste cifre
rappresentano un tasso di contagio pari al 13% tra il clero diocesano in quel
particolare Paese. In un altro Paese 16 membri di una Congregazione religiosa
sono già morti di Aids. Ovviamente queste situazioni non vengono discusse
apertamente, ma le cifre riflettono una tendenza allarmante.
Una risposta iniziale di molti vescovi e superiori religiosi è stata di
stabilire come requisito per tutti i candidati ai seminari e alla vita religiosa
il test Hiv. Se scelte di questo tipo sollevano questioni relative ai diritti
umani, alla giustizia e alla pastorale, non sono comunque in grado di affrontare
il problema di preti e religiosi che sono già sieropositivi o che potrebbero
diventarlo in futuro.
Reazioni positive e negative sono state registrate nelle diocesi e nelle comunità
religiose nei confronti di quei preti e religiosi di cui è già nota la
sieropositività o la conclamazione della malattia. Un superiore provinciale ha
invitato un membro della sua comunità malato di Aids a vivere presso la Casa
provinciale e i confratelli si sono presi cura di lui fino alla sua morte. Al
contrario, un altro prete malato di Aids e ricoverato in un ospedale per diversi
mesi è stato ignorato dal suo vescovo e dai preti suoi confratelli. Quando alla
fine è morto, il vescovo si è recato con un furgoncino aperto per ritirare il
corpo. La responsabile dell'ospedale si è rifiutata di consegnarglielo finché
non fosse disponibile una bara.
b) Particolare
vulnerabilità delle religiose nell'epidemia Hiv/Aids L'intricata
combinazione di diversi fattori nel tessuto della nostra società (per esempio,
l'inferiorità delle donne in alcune regioni del mondo) incoraggia lo
sfruttamento. Per esempio, in alcune culture esiste un utilizzo legittimato
della punizione fisica e l'aspettativa di una obbedienza assoluta da parte delle
giovani verso qualsiasi "figura di potere" tradizionale. Ciò
implicitamente giustifica la violenza, la sottomissione agli adulti e inoltre
perpetua un senso di impotenza e vulnerabilità.
È noto che gli autisti di Tir e altri uomini, obbligati a star lontani da casa
e dalla famiglia per periodi relativamente lunghi, hanno relazioni con
prostitute. Ciò è culturalmente "accettato" in alcune società per
gli uomini sposati o meno. A causa della maggiore conoscenza dell'Hiv/Aids,
questi uomini hanno cominciato a considerare le prostitute come una categoria ad
alto rischio di contagio. Molti, perciò, invece di frequentare bordelli, hanno
cercato di contattare ragazze delle scuole superiori, considerate
"sicure", in virtù della loro giovane età. L'incidenza delle
gravidanze tra le adolescenti è cresciuta vertiginosamente in alcuni Paesi, così
come l'incidenza dell'Hiv/Aids e altre malattie trasmesse sessualmente.
Le religiose costituiscono un'altra categoria che è stata identificata come
"sicura" per l'attività sessuale. Numerose religiose hanno denunciato
abusi da parte dei loro professori e insegnanti, e molestie sessuali da parte di
altri uomini in generale. Purtroppo, le suore denunciano che anche i preti le
hanno sfruttate sessualmente perché anche loro erano arrivati a temere il
contagio dell'Aids dal rapporto sessuale con prostitute ed altre donne "a
rischio". Per esempio, in un certo Paese, una Superiora di una comunità
religiosa è stata avvicinata da preti che chiedevano che le suore fossero messe
a loro disposizione per favori sessuali (1991). Al rifiuto della Superiora i
preti spiegarono che, altrimenti, sarebbero stati costretti a recarsi al
villaggio per trovare donne e si sarebbero così esposti al rischio del
contagio.
c) Questioni
particolarmente allarmanti che sono emerse Grazie alle molte
confidenze fattemi da un gran numero di religiose nel corso delle mie visite,
sono venuta a conoscenza di questioni più allarmanti di quelle delineate
finora. Tali questioni rivelano modelli di comportamento che ero molto
riluttante ad accettare come fatti. La mia reazione iniziale è stata di shock e
di incredulità di fronte alla vastità del problema di cui ero messa a parte.
Le informazioni riguardano lo sfruttamento di religiose e altre donne da parte
di preti e provengono da missionari (uomini e donne), da preti, medici e altri
membri affidabili della famiglia ecclesiale. Mi è stato assicurato che esistono
le prove documentali per molti dei casi descritti più avanti e che le
informazioni non si basano solo sul sentito dire. Queste prove mi hanno causato
grave preoccupazione per il loro potenziale impatto sulla comunità ecclesiale -
la gerarchia, il clero, i religiosi e i laici - come anche sui singoli e sulle
famiglie coinvolte. La mia speranza è che queste informazioni forniscano un
quadro di ciò che sta accadendo e di conseguenza spingano ad un'azione
appropriata specialmente da parte di coloro che si trovano ai vertici della
Chiesa e di coloro che sono responsabili della formazione.
Prima di fornire i dettagli è importante sottolineare che ciò che viene
presentato qui è un comportamento non generalizzato, bensì ripetuto fino a
diventare consueto. Non riguarda un solo Paese o continente, né un gruppo
specifico o tutta la società. In effetti gli esempi che seguono derivano
dall'esperienza di sei anni e riguardano casi in 23 Paesi dei cinque continenti,
vale a dire Botswana, Burundi, Brasile, Colombia, Filippine, Ghana, India,
Irlanda, Italia, Kenya, Lesotho, Malawi, Nigeria, Papua Nuova Guinea, Sudafrica,
Sierra Leone, Stati Uniti d'America, Tanzania, Tonga, Uganda, Zambia, Zaire,
Zimbabwe.
1) Si sa che numerosi preti e persino membri della gerarchia hanno abusato del
loro potere e tradito la fiducia riposta in loro con relazioni sessuali con
religiose basate sullo sfruttamento. Alcuni esempi si riferivano a candidate
alla vita religiosa che dovevano fornire prestazioni sessuali a preti per
ottenere i certificati e/o le raccomandazioni necessari.
2) In diversi Paesi le
religiose sono angosciate dalla prassi secondo la quale quando una suora rimane
incinta deve lasciare la Congregazione mentre il prete coinvolto può continuare
il suo ministero. Tale questione chiama in causa la giustizia sociale. La
religiosa viene lasciata sola ad allevare il bambino costituendo una famiglia
monoparentale, spesso vilipesa e frequentemente in condizioni sociali indigenti.
Mi sono stati raccontati casi in cui queste donne, in diversi Paesi, erano
obbligate a diventare seconda o terza moglie in una famiglia, per aver perso il
loro status nella cultura locale. L'alternativa, ai fini della sopravvivenza, è
di andare "sulla strada", come prostitute, esponendosi, inter alia,
se non già infette, al rischio del contagio Hiv.
3) Le Superiore generali che
ho incontrato erano estremamente preoccupate per le molestie che le religiose
stavano subendo da parte dei preti in alcune aree. Una Superiora di una
Congregazione diocesana in cui molte sorelle erano state messe incinte da preti,
non è riuscita a individuare una soluzione appropriata. Un'altra Congregazione
diocesana ha dovuto allontanare più di 20 suore a causa della gravidanza
causata anche qui, in molti casi, da preti.
4) Alcuni preti spingono le
suore a usare contraccettivi inducendole a pensare che "la pillola"
eviti il contagio dell'Aids. Altri hanno invece incoraggiato le suore con cui
avevano avuto una relazione ad abortire. Alcuni medici cattolici in ospedali
cattolici hanno riferito di aver subito pressioni da parte di preti per
procurare l'aborto alle religiose nei loro ospedali (1990).
5) Gruppi di religiose di
Congregazioni locali hanno rivolto appelli accorati a membri di Congregazioni
internazionali affinché le aiutassero, spiegando che, quando cercano di portare
avanti da sole la propria causa presso le autorità della Chiesa riguardo alle
molestie da parte dei preti, semplicemente "non vengono ascoltate"
(1991). In un altro caso, dopo che 29 religiose di una Congregazione diocesana
erano state messe incinte da preti nella diocesi, la Superiora generale ha
reclamato presso l'arcivescovo. Poco dopo, lei e le sue consigliere sono state
destituite durante una funzione pubblica dall'arcivescovo che ha comunicato al
nunzio la nomina di un gruppo in sostituzione, senza suscitare reazioni, e le
suore stanno ancora aspettando una risposta da parte delle più alte autorità
ecclesiastiche. Nel frattempo, la Superiora generale e il consiglio, nominati in
violazione alle Costituzioni della Congregazione, amministrano la Congregazione
stessa (1993).
6) In un ristretto numero di
Paesi, membri di consigli parrocchiali e di piccole comunità cristiane stanno
ricusando i loro Pastori per le relazioni di questi con donne e ragazze in
generale. Alcune di queste donne sono le mogli dei parrocchiani. In questi casi,
i mariti, sebbene in collera per ciò che accade, sono a disagio nell'affrontare
il loro parroco. Si sa che alcuni preti hanno relazioni con più donne e hanno
figli da più di una relazione. Alcuni laici hanno parlato con me delle loro
preoccupazioni in tale contesto, affermando che stanno aspettando il giorno in
cui avranno le "omelie dialogate". Ciò, nel loro progetto, darà loro
(i laici) l'opportunità di mettere alla prova certi preti sulla sincerità
della loro predicazione e sulla loro apparente doppia morale. In un Paese che ho
visitato sono stata informata del fatto che il presbiterio in una certa
parrocchia è stato attaccato da parrocchiani armati di fucili, adirati con i
preti per il loro abuso di potere e il tradimento della fiducia che le loro
azioni e il loro stile di vita rifletteva (1991).
7) In un altro Paese, una
ragazza da poco convertita dall'islam (divenuta cristiana insieme alla sorella)
è stata accettata come candidata presso una Congregazione religiosa locale.
Quando si è recata dal suo parroco per i certificati necessari, ha subito uno
stupro da parte del prete prima che le fosse consegnato quanto chiedeva. Essendo
stata ripudiata dalla famiglia per la sua conversione al cristianesimo, non si
è sentita libera di tornare a casa. È tornata alla Congregazione e molto
presto si è accorta di essere incinta. A suo modo di vedere, l'unica possibilità
che aveva era di lasciare la Congregazione senza spiegarne il motivo. Ha
trascorso dieci giorni vagabondando nella foresta, torturandosi sulla scelta da
fare. Alla fine ha deciso di andare a parlare col vescovo, il quale ha convocato
il prete. Il prete ha ammesso la colpa e il vescovo gli ha ordinato un ritiro di
due settimane.
8) Dagli anni '80, in
numerosi Paesi le religiose si rifiutano di viaggiare sole con un prete, in
macchina, per paura di molestie o persino di stupri. Alcuni preti hanno anche,
in certe occasioni, abusato della loro posizione e del loro ruolo di pastori e
direttori spirituali e hanno utilizzato la loro autorità per ottenere
prestazioni sessuali da parte di religiose. In un Paese, Superiore religiose
hanno dovuto chiedere al vescovo o ai Superiori religiosi di rimuovere
cappellani e direttori spirituali dopo che avevano abusato di suore.
Alcune conseguenze La prima conseguenza
di tali abusi va individuata nel dolore fisico, emotivo e spirituale immediato
delle vittime. Altri effetti sono la delusione e il cinismo sia nella vittime
che negli altri membri della comunità. Il fondamento della loro fede viene
improvvisamente sconvolto. Molte di queste suore vengono da famiglie in cui
l'ingresso in una Congregazione religiosa è culturalmente inaccettabile e perciò
vengono sottoposte a una grande pressione perché non vadano. Esse si chiedono
perché il celibato debba essere proclamato in modo così perentorio dalle
stesse persone che poi praticano lo sfruttamento sessuale. Questo atteggiamento
è visto come ipocrita o almeno come la promozione di una doppia morale.
Alcune risposte positive Gradualmente si sta
comprendendo che le ferite, la delusione e le ingiustizie sociali vissute devono
essere portate alla luce e condivise. Questi temi devono essere affrontati con
delicatezza e con l'appoggio della comunità di appartenenza e delle consorelle.
In questo modo, le singole persone sono appoggiate e assistite nell'affrontare
queste situazioni. Si spera che il risultato non sia l'erosione della loro fede,
ma che le vittime siano aiutate a sviluppare una fede veramente adulta che
trascenda la dipendenza dai e il tradimento dei consiglieri e direttori
spirituali e di altre figure di autorità.
È ugualmente importante sottolineare che in molti Paesi ci sono alcune risposte
molto creative e positive finalizzate alla prevenzione. In alcune diocesi
visitate, tutti i preti si riuniscono regolarmente per la riflessione, la
preghiera e il dialogo. Il clero di alcune diocesi ha organizzato una serie di
seminari sull'Hiv/Aids. Questi seminari continuano e vengono ora organizzati in
collaborazione con la Conferenza delle religiose.
La nostra Conferenza religiosa nazionale ha progettato un seminario di dieci
giorni per le Superiore e per le responsabili della formazione nelle loro
rispettive Congregazioni. Il seminario è focalizzato sui temi pastorali e
sociali emergenti che riguardano in particolare le religiose e includono alcune
delle questioni sopra delineate (1992). Nello stesso Paese è stata richiesta
l'assistenza di seminari su temi analoghi per l'associazione dei preti
diocesani.
A Roma, l'Uisg ha anche organizzato una sessione di un giorno dell'Assemblea
generale nell'aprile 1992 dedicato a temi legati all'Aids. Ha già inviato un
comunicato tramite i propri coordinatori regionali allo scopo di allertare i
presidenti di importanti Conferenze regionali di religiosi su questi temi
emergenti.
Risposte specifiche
Alcune delle risposte specifiche date dai religiosi e dal clero sono:
- riesame delle procedure
per la selezione dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa;
- promozione di relazioni sane e incoraggiamento del recupero della fiducia tra
il clero, i religiosi e i laici;
- analisi delle dinamiche psico-sociali di ciò che sta accadendo, nel contesto
sociale generale;
- riesame dei programmi di formazione alla luce dei recenti sviluppi;
- riflessione su come evitare il permanere dei suddetti abusi.
Misure per il futuro È necessario non
solo analizzare queste tragiche situazioni, ma anche progettare una risposta
attiva, che può includere:
- promozione di una crescita integrale del clero, dei religiosi e dei laici;
- priorità alla formazione dei leader;
- offerta di assistenza spirituale, psicologica e sociale delle vittime e dei
responsabili degli abusi;
- garanzia che vi siano procedure efficaci per accrescere la consapevolezza e
render conto di casi di abuso esistenti e potenziali, e affrontarli;
- offerta di un adeguato appoggio a coloro che hanno bisogno di aiuto per
affrontare gravi problemi psico-sociali.
Commenti conclusivi 1) Dobbiamo
riconoscere le profonde esigenze umane e personali dei preti, anche di quelli
che sono coinvolti in tali abusi. Anche costoro dipendono da altri esseri umani
che trasmettano loro, nella debolezza, l'incondizionato amore di Dio. Noi tutti
dobbiamo reciprocamente rendere possibile questa mediazione, sostenendoci nella
debolezza, "portando ciascuno il fardello dell'altro". Sarebbe assurdo
affermare che siamo tutti esseri umani deboli, ma poi sminuire coloro che
appaiono "carenti" o risentirsi per coloro che sono insensibili.
2) La rivelazione dei fatti
illustrati in questo rapporto potrebbe gettare sui preti in generale un'ombra di
sospetto, esplicito o meno. In questo contesto, c'è una certa dose di
scetticismo circa la sincerità dei responsabili della Chiesa e del clero nel
gestire tematiche così complesse e delicate. Chiaramente è necessaria una
riflessione molto più approfondita e una ricerca sincera per superare una
facile stigmatizzazione e risposte eccessivamente difensive. Le donne coinvolte
hanno anche la responsabilità di informarsi e di intraprendere azioni adeguate
che le aiutino a risolvere situazioni di abuso passate e a evitare la
perpetuazione dell'abuso in futuro.
3) Bisogna ristabilire la
credibilità della Chiesa e intraprendere il compito di ricostruire la fiducia
tra i preti e i membri non ordinati della Chiesa. L'Aids ha gettato luce su
alcune complesse questioni di vecchia data e ha anche fatto emergere in modo
molto drammatico altri problemi più gravi che nel contesto dell'Aids non
possono essere ignorati; bisogna proprio affrontarli. Tra questi, l'insegnamento
della Chiesa su temi come la castità, il celibato, il matrimonio, la
responsabilità dei genitori e la vita familiare; tutti questi temi devono
essere affrontati nel contesto della sessualità. Appare necessaria una
rinnovata riflessione teologica e spirituale in questi ambiti. In caso
contrario, è difficile sapere che cosa accadrà, alla luce delle fragilità ora
visibili nel vero e proprio nucleo del ministero della Chiesa.
4) Un approccio
esclusivamente centrato sulla donna o "femminista militante" ai temi
ora descritti, a mio avviso, non costituisce una soluzione. Le ingiustizie
possono assumere molte forme, e le donne forse, in queste circostanze, devono
essere particolarmente attente a non creare un'altra forma di sessismo o di
alienazione, colpevolizzando gli uomini. Reazioni aspre e di odio possono essere
scandalose tanto quanto le offese originarie.
Le esperienze illustrate ci
mettono di fronte all'esigenza critica di riconciliazione, trasformazione e
redenzione nella società e nella Chiesa. Alcuni dei temi fondamentali vengono
in realtà affrontati in diversi contesti. Eppure rimane ancora la triste realtà
di una maggioranza di leader della Chiesa e di loro fedeli che continua a negare
o minimizzare questa tragica situazione. In ultima analisi la Chiesa verrà
giudicata non solo sulla risposta che darà all'Hiv/Aids, ma sull'ipocrisia che
si avverte in essa e sulla apparente doppiezza in questo contesto, perché, se
non siamo parte della soluzione, siamo una gran parte del problema.
Le suore e altre donne che ora si presentano a parlare dell'abuso che hanno
subito stanno contribuendo a cambiare la cultura con il loro dolore e il loro
coraggio. L'inesperienza, aggravata da atteggiamenti socio-culturali, spesso
priva molte di queste suore degli strumenti che servono loro per descrivere i
fatti. È sorprendente che così tante, ora, diano voce alle loro esperienze.
Grazie all'iniziativa di queste suore, tutto il popolo di Dio può raggiungere
una comprensione più matura e responsabile di se stesso e della sua Chiesa. C'è
qualcosa di profetico in questa tragedia, perché sono i "senza voce"
ad aver dato il via a questo processo di maturazione. Per tutto questo, a
prescindere dalla loro sofferenza, abbiamo con loro un grande debito di rispetto
e di gratitudine. Prego che le loro richieste di aiuto e comprensione non
restino inascoltate, ma ricevano una risposta ugualmente coraggiosa e profetica.
La
testimonianza della sorella Charlotte, ex suora di clausura, è sconvolgente e
scioccante, ma fornisce informazioni importanti sul peggio della vita in
convento e sulle dinamiche del Romanismo. Essa si aggiunge ad altri resoconti
come "Monaca Maria" e "Il martire in nero: la storia della vita di sorella
Giustina", e alle testimonianze di ex preti, come Chiniquy, Fresenborg, e Hogan.
La testimonianza della sorella Charlotte può sembrare incredibile, se non si
conosce la storia della religione papista.
Innanzi tutto vorrei dirvi che non rendo questa testimonianza a motivo di
qualche sentimento di odio nel mio cuore verso i credenti Cattolici Romani. Non
potrei essere Cristiana se avessi ancora dell'amarezza nel cuore. Dio mi liberò
da ogni amarezza e da ogni lotta in quel giorno, divenendo reale nella mia vita,
con la potenza dello Spirito Santo. Rendo dunque questa testimonianza perché
dopo avermi salvata, Dio mi liberò dal convento e dalla schiavitù e dalle
tenebre. Il Signore mise sul mio cuore il peso di rendere questa testimonianza
così che altri potessero sapere cosa significa vivere in convento. Perciò,
nell'ascoltare con attenzione la mia testimonianza, confido che nessuna delle
cose che dirò potrà lasciare nei vostri cuori la sensazione che io non porti un
peso per i credenti Cattolici Romani. Non amo le cose che essi fanno, e non sono
d'accordo con i loro insegnamenti, ma desidero le loro anime per Gesù. Sono
interessata alle loro anime. Io credo che Gesù andò al Calvario. Egli morì
affinché tu e io potessimo conoscerLo. E le loro anime sono preziose proprio
quanto la tua e la mia anima. Questo è il motivo del mio interesse.
Sono nata nel
Cattolicesimo Romano, non conoscendo altro, non conoscendo la parola di Dio
perché non avevamo una Bibbia in casa nostra, non avevamo mai sentito parlare
del meraviglioso piano di salvezza del Signore. E così, naturalmente, crebbi in
quella casa Cattolica Romana da bambina, conoscendo solo il catechismo,
conoscendo soltanto gli insegnamenti della Chiesa Cattolica Romana. E, dato che
amavo il Signore, e volevo fare qualcosa per Lui, desideravo darGli la mia vita.
Non conoscevo alcun altro modo mediante il quale una ragazza Cattolica Romana
potesse dare la sua vita a Dio, se non quello di entrare in un convento, e
rivolgermi al confessionale dove, naturalmente, si è sotto l'influenza del
padre-confessore, il prete Cattolico Romano.
Un giorno, attraverso la
sua influenza e quella di uno dei miei insegnanti nella scuola parrocchiale,
decisi di voler diventare una sorellina. All'epoca pensavo di diventare una
suora dell'ordine libero, e andando avanti, fino al momento di prendere il velo,
all'età di sedici anni e mezzo, tutto mi sembrava meraviglioso. Non avevo
davvero alcun timore nel mio cuore. Tutto ciò che mi era stato insegnato
sembrava coincidere con gli insegnamenti che avevo ricevuto in chiesa prima di
entrare nel convento. E così un giorno, dopo essermi decisa ad entrare in
convento - ricordo quel giorno particolare - due sorelle mi accompagnarono a
casa dalla scuola. Erano mie insegnanti. E quando arrivammo a casa di mio padre
quel pomeriggio, vi trovammo anche il nostro padre-confessore. Spesso dico che
quando ero piccola i bambini venivano visti ma non ascoltati. In casa mia, da
bambini non si parlava se un adulto non ti rivolgeva la parola. E ricordo che
ascoltai la loro conversazione, quindi mi avvicinai a mio padre e gli chiesi se
potevo dirgli qualcosa. Era qualcosa di inusuale. Lui mi permise di parlare e io
dissi: "Papà, voglio andare in convento". Le mie parole destarono immediatamente
l'interesse del prete, che già da tempo stava influenzandomi nella scelta. Mio
padre si commosse e cominciò a piangere, non per tristezza, ma per la gran
gioia. Mia madre venne e mi abbracciò, e anche lei pianse. Era molto felice.
Quelle non erano lacrime di tristezza, perché pensava al fatto che la sua
bambina stava dando la sua vita al convento per pregare per l'umanità perduta. E
naturalmente la mia famiglia fu entusiasta della cosa, come anch'io lo ero. Ma,
comunque, non andai prima di un anno da allora, quando giunse il tempo in cui mi
ero preparata e mia madre aveva preparato ogni cosa per me. Così entrai in
convento.
La scuola del convento
Non c'era un posto vicino
alla casa dei miei genitori, così mi portarono via a quello che mi parve essere
più di un migliaio di chilometri da casa, dove entrai nel collegio del convento.
Avevo quasi 13 anni. Ero solo una ragazzina. Ora, guardando indietro, mi colse
la nostalgia di casa. Ne soffrii molto; mia mamma e mio papà erano stati tre
giorni con me e poi se n'erano andati. Era naturale che soffrissi di nostalgia;
ero solo una bambina lontana da casa. Da piccola non avevo mai passato una notte
lontana da mia mamma, e non ero mai andata in alcun posto senza la mia famiglia.
E naturalmente c'era un forte legame nella nostra famiglia e io ero molto sola e
sentivo la loro mancanza. Ma non dimenticherò mai il momento in cui, dopo che
mia mamma mi aveva salutato, mi resi conto che i miei genitori stavano andando
via, molto lontani da me, e non avevo mai realizzato nel mio cuore: "Non li
vedrò mai più!". Naturalmente, non avevo idea che le cose sarebbero andate così
perché avevo deciso di essere una sorella dell'ordine libero. Ma, se ascoltate
attentamente questa parte della testimonianza, capirete perché sto dicendo
queste cose.
All'età di sette anni andavo al confessionale. Quando entravo in chiesa, mi
inchinavo ai piedi del crocifisso, o piuttosto, alla vergine Maria e poi ai
piedi del crocifisso, e chiedevo alla vergine Maria di aiutarmi a fare una buona
confessione, perché ero una bambina e il mio cuore era sincero. E sapevo che il
prete ci aveva insegnato a fare sempre una buona confessione. Non dovevo
nascondere nulla. Dovevo dire ogni cosa se volevo l'assoluzione da ogni peccato
che potevo aver commesso. E così pregavo la vergine Maria affinché mi aiutasse a
fare una buona confessione. Poi, chiedevo lo stesso a Gesù.
Dopo aver vissuto in convento, dovevo proseguire con la mia istruzione. Avevo
appena finito le scuole medie, e mi avevano promesso un'educazione di scuola
superiore e poi il college. Ma in realtà ebbi essenzialmente un'educazione di
scuola superiore. E me la diedero come si deve. Mi fu impartita sotto delle
terribili difficoltà e con molti sforzi. Fu molto dura, ma mi avevano dato
un'istruzione, e lo apprezzo moltissimo. Ma dopo questo dovetti attraversare
quello che è il periodo cruciale per diventare una giovane iniziata per entrare
in convento. L'addestramento delle suore è davvero fuori del comune e ti rendi
conto di cosa significa solo dopo che ci sei passata.
Così, ero entrata in
convento; voglio dirvi come vivevamo, cosa mangiavamo, come dormivamo, in modo
che possiate avere un quadro più dettagliato della vita in convento. Ero entrata
da bambina e quindi continuai gli studi, ma ricevevo anche l'addestramento.
Venne il giorno in cui, all'età di quattordici anni e mezzo, la madre superiora
venne da me e cominciò a parlarmi del Velo Bianco. Non ne sapevo molto, ma mi fu
detto che prendendo il velo avrei cominciato ad essere sposa o moglie di Gesù
Cristo. Ci sarebbe stata una cerimonia e sarei stata vestita con abiti nuziali.
E in quella particolare mattinata mi dissero che alle nove in punto mi avrebbero
vestita da sposa. Ora mi chiedevo da dove veniva fuori tutto questo e dove
avrebbero preso gli abiti nuziali per delle giovani sorelle. La madre superiora
si accomodò e scrisse una lettera a mio padre, dicendogli di mandare il denaro.
E tutto quello che lei chiedeva, mio padre lo mandava. Un'altra sorella andava a
comprare il materiale e l'abito da sposa veniva realizzato dalle sorelle del
convento. A questo punto della mia testimonianza ero ancora nell'ordine libero.
Vi starete chiedendo se la madre superiora spendeva tutti i soldi per l'abito da
sposa. A questo punto della testimonianza io non potevo saperlo, ma dopo aver
vissuto in convento per un certo tempo mi resi conto che lei poteva chiedere a
mio padre centinaia di dollari e lui glieli mandava. Per l'abito, avrebbero
speso un terzo dei soldi tenendosi il resto, senza che mio padre ne sapesse mai
nulla. Né lo sapevo io finché, a distanza di tempo, dovetti fare io stessa
alcuni di quegli abiti da sposa, e quindi conobbi il loro valore e i costi
associati ai materiali impiegati per realizzarli. E conoscevo l'ammontare dei
soldi incamerati perché ero una delle suore più "anziane".
Dunque, venne il tempo in cui percorsi quel corridoio vestita con l'abito da
sposa. Ora, in convento mi soffermavo davanti alle quattordici stazioni della
croce - i quattordici eventi accaduti a Gesù lungo la strada per il Calvario. Ma
dopo essermi decisa a prendere il velo bianco, non feci più quel percorso a
piedi. Volevo essere degna. Volevo essere abbastanza santa per diventare la
sposa o la moglie di Gesù Cristo. E così mi mettevo in ginocchio e strisciavo
davanti alle quattordici stazioni. La lunghezza del percorso era notevole, ma
ripetevo quel gesto ogni venerdì mattina. Sentivo che mi avrebbe resa più santa.
Sentivo che mi avrebbe avvicinata di più a Dio. Mi avrebbe resa degna del grande
passo che stavo per
compiere. Ed era ciò che
volevo più di ogni altra cosa al mondo.
Vorrei che imprimeste bene nel vostro cuore ciò che conosco su ogni ragazzina
che entra in convento. Quella ragazzina desidera vivere per Dio. Desidera dare
il suo cuore, la sua mente, e la sua anima a Dio. Ora, moltissime persone dicono
che solo le donne empie vanno in convento. Questo non è vero. Ci sono stelle
dello spettacolo che vanno in convento. Hanno vissuto appieno nel mondo, e senza
dubbio sono peccatrici. Ma quando entrano sono donne. Sanno cosa stanno facendo.
Ed entrano solo perché la Chiesa Cattolica Romana riceverà da loro, non solo
migliaia, ma milioni di dollari. Non gli importa chi siano le persone che
entrano in convento se possono ricavare molti soldi da loro. Ma la piccola
ragazzina comune che entra da bambina, è soltanto una bambina e và lì con la
purezza di cuore e di mente e di animo che hanno i bambini. Lo dico perché a
volte si sentono molte affermazioni che non sono affatto vere.
Dunque, parlavo di quando
diventiamo spose di Gesù Cristo. Vi chiedo di ascoltarmi con attenzione in
questa parte, e poi proseguiremo con il resto della testimonianza. Le suore, a
quel punto, vengono considerate come donne sposate. Dico, sposate: spose o mogli
di Gesù Cristo. Ora, i preti insegnano a ogni ragazzina che prende il velo, che
ella diventerà sposa di Cristo. Il prete le insegna a credere che la sua
famiglia sarà salvata. Non vi sono differenze, non importa quante rapine in
banca possono aver compiuto, o quanti negozi hanno svaligiato; non fa alcuna
differenza se bevono e fumano e gozzovigliano e vivono in questo mondo di
peccato facendo tutte le cose che fanno i peccatori. Neanche la più piccola
differenza. La famiglia della giovane sorella - essi dicono - sarà salvata se
lei vivrà sempre in convento e darà la sua vita al convento o alla chiesa, e
potrà essere certa che ogni membro della sua famiglia sarà salvato. E ci sono
molte bambine che sono influenzate e adescate ad entrare in convento perché gli
viene fatto capire che ciò porta la salvezza delle loro famiglie. Anche nelle
famiglie Cattoliche Romane, a volte i figli crescono e abbandonano la Chiesa
Cattolica Romana e sprofondano nei peccati più terribili. Così, ogni ragazzina
che entra in convento spera che il suo grande sacrificio serva alla salvezza
della sua casa, dei suoi amati, madre e padre, tutto ciò che un figlio può
amare, affinché i suoi familiari siano salvati nonostante i peccati che
commettono. E, naturalmente, essendo bambini non sono maturi abbastanza da
rendersi conto di ciò che veramente gli viene insegnato. È così facile
instillare idee nei loro cuori e nelle loro menti, e i preti sono dei veri
maestri in questo. E in quanto al mio prete, il nostro padre-confessore, lo
consideravo come Dio. Il prete era il solo dio di cui sapevo qualcosa, e ai miei
occhi era infallibile. Non pensavo che potesse peccare. Non pensavo che
mentisse. Non pensavo che avesse mai sbagliato. Lo vedevo come il più santo dei
santi perché io non conoscevo Dio, ma conoscevo il Prete Cattolico Romano, e
guardavo a lui per tutto quello che chiedevo a Dio, per così dire. Credevo che
il prete potesse darmi queste cose.
E così venne il giorno in
cui tutte noi, dopo aver preso il velo bianco (vi prego di ascoltare
attentamente) consideravamo ogni cosa meravigliosa. Avevo 16 anni e mezzo. Tutti
erano buoni con me, vivevo nel convento e non avevo visto niente ancora perché
nessuna ragazzina è soggetta al Prete Cattolico Romano prima dei 21 anni d'età.
Questo nuovo voto viene tenuto nascosto alle sorelline finché non hanno preso il
velo nero, e allora è già troppo tardi. Non hanno la chiave di quelle doppie
porte, e non c'è modo di uscirne. I preti in tutti i Paesi dicono che le
sorelle, o piuttosto le suore, possono uscire dai conventi quando vogliono. Io
ho passato 22 anni lì dentro. Ho tentato in ogni modo di uscirne. Ho portato con
me cucchiai nei sotterranei cercando di scavare nella terra, perché non c'è
pavimentazione in quei posti, ma non sono mai riuscita a scavare abbastanza da
uscire dal convento, dato che un cucchiaio era l'unico strumento a mia
disposizione. Infatti quando usavamo le vanghe, per dei duri lavori che dovevamo
fare, eravamo tenute d'occhio da due suore anziane affinché non usassimo quelle
vanghe per scavare una via d'uscita. E comunque non saremmo andate molto lontane
perché i conventi sono costruiti in modo che le sorelline NON possano scappare.
Questo è l'obiettivo che si sono prefissi nel realizzarli, e non c'è alcuna via
d'uscita se Dio non ne crea una. Ma credo che Dio stia preparando una strada per
molte ragazze che riescono ad uscire dal convento.
Un nuovo tipo di voto
Quando giunse il tempo -
avevo 18 anni, credo, quando la madre superiora cominciò a parlarmi - desiderai
di vedere oltre il mio velo bianco. Volevo essere una giovane sorella infermiera
per la Chiesa Romana; ma la madre superiora si accorse della mia persistenza. Un
giorno ella mi chiamò nel suo ufficio e cominciò a dirmi: "Charlotte, hai un
corpo vigoroso. Credo che tu abbia buone possibilità di diventare una buona
suora, una suora di clausura. Credo che tu sia il tipo di persona che è disposta
ad abbandonare la propria casa, la madre e il padre, abbandonare tutti quelli
che ami nel mondo, e il mondo intero (per così dire) e nasconderti dietro le
porte del convento, perché credo che tu sia il tipo che vorrebbe trovare riparo
qui dentro e sacrificarsi a vivere in estrema povertà in modo da poter pregare
per l'umanità perduta".
Ella disse, "Credo che tu
sia il tipo di persona che è disposta a soffrire".
A noi suore veniva
insegnato a credere che se soffriamo per i nostri amati e i nostri amati sono
già nel purgatorio del prete saranno liberati prima grazie alle nostre
sofferenze. Lei sapeva già che io ero disposta a questo. Non mormoravo. Non mi
lamentavo. Lei sapeva tutto ciò e osservava la mia vita, e per questo motivo
cominciò a parlarmi del velo nero. E ovviamente, io non sapevo molto sulle
monache di clausura. Non conoscevo la loro vita. Non sapevo dove vivevano. Non
sapevo cosa fanno.
Oggi, viaggio in molti luoghi, e sento dirmi da tanti Cattolici Romani: "Sono
stato in così tanti conventi, so tutto di loro". Ma sapete che i Cattolici
Romani sono autorizzati a mentire senza dover confessare la bugia detta, quando
si tratta di una menzogna detta per proteggere la loro fede? Essi possono
raccontarvi qualunque bugia per proteggere la loro fede e non dover per questo
andare mai al confessionale. E possono fare di peggio. Possono per lo stesso
motivo rubare fino a 40 dollari senza doverlo dire al prete. Non sono tenuti a
confessare il loro furto. Questo è ciò che gli viene insegnato. Ogni Cattolico
Romano lo sa, e sareste inorriditi se sapeste quanti Cattolici Romani fanno
queste cose. Ho avuto a che fare con centinaia e centinaia di loro. Allora li ho
visti gettarsi davanti all'altare e implorare Dio di salvarli. Quando Dio
convince di peccato i loro cuori, essi vogliono abbandonare quei comportamenti.
Ma fintanto che sono Cattolici Romani, gli sono permessi. È questa la cosa più
triste. Non possono conoscere Dio perché Dio non condona il peccato. Non importa
chi voi siate. Non credo che Dio condoni il peccato e non credo che Egli lo
condoni ai Cattolici Romani, sebbene essi vengano accecati e condotti
all'inferno dai loro insegnanti. Ho vissuto in convento, e so come vivono queste
persone e cosa fanno.
Dicevo, venne il giorno.
La madre superiora mi disse: "Charlotte, devi essere disposta a spandere il tuo
sangue come Gesù ha versato il suo al Calvario". Ella disse: "Devi essere pronta
a fare penitenza, grande penitenza". Disse ancora: "Devi essere disposta a
vivere in grande povertà".
Stavo già vivendo un po'
nella povertà, ma pensavo che quello che mi stavano proponendo mi avrebbe resa
più santa e mi avrebbe avvicinata a Dio e avrebbe fatto di me una suora
migliore. E così mi dissi disposta a vivere in quella povertà. Allora, quella
stessa mattina, la madre superiora mi disse cosa avrei dovuto indossare. Ella
disse: "Passerai nove ore in una bara", e mi spiegò diverse cose. Questo era
tutto ciò che sapevo e non lo vidi in pratica fino a quando non presi il velo
bianco. Avevo 21 anni. Ma 60 giorni prima di aver compiuto 21 anni, dovetti
firmare alcuni documenti che mi avevano messo davanti. Si trattava di questo:
dovevo attestare di voler rifiutare qualsiasi eredità mi spettasse dopo la morte
della mia famiglia, e assegnare tutto alla Chiesa Cattolica Romana.
Spesso mi dico che i preti Cattolici Romani adescano le ragazze non per la loro
formazione, non per il loro vigore, non per la loro intelligenza, non per la
loro forte volontà, ma adescano quelle ragazze i cui genitori hanno delle
proprietà e sono a loro agio con le cose materiali di questa vita. Perché?
Perché quando quella giovane entra in convento, essi tengono per sé una parte
dei suoi soldi, dei soldi di suo padre, e spesso dico che anche la salvezza
nella Chiesa Cattolica Romana ti costerà un mucchio di soldi. Più di quanto
potrai mai sapere. A loro non importa di fare del commercio su quei ragazzi o
sottrarre l'eredità che sarebbe spettata loro.
E così, quella mattina
stessa dissi alla madre superiora: "Vorrei prendermi del tempo per pensarci
sopra". Non me lo fece fare lei, né nessun altro, ma dopo un paio d'anni un
giorno andai da lei e dissi: "Desidero nascondermi dietro le porte del convento
perché credo che così potrei dare di più del mio tempo a Dio. Potrei pregare di
più".
Nove ore in una bara
Credevo di essere in una
posizione di potermi infliggere più dolore perché ci insegnavano a credere che
Dio ci sorride dal cielo quando facciamo delle penitenze, di qualunque
sofferenza si
tratti. E io pensavo che
fosse vero. Spesso dico: "se solo guardi nel cuore di quelle piccole suore, se
sei un Cristiano griderai immediatamente a Dio per loro, perché Egli le salvi".
Ai miei occhi, esse sono pagane. Non fa alcuna differenza la quantità di
educazione ricevuta. Sono ancora pagane. Non conoscono nulla di Cristo, non
sanno niente della salvezza. E vivono come eremiti nel loro convento.
Quella mattina percorsi
nuovamente il corridoio... Sebbene io non possa entrare mai sufficientemente in
dettaglio da farvi capire appieno la situazione, quella mattina percorrevo il
corridoio, ma stavolta non avevo l'abito da sposa. Avevo un velo da funerale.
Era fatto di velluto rosso scuro ed era lungo fino a terra. Camminavo, e sapevo
quello che stavo facendo. La bara era già stata costruita dalle suore del
convento usando delle tavole molto rozze. Si trovava proprio lì e sapevo che
avrei dovuto entrarci, stendermi lì dentro e restarci per nove ore. Due piccole
suore venivano a coprirmi con un pesante drappo nero talmente incensato da farmi
quasi soffocare a morte. E io dovevo restare lì. Sapevo che quando sarei uscita
dalla bara non avrei potuto mai più lasciare il convento. Non avrei mai più
visto mia madre e mio padre. Non sarei mai più potuta andare a casa. Avrei
dovuto vivere per sempre dietro le porte del convento e quando sarei morta mi
avrebbero sepolto lì. Me lo avevano detto prima, quindi sapevo a cosa andavo
incontro. È un gran prezzo da pagare, solo per scoprire poi che i conventi non
sono ordini religiosi come ci avevano insegnato durante l'addestramento. È una
vera delusione per una giovane che ha desiderato di dare la sua vita a Dio, ed è
stata pronta a lasciare ogni cosa e a sacrificare così tanto. Vi assicuro, fu
una vera delusione. Così passai nove ore lì dentro. Vi chiederete: "Cosa hai
fatto mentre giacevi in quella bara?"
Ricordando a casa
Cosa pensate che io abbia
fatto? Ho versato ogni lacrima che avevo. Ho ricordato ogni cosa amorevole che
mia mamma aveva fatto per me. Ho ricordato la sua voce. Ho ricordato quando ci
riunivamo attorno al tavolo. Ho ricordato le volte in cui lei pregava con noi.
Ho ricordato le cose che mi diceva. Ho ricordato che cuoca meravigliosa era lei.
Ricordai tutto ciò che avevo fatto da ragazzina cresciuta in quella casa.
Giacendo in quella bara, sapendo che non avrei mai più ascoltato la sua voce e
non avrei mai più visto il suo volto. Non avrei mai più goduto dei bei momenti
insieme a lei. Sapevo tutto questo e così passai quelle ore versando tutte le
lacrime che avevo, per il dolore e per la nostalgia. Sapevo che avrei voluto
rivedere mia mamma un giorno, ma avevo acconsentito a rinunciare a tutto. Per
quale motivo? Per amore di Dio, credevo. Così sapevo. E vi assicuro che furono
nove lunghe ore. Riuscii a farmi animo pensando: "Charlotte, diventerai una
delle migliori suore Carmelitane!" Per tutto quello che ho fatto, anche ora che
non sono più in convento, cerco di dare il meglio di me. Cerco di dare tutto ciò
che ho indipendentemente da quello che posso fare. E così facevo anche in
convento. Davo il meglio che avevo. E volevo essere la migliore suora possibile.
La madre superiora lo sapeva e, siatene certi, lo sapevano bene anche i preti.
Firma con il sangue
Mi resi conto che, una
volta uscita dalla bara, mi avrebbero indirizzato verso una stanza lì vicino. La
chiamavamo la stanza della madre superiora. Non ero mai stata lì, quindi non
sapevo cosa contenesse. Ma quando vi entrai, questa volta la madre superiora mi
fece sedere su una dura sedia, schiena diritta, e immediatamente dovetti fare i
tre voti di povertà, castità, e obbedienza. E mentre facevo quei voti, mi forò
il lobo di un orecchio per prelevare il mio sangue, con il quale avrei dovuto
firmare i tre voti. Il voto di povertà consisteva nel vivere in estrema povertà
tutta la mia vita. Noi suore iniziate non sapevamo com'era quella povertà. Il
voto successivo, quello della castità, immagino che sappiate cosa significa. Mi
era stato insegnato a credere che ero sposata a Gesù Cristo. Ero sua moglie.
Avrei dovuto rimanere per sempre vergine. Non mi sarei mai dovuta più sposare
legalmente in questo mondo perché ero diventata la sposa o la moglie di Gesù
Cristo. Dopo che il vescovo mi ebbe sposata a Cristo, mise l'anello al mio dito
come sigillo dell'unione con Cristo. Ero sposata, e lo accettavo perché così mi
era stato insegnato. E stavo prendendo il voto di castità per rimanere per
sempre vergine a motivo del fatto che ero la moglie di Cristo.
Vi prego di ascoltarmi con attenzione. Era giunto il momento del mio ultimo
voto, quello dell'obbedienza. Quando firmavamo quel voto, vi assicuro che
sapevamo già cosa significava obbedienza. Vivevamo secondo un patto che
richiedeva obbedienza assoluta. Non sorvolavano su niente, neppure per due
minuti. Non potevi farla franca. Dovevi realizzare il significato
dell'obbedienza e loro ti imponevano di impararlo, ed eri saggia ad imparare in
fretta e ad obbedire e a dare loro obbedienza cieca.
Dunque, cosa significava
accettare quei voti in quel modo? Ve lo spiego. Significa più di quanto potrete
mai sapere, perché la maggior parte delle persone che conosco sanno ben poco
sull'obbedienza. In un certo senso lo sanno, ma vi assicuro che non saprete mai
cosa significa per una suora l'obbedienza che le impongono, se non vivete voi
stessi in convento. Dicevo, quel voto in particolare, che firmai col mio stesso
sangue, mi fece qualcosa, in quanto con quelle firme avevo appena rinunciato a
tutto quello che avevo: ai miei diritti umani. Ero un essere umano meccanico
ora. Non potevo sedermi se loro non me lo dicevano. Non dovevo osare alzarmi se
loro non me lo permettevano. Non potevo stendermi o alzarmi se non me lo
dicevano loro. Non potevo mangiare finché non me lo dicevano loro. E se vedevo
qualcosa, non l'avevo visto. Se sentivo qualcosa, non l'avevo sentito. Se
provavo qualcosa, non l'avevo provato. Ero un burattino nelle loro mani, ma non
me ne resi conto prima di aver firmato quei tre voti. Allora realizzai: "Ecco
cosa sono, un essere umano meccanico". E naturalmente ora appartenevo a Roma,
era fin troppo chiaro.
Dopo quei voti diventavamo
donne dimenticate nel convento. Tra pochissimo capirete di cosa sto parlando.
Ora, subito dopo i voti, la madre superiora mi diede - anzi, mi tolse, il mio
nome e mi diede quello di un santo patrono. E mi insegnò a credere che qualunque
cosa sarebbe accaduta nel convento, avrei potuto rivolgere le mie preghiere a
quella santa e lei avrebbe interceduto per me e avrebbe portato lei le mie
preghiere a Dio perché io non ero abbastanza santa per stare alla presenza di
Dio. Non c'è da meravigliarsi che le care piccole suore non possano mai
avvicinarsi abbastanza a Dio. Ci insegnavano sempre che non eravamo abbastanza
sante per stare alla Sua presenza e dovevamo passare tramite qualche santo per
far arrivare la nostra preghiera a Dio. E noi gli credevamo perché non sapevamo
come stavano realmente le cose. Così, ora, ogni riferimento a chi fosse
Charlotte era sparito. Mi era stato strappato, e se foste entrati nel convento e
mi aveste chiamato con il mio nome di battesimo, vi avrebbero detto che non
c'era nessuno lì con quel nome. Non esisto più, anche se sono qui proprio ora,
perché sto scrivendo sotto uno pseudonimo.
La madre superiora mi
tagliò tutti i capelli, e quando tagliava usava la macchinetta. Intendo dire che
non rimaneva nulla. Non avevo più capelli in testa. E naturalmente se voi foste
stati nei panni delle suore, sapreste per quale motivo esse portano quei pesanti
copricapi in testa - perché è scomodo avere dei capelli ed è scomodo doversi
prendere cura dei propri capelli. Non c'è modo di prendersene cura in convento.
Non esistono pettini in convento. Potete immaginare quanto duro sia per loro
prendersi cura di una testa coperta di capelli. Ma non serve più pettinarli una
volta che li hanno rimossi tutti. Dunque, questo era il mio velo nero, i miei
voti perpetui, come li chiameremo. Ero lì e sarei rimasta lì.
Fino a quel tempo, una
volta al mese ricevevo una lettera dalla mia famiglia e scrivevo una lettera di
risposta dal convento, sebbene quando la scrivevo non avevo dubbi che avrebbero
cancellato gran parte di essa; infatti, quando ricevevo le lettere dalla mia
famiglia erano state talmente coperte di nero da renderle incomprensibili, e io
piangevo addolorata su quelle cancellazioni fatte con dei tratti neri. Mi
chiedevo cosa stesse cercando di dirmi mia madre. Ma non avrei mai potuto
saperlo a causa di quella censura. E così ti spezzavano il cuore molte, molte
volte e ti sentivi sola perché comunque non avevi amici nel convento. Vi
assicuro, anche se c'erano 180 persone nella mia ala del convento, neppure una
di quelle suore era mia amica e né potevo esserlo io perché non eravamo
autorizzate ad essere amiche nel convento. Eravamo tutti come dei poliziotti o
dei detective che si sorvegliavano a vicenda. E la piccola suora che ha qualcosa
da dire sull'altra suora, viene guardata di buon occhio dalla madre superiora.
Allora la madre superiora insegna alla suora a credere che quando è ben vista da
lei, è ben vista da Dio stesso. Così, ovviamente, la piccola suora vuole essere
in quello stato di grazia e comincia a dire tante cose, anche non vere, sulle
sue consorelle.
Ora, dopo tutti quegli
avvenimenti, ogni cosa che avevo mi era stata tolta. Avevo, per così dire,
venduto la mia anima per quel caos di minestrone teologico. Noi suore non
eravamo distrutte solo nei nostri corpi. Molte di noi lo erano nella mente. E
per molte di noi, morire in convento significava aver perso l'anima. È una
situazione così seria che bramo le vostre preghiere per quelle piccole suore
recluse dietro le porte dei conventi.
Esse non hanno mai ascoltato il Vangelo. Non hanno mai conosciuto il Cristo che
voi credenti conoscete. Non Lo pregheranno mai come voi Lo pregate. Non
sentiranno mai la Sua benedizione come voi la sentite. E per questo, ricordatele
nei vostri cuori e pregate Iddio per loro. Hanno un grande bisogno di preghiera.
Un assalto oltraggioso
Dunque, nell'entrare nella
stanza, dopo aver preso i voti, non sapevo cosa sarebbe accaduto nell'altra
stanza. Sapevo di aver preso il voto di castità, e che non dovevo più sposarmi
nel mondo perché ero sposa di Cristo. Allora, dopo questo, la madre superiora mi
condusse in un'altra stanza, o anzi, aprì la porta e mi disse di entrarvi. E lì,
vidi qualcosa che non avevo mai visto prima. Vidi un prete Cattolico Romano
abbigliato in abiti sacri. Si diresse verso di me e mi bloccò un braccio con il
suo braccio, cosa che non aveva mai fatto durante la prima parte della mia vita
in convento. Non ero mai stata insultata da un prete in alcun modo. Non erano
mai stati neppure sgarbati con me nel primo periodo in convento. Ma ora era qui,
e non capivo cosa intendesse fare e non sapevo che cosa voleva da me. Allora,
tirai indietro il mio braccio perché mi sentii enormemente insultata, e gli
dissi: "Si vergogni!"
Ciò lo rese molto adirato per un minuto, dopodiché la madre superiora doveva
aver sentito la mia voce, perché entrò e disse: "Oh", (e mi chiamò con il mio
nome da suora), "dopo che sarai stata per un po' nel convento non la penserai
più così. Il resto di noi faceva come te all'inizio, ma sai, il corpo del prete
è santificato, e quindi non è peccato donare ai preti i nostri corpi".
In altre parole, essi
insegnano questo a ogni piccola suora: come lo Spirito Santo fece nascere Gesù
Cristo dal grembo di Maria, così il prete è [equiparato allo] Spirito Santo e
quindi non è un peccato portare in grembo i suoi figli. E, consentitemi di
dirvelo, è proprio per questo che sono entrati in convento. Per nessun'altra
ragione al mondo i preti entrano in convento se non per violare queste preziose
ragazze derubandole della loro virtù. Ve lo assicuro, più avanti parlerò di cosa
fanno realmente dopo aver fatto certi particolari affari.
Ma posso dire che ora ogni ponte era stato bruciato. Non c'era modo di tornare
indietro. Non potevo uscire dal convento nonostante le mie suppliche. Oh, quando
implorai quel prete! "Mandate a chiamare mio padre, voglio tornare a casa! Non
voglio andare oltre". Ed è allora che ti accorgi di essere sola. Non sai a chi
rivolgerti, sei vittima delle circostanze, e vivrai nel convento perché non c'è
modo di uscirne. Vi assicuro che se Dio non avesse provveduto una via per farmi
uscire da lì, sarei rimasta in quel convento.
Dopo questo, la mia
corrispondenza fu interrotta. Non mi fecero più avere lettere dalla mia
famiglia. Neppure una. Appartenevo al Papa. Appartenevo a Roma. E allora, dopo
tutto questo, la madre superiora e i voti, il prete mi invitò ad andare nella
camera delle nozze. Direte: "Ci sei andata?" No. Decisamente no. Non ero entrata
in convento per essere una prostituta. Sarebbe stato molto più facile vivere
fuori dal convento se volevo essere una donna empia. Non avevo preso il velo ed
ero vissuta in povertà e avevo subito e sofferto per poi essere una donna empia.
Nessuna ragazza lo farebbe; sarebbe ben più facile stare fuori dal convento e
vivere da peccatrice, ma io ero andata lì per dare la mia vita e il mio cuore a
Dio e quello era l'unico scopo che mi ero prefissa nell'andare in convento. Ed
ora ecco il prete, e ovviamente io non andai nella camera con lui. Avevo un
corpo vigoroso allora. Uno di noi due si sarebbe fatto male perché avrei
combattuto all'ultimo sangue. Comunque si adirarono moltissimo perché io non
avevo acconsentito a concedere il mio corpo al prete.
Dovere funebre, una regola infranta, punizione nelle segrete
Ora dovevo fare penitenza
il mattino seguente e sarebbe stata una dura penitenza a causa di quello che
avevo fatto. Quando, il mattino seguente, la madre superiora disse: "Andiamo a
fare penitenza", stavo ricevendo l'iniziazione come suora Carmelitana. E ricordo
quando mi fece scendere in un luogo buio. Ricordo che prima del velo nero ero
vissuta al primo piano. Dopo il velo nero, mi fecero andare a vivere al piano
sottoterra. E vissi lì, nel sottosuolo, finché Dio non mi liberò da loro. Ormai
non vivevo più nei piani superiori dell'edificio.
Quando entrammo in quel
luogo buio, era molto freddo e tenebroso. E quando vi entrammo venivamo da un
punto indistinto alle nostre spalle e procedevamo accanto alla madre superiora,
finché vedemmo delle piccole candele accese. Ovunque nel convento si trovavano
le sette candele accese. E quando mi avvicinai e vidi le candele ma non vedevo
altro mi chiesi: "Cosa vuole farmi?" Questo era il pensiero nei nostri cuori e
non potevamo scacciarlo perché avevamo paura.
Quando mi avvicinai un
altro po' vidi qualcosa su una tavola. Non potete immaginare la sorpresa quando
mi avvicinai e mi accorsi che si trattava di una giovane suora. Era lì, e vidi
le fiamme delle candele proiettare una luce tremolante sul suo volto, mentre
realizzavo: "Questa ragazzina è morta!"
E, oh, quanto volevo poter chiedere, "Com'è morta? Perché è qui? Da quanto tempo
la tenete qui sotto?" Ma, come ricorderete, avevo rinunciato a ogni diritto
umano e così non potevo dire una sola parola, ma continuai a guardare. E la
madre superiora mi disse: "Veglia su questo cadavere per un'ora". E alla fine di
quell'ora una piccola campanella suonava e un'altra suora veniva a prendere il
mio posto.
Mi era stato detto di camminare davanti a quel piccolo corpo ogni tanto, e di
spruzzare acqua santa e cenere su quel corpo dicendo: "Pace a te". E io feci
esattamente così. Oh, fu una sensazione terribile. Non ho paura dei morti. È dai
vivi che bisogna guardarsi. E non avevo paura della piccola suora morta, ma, oh,
quanto soffriva il mio cuore per lei. E quando la campanella suonò e io capii
che la mia ora di veglia era terminata, la suora venuta a sostituirmi giunse in
punta di piedi. Nessun rumore, infatti, è consentito in convento, e nessuno ti
parla, ti toccano soltanto. E, naturalmente, essendo stata lì sotto con quella
piccola suora morta ero piena di terrore. Così, quando la suora venne e mi toccò
la spalla, lanciai un grido, un terribile grido di paura, pura paura. Non volevo
farlo. Non infransi le regole volontariamente, ero soltanto spaventata.
Immediatamente, dovetti
seguire la madre superiora e fu allora che appresi per la prima volta delle
prigioni sotterranee, le segrete. Non mi avevano detto che esistevano delle
segrete sotto il convento. Ella mi mise in quel luogo sporco e buio senza
pavimentazione per tre giorni e tre notti. E non mi diede né cibo né acqua, e vi
assicuro, non gridai più. Cercai con tutte le mie forze di non infrangere più
quelle regole, perché sapevo che c'erano le prigioni sotterranee, e non volevo
finirci. Non era affatto un bel posto; solo dopo che ci sei stata puoi capire
che cosa significa esserci rinchiusa.
E voglio dire questo prima
di andare avanti: il Papato è il capolavoro di Satana. È il capolavoro di Satana
con le sue meraviglie bugiarde e le sue tradizioni e i suoi inganni. È una cosa
orribile quando ne vieni a conoscenza.
Così, dicevo, scesi giù e
lei mi fece entrare in quella stanza e mi fece guardare quella ragazzina, e con
quello una penitenza era compiuta. Ora il mattino seguente mi disse di nuovo:
"Charlotte, dovrai fare penitenza" (cioè, non il mattino successivo, fu tre
giorni dopo perché avevo passato tre giorni e tre notti nei sotterranei). Così
il quarto, il quinto mattino, ella diceva sempre: "Dovrai fare penitenza".
Mi condusse giù in
un'altra stanza; non la stessa. E quando scendemmo questa volta vidi un grande
pezzo di legno ma non sapevo cosa fosse. Quando giunsi più vicina vidi che era
una croce. Era fatta di legno massiccio, ed era alta approssimativamente tra i
due metri e mezzo e i tre metri. Era molto pesante. Quella croce era appoggiata
su un piano inclinato. La madre superiora mi fece andare ai piedi della croce e
poi mi disse: "Ora spogliati". Mi spogliai fino alla vita. Poi lei mi fece
piegare intorno alla parte bassa della croce, e mi tirò le mani sotto la croce e
le legò ai miei piedi. Era lì che avrei dovuto spargere il mio sangue. Lei non
mi aveva detto come, né io potevo chiederglielo. La madre superiora si volse
alle due piccole suore che erano venute con lei, e diede loro una frusta da
flagellazione. Era composta da una lunga pertica di bambù alla quale erano
attaccate sei lunghe cinghie. Alla fine di ciascuna cinghia era attaccato un
pezzo di metallo affilato. Quelle piccole suore, ricevuti questi strumenti, si
piazzarono ai due lati della croce, e cominciarono a fustigarmi. Quando il
metallo colpiva il mio corpo rompeva la pelle e la carne, e ne usciva sangue,
che scorreva giù a terra. Quella era la mia flagellazione, dove io avrei versato
il mio sangue come Gesù lo versò al Calvario. E naturalmente ogni ferita mi
faceva male! Era molto doloroso.
Dopo la fustigazione, non
mi lavarono. Mi rimisero addosso gli abiti e mi fecero andare a riposare. Quando
giunse la notte ed entrai nella mia cella, oh, non potei dormire quella notte.
Non avevo alcuna voglia di dormire, perché non ero riuscita a togliermi da dosso
i vestiti. Avevano asciugato le mie ferite attaccandosi, fu terribile. Non potei
toglierli per diverse notti. E vi assicuro che quando veniva l'ora di mangiare
non riuscivo a prendere la solita tazza di caffè nero.
Nove giorni di penitenza
Al mattino ci davano una
tazza di caffè nero che servivano in una tazza di latta; non potevamo avere né
latte né zucchero di alcun tipo, ma ci davano un pezzo di pane, fatto dalle
suore del convento. Lo pesavano loro. Pesava quattro once (113 grammi). Questo è
tutto quello che ci davano per colazione. Nel pomeriggio, ci davano una scodella
di minestra di vegetali cotti, senza condimenti di alcun tipo, e mezzo pezzo di
pane; tre volte a settimana ci davano mezzo bicchiere di latte scremato. Questa
era la nostra alimentazione per 365 giorni all'anno. E io cominciai a perdere
peso molto rapidamente, perché non avevo abbastanza cibo da mangiare. Non
conoscevo giorno che non andavo a letto con lo stomaco vuoto. A volte non
riuscivo a dormire per la fame. Il dolore mi consumante. Potevi a stento
sopportarlo sapendo che il mattino seguente avresti avuto solo quell'unico pezzo
di pane che non ti avrebbe saziata.
E poi, dovevamo lavorare
duramente tutto il giorno. Vi imploro di pregare per quelle piccole suore, hanno
molto bisogno delle vostre preghiere; voi andrete a dormire con lo stomaco pieno
stanotte e siete a vostro agio ora. Ma vi assicuro che neppure una di loro è a
suo agio. Sono affamate, sono malate, e sono ferite, e angosciate. Sono afflitte
e soffrono la nostalgia e sono scoraggiate e, quello che credo sia peggio, non
hanno alcuna speranza. Nessuna speranza. Tu e io aspettiamo il giorno in cui
vedremo Gesù. Ma loro non hanno alcuna speranza e io spero ardentemente che voi
non dimenticherete di pregare per loro. Era terribile, ve lo assicuro.
Poi, un paio di mattine
dopo, la madre superiora mi prese con sé per un'altra iniziazione. E quando
entrai nel luogo della penitenza quella mattina venivamo da una stanza superiore
e scendevamo nel buio. Una parte della strada che attraversammo era un tunnel.
Poi arrivammo in una stanza e superammo una ringhiera. Allora vidi le solite
candele accese e vidi qualcos'altro. C'erano corde che scendevano dal soffitto;
oh, ero così spaventata! Mi chiedevo a cosa servissero quelle corde e cosa
volevano farmi. Dopo le due penitenze, si cominciava ad avere molta paura nel
cuore. Così, non potevo dire nulla e camminavo guardando le corde con grande
angoscia. Cosa stavano facendo con quelle corde appese al soffitto?
La madre superiora allora
mi disse: "Mettiti contro quel muro". Feci come mi aveva detto. Poi mi disse di
alzare i miei pollici e io lo feci. Allora lei tirò una delle corde, alle quali
era attaccata saldamente una fascia di metallo che lei ebbe cura di chiudere
attorno all'articolazione del mio pollice. Poi tirò un'altra corda, e la attaccò
allo stesso modo all'altro pollice. Io ero lì, con la faccia rivolta al muro. La
madre superiora cominciò ad avvolgere qualcosa, e io cominciai a muovermi! Mi
stava tirando su, e quando rimasi in punta di piedi, quando solo le dita dei
miei piedi potevano toccare il terreno, si fermò. Ero lì, appesa. E tutto il
peso del mio corpo gravava sui miei pollici legati alle corde e sulle dita dei
miei piedi. Non dovevo dire una parola. Nessuno fiatava. Lei uscì dalla stanza e
chiuse a chiave la porta. Sapete cosa significa essere sistemata in quel modo e
sentire chiudere a chiave la porta? Solo una suora può saperlo. E quando quella
donna uscì dalla stanza non sapevo quanto a lungo sarei rimasta lì, quanto tempo
mi avrebbe lasciato in quelle condizioni. Nessuno venne a darmi del cibo. Non mi
portarono acqua. E io pensai: "È così? Morirò così, qui dentro?".
E nel giro di qualche ora,
potete immaginare che i miei muscoli cominciarono a farmi un male lancinante.
Stavo soffrendo. E quella donna mi lasciava appesa. Nessuno si avvicinava. A che
mi sarebbe servito gridare? Potevi versare tutte le lacrime che avevi in corpo.
Nessuno poteva sentirti. A nessuno importava quante lacrime versavi. E così io
ero sola appesa lì. E infine mi sembrò di non farcela più. "Morirò senz'altro",
pensai, "se non vengono a prendermi e a portarmi fuori di qui in fretta!". E mi
sentii come se stessi cominciando a gonfiarmi.
Io non so quanto tempo
passò prima che la madre superiora aprisse la porta una mattina e mi fece avere
qualcosa da mangiare e dell'acqua, in un tegame. Il cibo consisteva in patate,
che però non erano più commestibili. C'era uno scaffale lungo il muro, che
alzavano in base all'altezza della suora. Tramite quello, ebbi il tegame con il
cibo e l'acqua. Ella lo mise lì sopra e disse: "Questo è il tuo cibo". E se ne
andò.
Come avrei dovuto fare a
prendere quel cibo? La madre superiora non mi aveva liberato le mani. Ma questa
era la lezione che dovevo imparare. Avevo fame, ed ero così assetata che mi
sembrava di impazzire. Vidi che se riuscivo ad alzare di più una mano e la
relativa corda, l'altra scendeva un po'. E se riuscivo a piegarmi, l'altra corda
saliva. Per prendere un po' di quell'acqua e di quel cibo dovetti fare come i
cani e i gatti. Bevvi leccando l'acqua più che potevo perché ero assetata. E per
prendere quelle patate? Mi sforzai il più possibile di raggiungerle perché ero
affamata. Intendo affamata davvero! E mangiai tutto quello che riuscii a
raggiungere. Ma ero ancora affamata. Questo fu il modo in cui mi diedero da
mangiare per un certo tempo. Mi lasciarono appesa per nove giorni interi. Restai
appesa in quella posizione per tutto quel tempo e a un certo punto cominciai a
gonfiarmi qui (e naturalmente potevo vedere le zone che si erano gonfiate).
Sentivo come se i miei occhi mi stessero uscendo dalle orbite. Sentivo come se
le braccia si fossero staccate. Vedevo che erano raddoppiate o triplicate di
volume. Sentivo che anche il resto del mio corpo era in quelle condizioni e mi
sentivo come un pallone. Ero in atroci sofferenze.
E quando il nono giorno la
madre superiora venne e staccò le corde dalle mie dita, mi stesi al suolo. Non
potevo camminare. Vi assicuro che mi era impossibile. Fu così per un lungo
tempo. Due piccole suore mi portarono via. Una mi prese all'altezza dei piedi,
l'altra alle spalle, e mi portarono in infermeria dove mi stesero su una lastra
di legno, dove tagliarono i miei vestiti per staccarli dal mio corpo. E
permettetemi di dirvelo subito, solo Dio sa che cosa passai! Ero coperta di
parassiti e di sporcizia. Mi avevano lasciata appesa lì nella mia sporcizia
umana. Non c'erano sistemi per lavarsi nella camera di penitenza. Proprio dietro
di me c'era un gabinetto nel quale scorreva acqua, e nella tavoletta, che era
abbassata, avevano infilato dei chiodi affilati. Se avessi spezzato le corde e
ci fossi caduta sopra, avrei sofferto terribilmente! E questa è la vita delle
piccole suore dietro le porte dei conventi dopo che ci hanno già ingannate e
disilluse; questa è la vita che vivono e queste sono le cose che sono costrette
a fare. E vi assicuro che non c'è proprio niente da ridere.
Routine quotidiana
Ricordo che quando vivevo
in convento, la mattina dovevamo essere fuori dal letto alle 4:30. Quando la
madre superiora suonava una campana sapevamo che avevamo solo cinque minuti per
vestirci, e non è come avere mezz'ora. Farai bene a vestirti in quei cinque
minuti! Una volta non feci in tempo e fui punita severamente, e potete
immaginare che da allora non sbagliai più per tutti gli anni che rimasi in
convento. Quando finivamo di vestirci, dovevamo cominciare a marciare. Andavamo
dalla madre superiora e ogni mattina lei ci assegnava un compito. Poteva
trattarsi di strofinare. Poteva trattarsi di stirare. Poteva trattarsi di
lavare. Poteva trattarsi di fare qualche duro lavoro. Ma durava un'ora,
dopodiché ci riunivamo attorno alla tavola, dove trovavamo la nostra tazza di
caffè e la nostra fetta di pane.
Allora, cominciava il duro
lavoro. C'erano, credo, dodici vasche nel convento in cui vivevo, e noi lavavamo
usando i vecchi assi per lavare. Avevamo i vecchi ferri da stiro che si
riscaldano sul fornello. E sapete, non sarebbe stato molto difficile se avessimo
avuto solo i nostri vestiti da lavare e stirare; ma i preti portavano grandi
pacchi di vestiti, perché li ottengono gratuitamente. E noi dovevamo lavare e
stirare prima tutti quelli, e poi i nostri. Il lavoro era molto, molto pesante,
e le suore non avevano la forza di farlo perché non avevano abbastanza cibo da
mangiare, cibo per tenere insieme il corpo, la mente, e l'anima. E quelle
piccole sorelle vivono in queste circostanze. Eravamo donne senza una patria, e
intendo esattamente quello che ho detto; donne senza una patria. Appartenevamo
al Papa. Tutto ciò che volevano infliggere al mio corpo, potevano farlo. E per
quanto potessi gridare, non faceva alcuna differenza, perché nessuno mi avrebbe
ascoltata, e non era per nulla contemplato che io potessi lasciare il convento.
Il piano è farci morire lì dentro e seppellirci lì.
Chiunque di voi può andare
in un convento dell'ordine aperto o in un convento chiuso, nel parlatorio, e c'è
una cappella esterna dove si può entrare. Ma non entri e vaghi in giro per il
convento cercando qualche posto da visitare, perché potresti vedere qualcosa che
non ti aspetti. Se ci vai, porta con te del cibo per le ragazze che vi sono
rinchiuse, e fai bene attenzione con chi ti trovi a parlare. Se ci vai, e
raggiungi la parte anteriore dell'edificio, vedrai una campana; ecco cosa dovrai
fare: premi il bottone che c'è lì vicino e si aprirà una porta. Vedrai degli
scaffali, solitamente tre, dove potrai mettere il cibo che hai portato per
qualcuno che conosci in quel convento. Magari sei una madre che è andata a fare
visita a sua figlia. Così, quando quella campana suona, la madre superiora
viene, dietro un grande cancello di ferro nero. Non puoi andare lì dietro, e ci
sono pesanti drappi neri che impediscono di vedere la madre superiora, però lei
ti parlerà attraverso il velo nero. Potresti dirle: "Ho portato dei dolci fatti
in casa per mia figlia" e potresti chiedere alla madre superiora di parlare con
la giovane suora. Non potrai vederla, ma potrai parlarle.
La madre superiora
chiamerà la ragazzina, che verrà da quella parte del velo, quindi non potrai
vederla. Se chiederai alla ragazzina: "Cara, sei felice qui?", la piccola suora
risponderà: "Mamma, sono molto felice".
Ti chiederai: "Perché ha
detto così?". Tu non sai che la madre superiora sta lì dietro insieme alla
ragazza, e quando il genitore se ne va, se la ragazza ha osato dire troppo,
allora Dio solo sa cosa le farà la madre superiora. Così sono obbligate a
mentire ai propri genitori. E così, ad esempio, se le chiederai: "Hai abbastanza
da mangiare?", la piccola suora ti risponderà: "Abbiamo cibo in abbondanza".
Sappiate allora che quella mamma andrà a casa sua, e preparerà un pranzo
meraviglioso per il resto della famiglia, ma se solo potesse vedere dentro il
convento e vedere la nostra tavola, e vedere cosa fanno mangiare alla sua
figlioletta, e se potesse guardarla negli occhi dopo che è stata chiusa lì
dentro per quattro anni, vedrebbe solo degli occhi infossati nel cranio.
Vedrebbe che il piccolo corpo della ragazzina si sta deperendo. Quel genitore
sappia che non riuscirà mai più a mangiare un pranzo a casa sua. Mai più. Non
riusciresti più a goderti un altro pasto se potessi vedere tua figlia dopo
essere stata per un certo periodo chiusa in convento. Ma tutte queste cose,
purtroppo, sono tenute nascoste e così le piccole suore devono accettare ciò che
gli danno.
Il lavoro nella lavanderia
Dunque, ora potevano farci
fare qualunque cosa. La madre superiora e io potevamo essere nella stanza del
bucato, intente a lavare (e vi ho detto in che modo lavavamo). C'era un
pavimento in cemento. E, facendo questo tipo di lavoro, accadeva che dell'acqua
finiva sul pavimento, e magari ci finivamo con i piedi dentro, e allora veniva
la madre superiora; per me vedere la madre superiora era come vedere un leone
affamato lasciato libero. Ero terrorizzata a morte da lei. Ogni volta che vedevo
quella donna qualcuno doveva soffrire e avevamo paura di lei, e lei sapeva che
avevamo paura di lei per la sua crudeltà, il suo cuore era duro come una pietra.
Ed eccola venire. Stavamo
lavando, e quando veniva (la conoscevamo, avvertivamo la sua presenza; prima
ancora di vederla sentivamo i suoi passi in punta di piedi), allora lavavamo
ancora con più foga. Ma quando fissava una di noi, ad esempio me, diceva: "Vieni
qua". E io correvo lì come un fulmine, perché avevo paura. Lei diceva:
"Prostrati a terra e lecca tot croci sul pavimento". Era un pavimento di
cemento! Allora dovevo prostrarmi e fare delle grosse croci leccando quel
pavimento. E lei mi fissava, e se si accorgeva che non mi piaceva quello che
stavo facendo, diceva: "Dieci". Oppure: "Venticinque". E poi, il mattino
seguente poteva ritornare, perché aveva visto dalla mia espressione che non ero
stata felice di quello che mi aveva fatto fare. La mia lingua era dolorante e
sanguinava, ma lei mi faceva leccare nuovamente il pavimento. E facevano lo
stesso per farci strisciare. Ci obbligavano a camminare strisciando, ad esempio
percorrendo il corridoio avanti e indietro così dieci volte.
Noi suore non sapevamo
niente di niente dell'amorevole vangelo di Gesù Cristo. E così dovevamo fare
queste cose. La madre superiora poteva sempre entrare dalla porta della nostra
cella [la piccola camera personale di ciascuna suora]. Nella cella, non c'era
nient'altro che una statua della Madonna, con il bambino Gesù in braccio, un
crocifisso, e un inginocchiatoio. Vi assicuro che nessuno vorrebbe mai mettersi
su quell'inginocchiatoio. Era un asse con due zone inclinate dove mettere le
ginocchia. C'erano dei fili affilati disposti su quell'asse. Poi c'era un altro
asse dove stendere le braccia, e anche lì c'erano quei fili affilati. Dopo
tutto, ci avevano detto che dovevamo soffrire. Dovevamo fare le loro penitenze;
erano parte delle sofferenze che dovevamo fare. Nell'inginocchiarmi, pregavo per
l'umanità perduta e credevo che, come mi avevano insegnato, con la mia
sofferenza, mia nonna sarebbe stata liberata prima dal purgatorio del prete.
Così a volte restavo più a lungo in ginocchio. Era terribile. Non sapevamo come
stavano realmente le cose, così lo facevamo e ci credevamo.
Ed eccoci di nuovo, chiuse
nelle nostre celle. Ogni notte le nostre porte venivano chiuse a chiave, per
impedirci di uscire non solo dal convento, ma anche dalle nostre stanze. A
mezzanotte meno sette minuti (noi andavamo a dormire alle 9:30, quando non c'era
più luce), due piccole suore aprivano di nuovo le nostre porte. Ognuna di noi
allora si alzava, si vestiva completamente, entrava nella cappella interna e lì
pregavamo per un'ora per l'umanità perduta. Non dormivamo molto dunque. Questo è
il motivo. E non ci davano abbastanza cibo e ci facevano lavorare duramente e ci
sottoponevano a terribili sofferenze. Per questo i nostri corpi erano così
rovinati. È per questo che non avevamo forza sufficiente ad andare avanti dopo
essere vissute in convento.
Perdere la religione
Ma voglio dire questo
prima di andare avanti. Io feci quelle cose. Ci era stato insegnato a credere
che nello spargere il nostro sangue (e lo dovevamo fare), nel fustigarci il
corpo, nel tormentarlo e torturarlo in modo da far scorrere il sangue, avremmo
avuto 100 giorni in meno da passare in purgatorio. Avrete capito che non avevamo
alcuna speranza. Quelle piccole suore non aspettavano niente. Dopo aver vissuto
in un convento per dieci anni, realizzavamo che la Vergine Maria è solo un pezzo
di metallo. È una statua. Iniziavamo a realizzare che san Pietro è solo una
statua. Cominciavamo a realizzare che la statua di Gesù è solo un pezzo di
metallo. In altre parole, ci portavano al punto di credere che il nostro Dio è
un dio morto. E vi assicuro che dopo aver vissuto abbastanza tempo in un
convento, non subito, no, ma dopo aver sofferto a sufficienza, dopo esserci
gettate ai piedi di quelle statue e aver versato lacrime su di esse e averle
implorate di intercedere e di portare le nostre preghiere a Dio, ci rendevamo
conto che non ricevevamo alcuna risposta da loro in alcun modo. Un genitore non
avrebbe neppure mai saputo quando saremmo morte. Chi avrebbe pregato per noi per
farci uscire dal purgatorio? O meglio, chi avrebbe comprato la nostra
liberazione dal purgatorio?
No, realizzavamo, dopo
essere state sufficientemente a lungo lì dentro, che non esiste alcun
purgatorio. Ovviamente, tu sai che non esiste, e io so che non esiste, non c'è
alcun purgatorio. L'unico purgatorio che hanno i credenti Cattolici Romani è il
portafogli del prete, e i credenti riempiono i loro portafogli in cambio di
preghiere per i defunti. Nel solo mese di novembre, due anni fa, migliaia e
migliaia di Cattolici Romani versarono un totale di 22 milioni di dollari ai
preti perché dicessero le messe per i loro defunti. È solo per darvi un'idea di
quello che sta accadendo, e ci sono ancora migliaia di madri che si sfiniscono
di lavoro per raggranellare altri cinque dollari da dare al prete per dire una
messa per il parente che è in purgatorio, perché quella madre crede che il
purgatorio esiste.
Nel convento hanno un
dipinto del purgatorio, e non c'è altro in quella stanza tranne quel dipinto.
Ogni venerdì dovevamo camminare davanti a quel quadro. Cosa vedevo? Era come un
gran buco profondo con della gente dentro, e delle fiamme di fuoco avvolgevano
il corpo di quelle persone, che avevano le mani tese in fuori; la madre
superiora allora diceva alle piccole suore: "Fareste meglio ad andare a fare un
altro po' di penitenza sul vostro corpo. Quelle persone vogliono uscire da quel
fuoco".
E poiché le suore sono
essenzialmente pagane, noi facevamo quello che ci dicevano di fare. Magari
andavo in qualche punto del convento e mi ustionavo gravemente il corpo. Oppure
mi torturavo per versare dell'altro sangue, perché - così credevamo - le nostre
sofferenze avrebbero fatto uscire i defunti dal luogo in cui li mette il prete,
cioè il purgatorio. Ci sono milioni di persone, tanto per dire, che sono state
messe in purgatorio dal prete. E il prete sa bene che questa è la più grossa
frode del mondo. Sa che non c'è un briciolo di verità in essa. Dico spesso che
se togliete il purgatorio e la messa alla chiesa Cattolica Romana le avete tolto
nove decimi dei suoi guadagni. Non potrà andare avanti senza di essi, poiché
questa chiesa commercializza e specula, non solo sui vivi, ma sui morti. E così
va sempre più avanti.
I preti
Alla madre superiora non
importa nulla di quelle care ragazze, e, sapete, quando il prete viene in
convento viene come nostro padre-confessore. Una volta al mese andiamo a
confessarci e, non volevamo andare, ma molte volte finivamo sul retro. Non
volevo andarci. Sapevo chi c'era lì; non lo conosco personalmente, ma so per
certo che è un prete. Conosco bene quei preti. Certamente ci ho avuto a che fare
a sufficienza. Ci ho vissuto fin troppo. Ho avuto qualche contatto con ciascuno
di loro singolarmente. E vi assicuro che non mi fido di nessuno di quelli che
sono in convento. Naturalmente, non sto parlando di tutti i preti in assoluto.
Non posso conoscerli tutti. Ma in base alla mia esperienza nel convento in cui
ho vissuto, so qualcosa di cosa accade in quella stanza.
Dunque, sapevamo di dover andare alla confessione quel giorno. Sarebbe potuta
durare anche tutto il giorno. Ed ecco, non ho mai visto un prete Cattolico
Romano venire nel convento in cui ero senza una bottiglia di liquore sotto la
cintola. E vi dico, che si tratti di un uomo o di una donna, chiunque tu sia,
quando porti una bottiglia di liquore con te, non sei né un uomo né una donna.
Diventi un animale e una bestia. E così c'era una bestia seduta lì. C'erano solo
un crocifisso e la Madonna, e la sedia su cui era seduto il prete, nel centro
della stanza. Una per una, le ragazze dovevano entrare, da sole, e
inginocchiarsi. Pensateci! A volte davvero penso, ora sono salvata, sono fuori
dal convento, ma quando guardo indietro e ripenso al prete Cattolico Romano mi
dico: "Certo dev'essere fratello gemello del diavolo, perché è pieno di peccato.
È pieno di depravazione. È colmo di corruzione".
E dunque, andavamo e ci
inginocchiavamo davanti al prete. Eri una ragazza fortunata se riuscivi ad
allontanarti da quell'uomo senza essere distrutta. Infatti, era ubriaco. Era
solo una bestia. Non era un uomo. Oh, certo, aveva un abito sacro addosso. Era
ordinato come prete Cattolico Romano, e vi assicuro, non amavamo affatto andare
a confessarci, ma dovevamo farlo una volta al mese. E quelle povere sorelline
non potevano fare altro; non c'era nessuno in quella stanza all'infuori del
prete e della ragazza, e solo quando era tutto finito, la giovane poteva uscire
e far entrare la prossima. Vi assicuro che non amavamo quel giorno. E non era
diverso per quelle ragazze.
Nessuna di loro conosceva
la salvezza. Nessuna di loro sapeva che Gesù era andato al Calvario a morire per
loro. Non sapevano che Lui aveva versato il suo sangue per loro. Quelle povere
ragazzine non ne sapevano niente, perché per noi, lo ripeto, la Bibbia era un
libro messo al bando, che nessuna doveva leggere.
Ora, se il prete Cattolico
Romano va nel convento, può andare dalla madre superiora e chiederle il permesso
di entrare nelle celle delle suore. E la madre superiora, che ha una mente
carnale e un cuore carnale, ed è dura ed empia, è madre di moltissimi figli
illegittimi, che appartengono al prete. Quando il prete beve, lei lo sa. Va
insieme a lui, e si portano appresso il liquore. A volte fanno venire anche
delle suore a bere con loro. (È davvero un luogo terribile, non è affatto un
ordine religioso. Non rispettano il nome che portano). Ma dicevo, la madre
superiora introduce il prete in una delle nostre celle. Ci si chiede quanto sia
seria la situazione. Il prete ha il liquore con sé, quello lo sappiamo. Ma ha
anche un corpo forte. Mangia pasti abbondanti ogni giorno della sua vita. Può
mangiare tutto il cibo che vuole. Ma la suora invece ha un corpo svigorito, e
non ha molta forza. Perché il prete è entrato nella cella? Per niente altro che
distruggere la piccola suora.
Spesso ho desiderato che
il governo, le autorità, irrompessero nel convento proprio nel momento in cui
quei preti entrano nelle celle. La madre superiora infatti chiude a chiave la
porta e la suora resta alla mercé del prete. La giovane non ha alcun modo di
difendersi (ho dovuto accudire quelle povere ragazze; avevo ricevuto
l'addestramento da infermiera in ospedale). Vi dico che se vedeste il corpo
della suora dopo che il prete ha finito con lei, quel corpo assomiglierebbe a
qualcosa che è stato gettato in un porcile e che è stato calpestato da mezza
dozzina di scrofe. Questa è la vita in convento! Posso capire bene perché i
preti chiamano nella vostra città ogni giorno perché sono qui a dare la mia
testimonianza. Ma vi dico che non m'importa se continueranno ad inveire. Non
m'importa cosa faranno. Non ho affatto paura di loro. Continuerò a rendere la
mia testimonianza.
Fintanto che Dio mi darà
la forza, continuerò a rendere questa testimonianza malgrado tutti i preti e i
vescovi. So cosa sto facendo. So cosa sto dicendo, e non temo nessuno in questo
mondo. Sono una figlia di Dio, e credo che Dio non permetterà a nessuno di
mettermi le mani addosso fino a quando non avrò portato a termine il mio
compito, e come spesso dico, non m'importa di cosa faranno al mio corpo dopo che
avrò lasciato questo corpo. Non m'interessa affatto. Perciò continuerò a rendere
la mia testimonianza malgrado ciò che pensano i vostri sacerdoti, perché so che
Dio mi ha salvata per far venire alla luce ciò che fanno nei conventi. Credo che
Egli mi abbia salvata per svergognare questi luoghi che si nascondono sotto la
copertura della religione. Lo credo con tutto il cuore.
Ora, si supponeva che noi
suore dovessimo concederci ai preti volontariamente (in realtà, molte volte
venivamo sopraffatte). Ma se rifiutavamo di concedere volontariamente il nostro
corpo al prete, lui si adirava e andava immediatamente dalla madre superiora. E
così, quando due menti carnali come quelle si uniscono, possono inventare cose
che tu e io non possiamo neppure immaginare, perché non abbiamo abbastanza
malvagità nel cuore per inventare cose simili. Non c'è abbastanza peccato nelle
nostre vite per arrivare anche solo a pensare a crudeltà efferate come quelle
escogitate da loro. E quando quelle due menti carnali si trovano insieme, sai
che la prossima volta saranno già ben pronte.
Così, dopo uno o due
giorni, la madre superiora mi disse: "Andiamo a fare penitenza". La penitenza
che mi avrebbero inflitto era qualcosa che la madre superiora e il prete avevano
inventato assieme, e quindi doveva essere qualcosa di estremamente crudele. Mi
portarono in uno di quei sudici sotterranei, dove non c'è pavimentazione, e in
quel posto si erano preparati un posto, e c'erano delle pertiche lunghe
pressappoco 3 piedi [circa 1 metro]. Le avevano fissate alla base con del
cemento, e su di esso c'erano degli anelli; c'erano anche delle cinghie di pelle
attaccate alle pertiche. Quando mi portarono lì, mi fecero mettere i piedi in
quegli anelli e mi legarono saldamente le caviglie con le cinghie. Ora mi
trovavo lì, sollevata dal terreno, bloccata.
Punizione
Stavano uscendo, e mi
avrebbero lasciata chiusa in quel posto sudicio da sola. Avrei potuto restare lì
per due o tre ore, se avessi avuto abbastanza forza in corpo. Ma cosa mi sarebbe
successo dopo? Non ce la facevo più. Svenni per lo sfinimento, e caddi a terra.
Ma quando caddi, mi si torsero le caviglie in questo modo e non potevo farci
niente. Non avevo la forza di rialzarmi. Potrei essere rimasta in quella
posizione per due o tre giorni e nessuno si sarebbe avvicinato. Non mi davano
neanche un morso di cibo da mangiare, e neppure una goccia d'acqua, ma dovevo
restare lì. E la cosa successiva che sentii erano degli insetti che strisciavano
sul mio corpo e i topi che mi passavano addosso, ma io ero costretta a restare
così.
Capisco perché non
vogliono che io parli. Non vogliono che il mondo sappia che queste cose stanno
accadendo. Nessun prete vuole che si sappia. E proprio perché non vogliono che
si sappia, stanno bene attenti a fare in modo che nessuno possa mai uscire dai
conventi dopo esserci stato per degli anni.
Ma posso dirvi che Dio è più grande di tutte le loro forze. Il mio Dio può
stendere la Sua mano sui conventi in questo paese e in ogni altro paese e aprire
una via perché qualche ragazza riesca a fuggire, ed Egli non ha bisogno
dell'aiuto dei vescovi per farlo, né chiederà l'aiuto dei preti, ma Lui soltanto
può farlo.
Gravidanza non desiderata
E non è finita. A volte il
prete veniva da noi e si adirava perché ci rifiutavamo di peccare con lui
volontariamente. E le suore avevano corpi svigoriti dopo essere state chiuse in
convento a lungo. Perciò, molte, molte volte, non riuscivi a impedire che il
prete ti desse un pugno in bocca; è una cosa terribile. Uno dei miei denti
anteriori saltò via. So di cosa sto parlando. E poi ti buttano a terra e ti
danno dei calci nello stomaco. Molte di quelle preziose piccole ragazze hanno
dei bambini in grembo, e al prete non gliene importa nulla e ti riempie di calci
nello stomaco nonostante il bambino che porti in grembo. Non gliene importa. Il
bambino verrà ucciso comunque, perché quei bambini nasceranno all'interno del
convento. Infatti, come potrebbero essere interessate a far nascere dei bambini,
delle persone che gestiscono luoghi di perdizione come questi sotto la copertura
della religione? Il mondo crede che siano ordini religiosi, eppure lì dentro
nascono bambini, e la maggior parte sono parti prematuri. Molti di loro sono
anormali. Molto, molto raramente ho visto nascere un bambino normale lì dentro.
Direte: "Sorella
Charlotte, osi dire questo?". Assolutamente, non solo oso dirlo, ma intendo
continuare a dirlo. Perché? Ho ricevuto quei bambini dalle partorienti con
queste mani, e quello che ho visto con questi occhi e ho fatto con queste mani,
io sfido il mondo intero ad affermare che non sia la verità. E l'unico modo in
cui possono cercare di provarlo, è aprire le porte di ogni convento. Se mai mi
chiameranno a testimoniare davanti a un tribunale, vi assicuro di una cosa: i
conventi saranno aperti e il mondo intero scoprirà cosa sono veramente i
conventi. E li dovranno aprire per verificare la veridicità della mia
testimonianza, perché so cosa farò se mi chiameranno a deporre. Sono stata
davanti alle massime autorità negli Stati Uniti, e so cosa sto facendo. Sono
stata schiava dei conventi per ben 22 anni, ed è una cosa orrenda.
Quando una cara piccola
suora vede sopraggiungere il giorno in cui il suo prezioso bambino nascerà, la
maggior parte di voi madri avete già tutto pronto. La bellissima cameretta per i
bambini! Preparate tutti i bellissimi vestitini per il vostro bambino. Tutto è
meraviglioso. Guardate a quella piccola, preziosa anima immortale che darete
alla luce nella vostra casa, e tutto è pronto per il grande evento. Oh, ma
vorrei che poteste vedere la piccola suora. Lei non aspetta quel giorno. Non ci
sarà mai una coperta ad avvolgere il corpo del neonato. Non verrà mai lavato, ma
potrà vivere solo per quattro o cinque ore. Poi la madre superiora prenderà il
bambino e gli infilerà le dita nelle narici, gli coprirà la bocca e spegnerà
così la sua piccola vita.
E perché mai costruiscono
quelle cave di calce nei conventi? Che motivo hanno di esistere se non per
uccidere i bambini? Li prendono e li coprono con la calce chimica, ed è la fine
del bambino. Oh, quando ci penso! Per questo voglio spronare la gente. Pregate!
Se sapete come pregare, se sapete come parlare a Dio, pregate e chiedeteGli di
liberare le ragazze rinchiuse nei conventi. In altre parole, pregate che Dio
faccia in modo che ogni convento negli Stati Uniti sia aperto, e che il governo
vada ad ispezionarli. E quando il governo vi entrerà, non dovrete preoccuparvi.
I conventi allora saranno aperti. Le suore saranno portate fuori, e i conventi
saranno chiusi definitivamente, come accadde per i conventi del vecchio Messico
nel 1934. Non ci sono conventi nel vecchio Messico. Furono aperti tutti e fu
svelata la corruzione che esiste lì dentro. E le cave di calce. Se andate in
vacanza da quelle parti, visitate il vecchio Messico. Ora quegli edifici
appartengono al governo. Ne hanno fatto dei musei pubblici. Entrate nei
conventi. Guardate con i vostri occhi. Toccate con le vostre mani, e poi tornate
a casa vostra e vedrete se non crederete alla mia testimonianza. Vi farà
raggelare tutto il sangue nelle vene. Intendo dire che vi farà provare qualcosa
di inimmaginabile. Ispezionateli e guardate attentamente. Entrate nei
sotterranei. Visitate i loro tunnel. Attraversate le cave di calce e guardate i
teschi, intere stanze piene di teschi, e poi chiedete alla guida da dove
vengono. E andate a vedere tutti gli strumenti di tortura che hanno utilizzato
sui corpi delle piccole suore. Andate nelle loro celle e guardate i loro letti e
vedrete da voi stessi. Oh si, potete andarci. Guardate e vedete da voi stessi, e
poi quando tornerete a casa forse avrete sul cuore il peso di pregare per le
piccole ragazze che sono state adescate ad entrare nei conventi dalle gerarchie
della Chiesa Cattolica Romana.
L'esecuzione
Mi chiedo come vi
sentireste se quello fosse un vostro figlio! E ricordate, ho una madre e un
padre, o anzi li avevo, e mi amavano proprio come voi amate i vostri figli. E
quando mi lasciarono andare in convento sono sicura che i miei genitori non
sapevano a cosa andavo incontro. Non avrebbero mai sognato che un convento
potesse essere un luogo del genere. Cosa provereste se un giorno vi trovaste a
camminare in una particolare stanza del convento; in quella stanza, il pavimento
a un certo punto ha due metà che si aprono alla pressione di un interruttore.
C'è una fossa profonda sotto quel pavimento e ci avevano gettato dentro una
piccola suora che aveva fatto qualcosa che li aveva infastiditi; doveva essere
qualcosa di molto serio se si trovava lì. Le sue mani e i suoi piedi erano
legati saldamente. L'avevano gettata in quell'orribile, orribile fossa, e
l'avevano richiusa. C'era una gran quantità di calce e sostanze pericolose lì
sotto. Sei piccole suore, tra cui io, dovevano camminare attorno a bordo della
fossa recitando cantilene "per tenere lontani gli spiriti maligni dal convento",
e spruzzando acqua santa sulla fossa. Potevamo camminare per sei ore, e poi ci
avrebbero sostituite con altre sei suore, e così via, finché non potevamo udire
la piccola suora esalare l'ultimo respiro.
E questa era la fine della
piccola suora che avevano gettato in quella fossa. No, non sarà mai liberata dal
convento, ma vi importa sapere che quella piccola suora morirà e sarà perduta?
Ve ne importa? A me importa perché io non conoscevo Gesù, non potevo parlarle di
Dio. Io stessa non lo conoscevo. Soffro molto per questo, ma Dio non chiederà
conto del suo sangue a me. Il suo sangue non sarà sulle mie mani perché ero
nell'ignoranza, non conoscendo il Signore, e per questo non potevo parlarle di
Lui.
Quella mattina, la madre
superiora disse: "Mettetevi tutte in riga qui". Non sapevo perché ci facesse
mettere in riga. Potevamo essere una decina, forse quindici. Ella ci disse di
spogliarci completamente. Non eravamo certamente belle a guardarci. I nostri
occhi erano infossati. Le nostre guance erano smunte. I nostri corpi erano
svigoriti. Dio solo sa che aspetto avevamo, perché in 22 anni lì dentro non mi
sono mai potuta specchiare. Non sapevo di avere i capelli grigi. Non sapevo di
avere rughe sul viso. Non conoscevo la mia età. L'ho scoperto solo 6 anni fa.
Vivere senza sapere che aspetto hai.
Ed eccoci in riga, quando
sopraggiunsero due o tre preti Cattolici Romani con la solita bottiglietta di
liquore legata alla cintola. E passeggiavano davanti a noi ragazze nude, e
scelsero quella che preferivano da portarsi in cella. Questi sono conventi,
conventi di clausura, non ordini aperti. Il prete può fare tutto quello che gli
pare e nascondersi sotto la copertura della religione. Poi quegli stessi preti
Cattolici Romani ritornavano alle loro chiese e lì dicevano la messa, e lì
andavano nel confessionale facendo credere alla povera gente di potergli dare
l'assoluzione per i loro peccati, quando loro stessi sono saturi di peccato.
Quando il prete stesso è pieno di corruzione e depravazione, eppure ancora si
comporta come se fosse lui il Dio dei credenti. Che cosa orribile è questa. E
non è finita.
Piano per un assassinio
Dunque, io vivevo lì. Ora,
con tutte queste cose che accadevano giorno per giorno, cosa pensate che stesse
succedendo dentro di me? Non sapevo che una persona potesse riempirsi di così
tanto odio e amarezza. E non finiva mai. Mi stavo riempiendo di quei sentimenti,
e continuavo a riempirmene. Cominciai a pensare nel mio cuore: "Quando riuscirò
a sorprendere la madre superiora in una certa stanza, la ucciderò". Non è
orribile far entrare l'omicidio nei nostri cuori? Non ero entrata in convento
con un cuore o con una mente del genere, ma cominciai a progettare quell'omicidio,
e quello di un prete Cattolico Romano. E non finiva lì. Ogni qualvolta quella
donna mi infliggeva qualche tortura, cosicché io soffrivo terribilmente, quando
mi ritornavano le forze cominciavo a pensare a come poterla uccidere. Era più
forte di me. Mi domando come vi sareste sentiti nella mia stessa situazione.
La madre superiora mi fece
sedere su una sedia. Era una sedia molto dura, e io vi ero seduta e non avevo
capelli. Voleva farmi perdere la ragione. Mi fece piegare le mani in questo
modo, e le infilò nella gogna, dove dovetti infilare anche il collo, piegando in
avanti la testa, e mi fissò saldamente alla gogna. Sopra la mia testa c'era un
rubinetto. La madre superiora lo aprì, e una goccia prese a cadermi rapidamente
sulla nuca. Non potevo muovermi in alcun modo. Un'ora, due ore, tre ore, quattro
ore. Cosa pensate che stesse accadendo? Ero bloccata lì, immobile. Cercavo in
ogni modo di svincolarmi per allontanare la mia testa da quella goccia. Se solo
aveste potuto vederci, ci avreste vedute schiumare dalla bocca. Avreste visto
quelle piccole ragazze, che si sforzavano di liberarsi da quella tortura, e ci
facevano restare in quello stato anche per una decina di ore. Tutto il giorno.
Molte, molte volte qualche piccola suora impazziva completamente. Veniva colta
dalla follia e diventava una pazza furiosa mediante questa particolare
"penitenza".
Cosa ci facevano poi con
lei? Ve lo dirò tra qualche minuto. Non preoccupatevi, hanno un posto specifico
in convento per le suore che impazziscono. Sanno già come occuparsene. Sono
posti che costruiscono loro stessi lì dentro, per noi.
Queste cose continuavano
ad accadere in continuazione. Ed era terribile. Ma io intanto progettavo e
progettavo e progettavo. Dopo quello che mi avevano fatto ero disperata.
Un giorno la madre
superiora fu seriamente ammalata. Vi chiederete: "Chi prenderà il suo posto?".
Ci sono tre, a volte quattro suore anziane, e scelgono sempre quella più dura.
Quella che ha la mentalità più carnale possibile. Quella che non ha alcuna
coscienza. Se un giorno accade qualcosa a una madre superiora, un'altra prende
il suo posto. E così via. Ma quel giorno particolare, mi diedero la notizia: "La
madre superiora è gravemente ammalata". Io dovevo andare nella sua stanza. E
subito un'idea mi balenò nella mente: "Se andrò nella stanza della madre
superiora saprò io cosa fare!". Dopo tutto, ero una peccatrice. Ero una suora,
ma ciò non cambiava il fatto che ero una peccatrice, e che non conoscevo Dio, e
che avevo un grande odio nel cuore, e mi stavo dirigendo in quella stanza.
Avevano chiamato un medico Cattolico Romano esterno. La madre superiora era
molto malata, e aveva lasciato tutti gli ordini, e le avevano dato le medicine e
tutto il resto. Ora io mi sarei dovuta occupare di lei, ed era proprio quello
che stavo aspettando. "Me ne prenderò cura io", pensai. Essendo stata
infermiera, sapevo a cosa servivano i medicinali che avevano prescritto alla
madre superiora, e sapevo perché li stava prendendo.
Ma comunque, tutto il
giorno le diedi le medicine. Feci ogni cosa come mi avevano detto. E tutto il
pomeriggio. Perché? Volevo essere certa di quello che stavo per fare. Dovevo
stare attenta. Aspettai fino all'una di notte, e questo perché le piccole suore
da mezzanotte fino all'una sono sveglie e recitano le loro litanie. Così pensai
di aspettare che fossero andate tutte a dormire prima di fare qualcosa. E quando
giunse il momento giusto, ecco cosa feci. Presi sei di quelle tavolette
medicinali. Mi avevano detto di dargliene solo una in mezzo bicchiere d'acqua
ogni tanto. Ma, conoscendo la composizione del medicinale e il suo effetto,
gliene misi sei in un bicchiere d'acqua, mescolai e glielo diedi da bere. Sapevo
che sarebbe stata colta da fortissime convulsioni. Sapevo che quella donna
avrebbe sofferto per milioni di morti in soli 25 minuti. Lo sapevo, e pensavo:
"La guarderò soffrire perché ci ha torturate. Ci ha fatto del male migliaia di
volte. Voglio vederla soffrire".
Non è terribile vedere
come una ragazza semplice può vivere in un luogo come quello abbastanza a lungo
da mutare il suo cuore fino a somigliare quasi a quello della madre superiora?
Ma è questo ciò che accade quando il peccato entra nella tua vita. E così
aspettai. Accadde qualcosa. Fui terrorizzata, e cominciai a guardare quella
donna; la sua pelle cambiò colore, e non riuscivo a sentirle il polso. Non la
sentivo più respirare. Ero terrorizzata, e pensai: "Oh, cosa farò? Se la trovano
morta, non voglio pensare a cosa mi faranno".
Allora presi la pompa da
stomaco [trad. lett. "stomach pump"; strumento composto da una piccola
pompa e da un tubo di gomma, N.d.T.] e cominciai a pompare più velocemente
possibile. Feci tutto quello che c'era da fare e, grazie a Dio, la donna non
morì. Ringrazio Dio per questo. Ma ora sedevo accanto al letto e tenevo la sua
mano e la osservavo attentamente finché la respirazione tornò normale e capii
che sarebbe vissuta.
E allora pensai a un'altra
cosa. Sapevo dove nascondeva le chiavi in uno scaffale della sua stanza. Erano
attaccate a un grosso anello, e pensai, "Andrò a prendere quelle chiavi.
Scenderò giù nei sotterranei". Quando dico giù intendo dire due piani sotto il
livello del suolo. Sarei andata nel luogo a cui lei ci aveva sempre avvertiti di
non avvicinarci.
C'era un solido muro e, da un lato, una porta, pesante e sempre chiusa a chiave,
e le avevo sentito dire moltissime volte (e sono certa che dicesse lo stesso
anche alle altre), "Non osate entrare per quella porta".
Una scoperta raccapricciante
Cosa poteva mai esserci lì
dentro, e perché ci aveva parlato in quel modo? Non potevamo entrarci: era
chiusa a chiave! Ma, sapete, mi chiedevo cosa ci potesse essere dietro quella
porta perché quando mi avevano chiusa nella segreta molto tempo prima, avevo
udito delle grida provenire dal sottosuolo. Quelle grida facevano accapponare la
pelle, e sapevo che ci doveva essere qualche ragazza segregata da qualche parte.
Per questo, presi le chiavi e andai alla ricerca di quel posto. E quando ci
arrivai, ci volle del tempo per trovare la chiave giusta, ma riuscii a sbloccare
quella porta! Entrai, e mi trovai in una sala. La sala era larga 5 piedi [circa
1,5 metri] o forse di più. È quanto ricordo di quel posto. Comunque, dall'altra
parte della sala c'era un certo numero di celle. Piccole stanzette, con delle
porte pesanti, e dentro ogni cella c'erano delle piccole suore. Quando mi
avvicinai alla prima, vidi che a una certa altezza della porta c'erano delle
sbarre di ferro attraverso le quali potevo guardare. Guardai, e vidi una piccola
suora che conoscevo, una di quelle con cui pranzavamo insieme, e pregavamo
insieme nella cappella. Conoscevo quella ragazza, e ora eccola lì. Le avevano
messo delle catene ai polsi e alla vita!
Le dissi: "Da quanto tempo
non ti danno da mangiare?".
Nessuna risposta.
"Da quanto tempo sei qui
dentro?".
Nessuna risposta.
Scesi verso la seconda
cella, poi la terza, la quarta, la quinta, e la puzza stava diventando
insopportabile. In ogni caso, quelle ragazze non parlavano. Perché? Voi sapete
che ero vissuta in convento per tanto tempo. Anche se mi trovavo due miglia al
di sotto del convento, sapevo che quando lavoravamo, se bisbigliavamo tra di
noi, il giorno dopo avremmo dovuto subire qualche punizione, perché i conventi
hanno dei collegamenti e la madre superiora può sentire ogni voce, ogni
sussurro, e se qualcuno parla, allora sei in guai seri. E quelle suore erano
state rinchiuse lì a sufficienza. Cosa avevano fatto? Non lo so, ma
presumibilmente le loro menti dovevano avere ceduto e così erano state messe ai
ceppi. E quando morivano, non potevano cadere a terra. Le catene le
trattenevano, così, semplicemente, si accasciavano. Quando venivano messe lì
dentro, non ricevevano più né cibo né acqua. È una morte lenta. E così, nel
vedere tutto questo mi sentii male per fetore disgustoso, dovuto al fatto che
molte di esse erano già morte, e non so da quanto tempo.
Venni fuori da lì e salii
di nuovo verso la stanza dove si trovava la madre superiora, e lei era lì che
dormiva. La accudii con attenzione, e lei dormì fino al giorno seguente, per
molte, molte ore e senza svegliarsi. E quando lo fece, disse, "Ho fatto un lungo
sonno". Io risposi: "Si". Lasciarono che mi prendessi cura di lei per tre
giorni. Direte: "Si accorse mai che eri scesa lì sotto?". Be', non ancora.
Speravo che non se ne accorgesse mentre io ero lì.
Un piano disperato
Ma comunque, dopo quei tre
giorni mi misero in cucina. In altre parole, quando andiamo in cucina, sei di
noi vanno a starci per un periodo di sei settimane. E quella volta in
particolare mi misero in cucina con altre cinque piccole suore. Dovevo cucinare
per tutti e badare al lavoro svolto in cucina. Fuori c'era un lungo tavolo da
lavoro, dove dovevamo preparare le verdure per la minestra. Ma accadde qualcosa.
La nostra cucina era una stanza rettangolare molto ampia, e da un lato c'erano
delle scale che conducevano giù. Lì sotto c'era un pianerottolo, e c'era una
porta esterna grossa e pesante. Lì potevamo mettere le immondizie, e poi c'era
una scalinata in cemento, che conduceva al piano inferiore, quello interrato. Io
mi trovavo al primo piano in quella cucina.
Mentre eravamo lì a
lavorare, accadde qualcosa. Qualcuno toccò il bidone della spazzatura. Durante
tutta la vita in convento ci era stato insegnato ad osservare il più rigido
silenzio. Non osavamo fare rumore. Saremmo state punite per quello. Ma qualcuno
aveva toccato il bidone e si era udito il rumore. Cosa era successo? Noi sei
eravamo tutte assieme in cucina. Chi c'era giù? Corremmo a vedere, e scorgemmo
un uomo, che stava raccogliendo il bidone pieno per lasciare quello vuoto. Non
avevo mai visto accadere niente di simile in convento. Credo che Dio stesse
guidandomi a una via d'uscita. Lo credo fermamente. Ecco allora cosa accadde. Ci
allontanammo in tutta fretta perché era un peccato mortale guardare un altro
uomo all'infuori del prete Cattolico. Così tornammo subito al lavoro. Ma pensai,
"Se quell'uomo tornerà di nuovo a raccogliere il bidone, gli lascerò una nota
per chiedergli se può portarmi fuori con lui".
Ma non lo feci; anzi,
sapete cosa feci? Quando ci mancava qualcosa in cucina, c'era una matita su una
sedia, con la quale dovevamo scrivere cosa ci occorreva. Io rubai un pezzo di
carta, e pensai: "Porterò con me questo pezzetto di carta, e ogni volta che mi
capiterà di dover usare la matita, scriverò una parola o due riguardo a quella
nota". E lo feci. Ci volle un bel po' per farlo, ma, oh, come guardavo quel
bidone! Ogni volta che mi era possibile portare lì sotto i rifiuti lo facevo. E
quando fu quasi pieno, pensai: "Domani mattina sarà pieno quando getteremo
dentro il resto della spazzatura".
E così, quella mattina
spezzai il mio crocifisso, e lo posi su una mensola, e fu una cosa difficile da
fare perché mi osservavano. Ma lo feci, riuscii a romperlo e a metterlo su una
mensola. In quel modo riuscii ad avere l'occasione di tornare in quella stanza.
Così, quando finimmo di preparare le minestre per la cena, dovemmo uscire tutte
insieme e marciare dietro alla madre superiora. E mentre marciavo, mi fermai e
le dissi: "Posso parlarvi?". E aggiunsi: "Madre Superiora, ho rotto il mio
crocifisso, l'ho lasciato in cucina. Posso andare a cercarlo?" (e ovviamente
nessuna suora può andare in giro senza il suo crocifisso).
Ella disse: "Come l'hai
rotto?". Le mentii. A ogni sua domanda, io mentivo. Vi chiederete perché. Perché
lei ci mentiva, e noi tutte eravamo nel peccato, così mentivamo tutte, e non
c'era differenza tra di noi. Infine, disse: "Vai a prendere il crocifisso e
torna qui". Era proprio quello che volevo. Avevo un motivo nel farlo: non si
poteva ritornare in cucina una volta lasciata. Così non andai a cercare il mio
crocifisso, anche se lei pensò che lo stessi facendo; piuttosto, cercai il
bidone. Perché? Quella notte, nel mettervi dentro la spazzatura, vi appoggiai
sopra la mia nota scritta, e lasciai il coperchio tolto, cosa che io non avrei
dovuto fare. E su quella nota, scrissi: "Se legge queste righe, mi aiuterebbe?
Potrebbe fare qualcosa per aiutare le piccole suore ad uscire?". Gli scrissi
delle 19 celle che c'erano lì sotto e delle 19 suore che vi erano chiuse dentro.
Gli scrissi di alcuni dei bambini che erano stati uccisi. Gli scrissi delle
altre piccole suore che sono chiuse nei sotterranei e sono incatenate. Gli
scrissi molte cose, e conclusi con queste parole: "Ci aiuterebbe? Se lo vuole,
per favore lasci una nota sotto il bidone vuoto". Questo era l'unico motivo per
cui ero tornata indietro nella cucina.
La fuga
Quando alzai il bidone e
trovai una nota, non avete idea di come mi sentii. Mi immobilizzai. Ero così
spaventata che non sapevo cosa fare. Raccolsi quel pezzo di carta e lo lessi, e
questo era ciò che quell'uomo aveva scritto: "Non chiuderò a chiave né la porta
né il cancello grande di ferro. Uscite fuori".
Oh, voglio dirvelo, era quasi più di quanto avessi mai sperato. Non avrei mai
sognato di poter uscire da un convento. Volevo uscire, ma pensavo che vi sarei
rimasta per sempre. Quando riuscii a ricompormi andai alla porta e girai il
pomello, e sapete, si aprì! Uscii da quel convento e chiusi la porta dietro di
me. Arrivai al grande cancello di ferro, ma, oh, mi aveva intrappolata. Quel
cancello era ancora chiuso come lo era sempre stato! Non sapete cosa significò
per me stare a guardare quel cancello chiuso. Ero chiusa fuori dal convento. Non
avevo diritti. Non potete immaginare. So solo che soffrii molto perché ero
terrorizzata a morte. E cosa sarebbe accaduto se fossi tornata indietro e avessi
bussato alla porta? Cosa mi avrebbero fatto? Oh, quale terrore mi stringeva il
cuore.
Non avevo né le scarpe né
le calze. Quelle che avevo le avevo consumate molti anni prima. Quando penso che
la Chiesa Cattolica Romana è la chiesa più ricca del mondo e lascia che le
piccole suore vivano d'inverno e d'estate senza scarpe e senza calze, in estrema
povertà, mi chiedo con quale coraggio lo fanno! Noi siamo affamate, mentre i
loro preti sono satolli e grassocci. Le piccole suore hanno così fame, che a
volte mi chiedo come fanno. Mi direte: "Allora cosa facesti, Charlotte?". Mi
aggrappai al grande cancello, e cercai di arrampicarmi. Era l'unica cosa che mi
restava da fare. A un piede e mezzo [quasi mezzo metro] dalla cima c'era una
sporgenza larga circa 15 centimetri. Pensai che se fossi riuscita a raggiungerla
e a poggiarci sopra un ginocchio sarei stata in salvo. E lo feci. Riuscii a
poggiare un ginocchio lì sopra, ma non avevo più forze. Mi chiesi cosa potevo
fare. Allora mi resi conto che indossavo tre sottane; erano raccolte da una
cintura e scendevano fino alle mie caviglie. Il mio velo giungeva fino alle
ginocchia davanti ed era lungo più o meno così dietro. Come sarei passata oltre
quei punti taglienti? E pensai, "Non posso scendere, non ho abbastanza forze,
dovrò saltare". E sapevo che se fossi saltata mi sarei fratturata tutte le ossa,
anche perché il mio corpo era svigorito. E così mi chiesi: "Cosa farò?". Mi
sollevai tutti i vestiti e li tenni fermi con una mano, e poi mi dissi: "Dovrò
saltare".
Sapete, hanno una sirena
d'allarme nel convento; quando una suora cerca di scappare la inseguono e
attivano la sirena. E, oh, i preti vi dicono che loro non entrano nei conventi,
ma io vorrei che poteste vederli allora. Vedreste molti di loro, tutti
all'inseguimento di quell'unica suora. E non le permetteranno di uscire. Se
uscisse, un giorno potrebbe testimoniare contro di loro, e tutte le atrocità che
commettono nei conventi sarebbero palesate agli occhi del mondo. E vi assicuro
che loro non intendono permetterci di uscire.
Così, feci un salto dalla
cima di quel cancello, ma non ci riuscii. I miei abiti si impigliarono nelle
punte e io rimasi appesa, ma mi staccai da lì. Spesso dico che non so che
aspetto avessi. Non sapevo di avere i capelli grigi, ma ora mi chiedo se non fu
allora che cominciarono a diventare di quel colore. Forse non saprete mai cosa
patii nello stare appesa lì sulla cima di quel cancello, sapendo che la sirena
sarebbe potuta suonare da un momento all'altro e allora, cosa mi avrebbero
fatto? Ero terrorizzata. Così cercai di scuotermi e di dondolarmi abbastanza da
potermi aggrappare al cancello con una mano, per uscire da quella situazione. Ci
riuscii. Allora con l'altra mano cercai di slegare la sottana, e sapete che
successe? Caddi giù, a terra. Finalmente ero fuori. Restai svenuta per un po'.
Non so per quanto tempo, non ho modo di saperlo. Ma quando mi riebbi, mi accorsi
di avere una spalla rotta e un braccio rotto qui. L'osso era uscito fuori perché
non c'era della carne a ricoprirlo.
In cerca di aiuto
E pensai, "Cosa farò
adesso?". Capii che ero fuori. "Dove andrò?". Dove pensate che potessi andare?
Non ero negli Stati Uniti. Ero in un'altra città e non sapevo nulla di quel
posto. Quando mi avevano portata lì, ero così pesantemente coperta dai veli che
non potevo vedere niente. E non sapevo dove mi trovavo. Non sapevo dove andare.
Non sapevo più se avevo qualcuno al mondo. E io ero povera. Non avevo soldi, ero
affamata, il mio corpo era rovinato, ed ora mi ero anche ferita. Dove sarei
potuta andare? Era qualcosa da ponderare bene. Ma come prima cosa, mi
allontanai. Volevo stare alla larga dal convento! E così cominciai ad
allontanarmi.
Le foglie che cadevano
facevano un gran rumore! Io ero spaventata, e continuavo a correre; infine
sopraggiunse l'oscurità. Non c'è un crepuscolo in quella zona di quel paese; il
buio cala improvvisamente. Comunque, vidi un piccolo edificio vicino alla
strada. Pensai: "Mi nasconderò lì". Era forse un canile o un pollaio o qualcosa
del genere. Era sporco, ma io mi accovacciai lì perché ero sconvolta e
spaventata. Cominciai a riprendermi, e pensai: "Dovrò viaggiare, è buio. È più
sicuro per me". Così uscii e viaggiai per tutta la notte e il giorno seguente.
Mi nascosi dietro a delle assi che erano ammucchiate contro un vecchio edificio.
Immaginate cosa significò per me stare lì nascosta tutto il giorno! E affamata
com'ero, con le ossa rotte, riuscite a immaginare come mi sentivo? No. Voi non
lo potrete mai capire.
Quando calò nuovamente la
notte, dovetti ricominciare a fuggire per allontanarmi dal convento. Avevo paura
di bussare alla porta di qualcuno. Ero spaventata, e per quel che ne sapevo, mi
sarebbe anche potuto capitare di bussare alla porta di qualche Cattolico Romano.
Avrebbero immediatamente avvisato i preti e io sarei stata ricondotta con la
forza in convento. E io avrei preferito che mi uccidessero piuttosto che
ritornare lì. Così non bussai, ma proseguii. La notte successiva mi nascosi in
un sacco, e poi, il pomeriggio del terzo giorno mi preoccupai perché il mio
braccio si era gonfiato che più non poteva, ed ero costretta a reggerlo con
l'altra mano. Tutte le dita avevano cominciato a diventare blu, e capii che
stava cominciando la cancrena. E sapete, non c'era nessuno lì ad aiutarmi, e io
realizzai che stavo per morire come un topo di strada. Era una sensazione
terribile, e pensai, "Cosa farò? Uscirò e forse morirò un po' prima. Devo
bussare alla porta di qualcuno". E fu quello che feci.
Ricordo che camminai (non
so per quanto) finché vidi una lampada. Era una vecchia lampada, con la fiamma
accesa. Una casa molto povera, non verniciata, e immaginai che fosse abitata da
persone povere. Bussai alla porta, e un uomo alto venne ad aprire. Era piuttosto
anziano. Gli dissi: "La prego, posso avere un bicchiere d'acqua?". L'uomo non mi
rispose, ma entrò in casa e chiamò sua moglie. E, Dio benedica il suo cuore, si
trattava di una donna come le tipiche madri all'antica. Venne alla porta, e non
disse: "Chi sei e cosa vuoi?". Grazie a Dio ci sono anche molte persone buone in
questo mondo. Quella cara piccola donna semplicemente spinse la porta e disse:
"Non vuoi entrare e sederti?". Sapete che fu la musica più dolce che avevo mai
sentito in vita mia? Accettai, e lei mi diede una sedia, e mi sedei. Ero felice
di essere lì seduta.
Quella donna era povera.
Non c'erano tappeti di alcun tipo sul pavimento, una tovaglia a scacchi rossi
copriva la tavola, e una piccola vecchia stufa era in un angolo, ed era accesa.
Quella donna mise del latte in un tegame e lo riscaldò e me lo portò. Ero
affamata. Non conoscevo le buone maniere, le avevo dimenticate. Avevo
dimenticato moltissime cose in quei 22 anni in convento. E così presi il
bicchiere di latte prima ancora che lei si sedesse, e lo ingurgitai. Ero così
affamata, che mi sembrava di uscire di senno. Ma come il latte giunse al mio
stomaco, non riuscii a trattenerlo. Lo vomitai. Non avevo mai bevuto del latte
per 22 anni interi. Comprenderete perché non riuscii a trattenerlo. E quella
donna sapeva cosa fare. Andò ai fornelli, o per meglio dire, andò vicino alla
stufa, e riscaldò dell'acqua. Aggiunse dello zucchero all'acqua e me la portò.
Si sedette accanto a me e me la diede con un cucchiaio. La bevvi tutta. Oh,
com'era buona! Era nutriente.
Allora il marito mi si
avvicinò e disse: "Ora dicci chi sei e da dove vieni". Cominciai a piangere. Mi
ero spaventata. Dissi: "Sto fuggendo dal convento e non voglio tornarci". Lui mi
disse: "Cosa ti è successo?". La mia mano era stesa sul tavolo. Io dissi: "Ho
cercato di arrampicarmi per uscire dal cancello e sono caduta, mi sono fatta
male".
Il dottore
L'uomo disse: "Dovremo
chiamare un dottore". Allora divenni isterica. Mi alzai dal tavolo, e cercai di
correre fuori, ma non me lo permisero. L'uomo disse: "Aspetta. Non vogliamo
farti del male. Sei ferita. Hai bisogno di aiuto".
Io dissi: "Non ho soldi, e
non ho nessuno, e non posso pagare il conto del medico". Ero in una situazione
disperata se volete saperlo. Quell'uomo mi disse: "Vado a cercare un dottore". E
aggiunse: "Non è un Cattolico Romano, e neppure io lo sono". Quel caro uomo non
aveva un'automobile, ma salì su un ronzino e fece 9 miglia [quasi 14 chilometri
e mezzo] per raggiungere il dottore. Il dottore venne con la propria auto, e
quando egli arrivò, il marito della donna era molto indietro con il suo cavallo.
Quando il dottore entrò in casa e mi vide, cominciò a camminarmi intorno in
continuazione, imprecando (forse non capiva il terribile effetto che il suo modo
di fare aveva su di me). Quando si fermò, mi guardò, ed era sconvolto. Era
sconvolto. Perché? Era sconvolto perché in teoria lui stava guardando quello che
sarebbe dovuto essere un essere umano, ma io non ne avevo più l'aspetto per la
orribile condizione in cui ero.
Alla fine, il dottore si
calmò e, avvicinatosi, disse: "Devo portarti all'ospedale questa notte stessa".
Oh, divenni isterica. Dissi: "Non voglio andare. Vi prego, non fatemi andare!".
Lui si sedette e con calma mi prese la mano e cominciò a dire: "Non ti farò del
male. Devi ricevere aiuto, e io voglio aiutarti".
Così quel dottore mi portò
all'ospedale quella notte stessa e fu lì che appresi quanto pesavo. Pesavo
esattamente 89 libbre [40 chili e mezzo]. Oggi peso 178 libbre [81 chili]. Mi
portarono in sala operatoria, e cercarono di risolvere il gonfiore e
l'infiammazione al mio braccio per potermi aiutare. Ci vollero 12 o 13 giorni.
La frattura aveva già cominciato a saldarsi, così dovettero romperla di nuovo e
ingessarmi. Soffrii molto.
Infine, un giorno riuscii
ad essere rilasciata dall'ospedale. Vi chiederete a chi mi affidarono. Implorai
che mi facessero andare da quella coppia anziana per poter stare con loro, e
loro mi lasciarono andare perché erano stati buoni con me e io avevo imparato a
fidarmi di loro. Il dottore volle accompagnarmi a casa. Ero stata in ospedale
per tre mesi e mezzo. Così mi portarono a destinazione, e rimasi con l'uomo e la
donna per un certo tempo. E un giorno questo stesso dottore scrisse una lettera,
e sapete cosa incluse nella busta della lettera? Un assegno. Scrisse all'anziana
coppia di comprarmi una valigia e dei vestiti. Lui sarebbe venuto da me un certo
giorno. Disse: "Vado a trovarti qualcuno". Quel dottore era un estraneo, ma oh,
quanto ringrazio Dio che Egli ha degli uomini e delle donne in questo mondo che
non sono egoisti e che usano parte dei loro soldi per aiutare chi è meno
fortunato di loro. Il dottore spese molti soldi per aiutare me. Stetti in quell'ospedale
per tre mesi e mezzo, e fu lui a pagare tutti i conti. Quanto lo apprezzai! E
sapete, mi comprarono la valigia e tutto fu pronto per il giorno in cui il
dottore sarebbe venuto a prendermi per accompagnarmi al treno. Mi mise sul treno
e mi affidò alla custodia di una persona. Aveva trovato delle persone che si
prendessero cura di me. Viaggiai su autobus, treni e barche per molto tempo, e
un giorno, dopo avermi fatto avere il mio visto per tornare negli Stati Uniti,
fui sempre affidata alle cure di qualcuno perché avevano paura di lasciarmi
andare da sola dopo aver vissuto così a lungo sottoterra.
Finalmente a casa
Un giorno fecero il nome
della città dove ero stata, dove vivevano la mia mamma e il mio papà. E dato che
ricordavo la strada per casa, quando scesi dal treno corsi fino a casa loro, a
pochi passi da lì, poiché è una cittadina molto piccola. E quando suonai il
campanello, il mio papà venne alla porta e, sapete, lo guardai in viso e non lo
riconobbi. Per questo, gli chiesi: "Lei sa dove vive mio padre?".
Egli rispose: "Chi sei, e
come ti chiami?".
Dissi il mio nome, e non
gli diedi il mio nome da chiesa, gli diedi il mio nome di battesimo. E quell'uomo
mi guardò, poiché aveva riconosciuto il nome, e rivolgendosi a me con il
nomignolo affettuoso che usava quando ero bambina, disse: "Sei proprio tu?". Mio
padre non mi riconosceva, eppure era proprio lui; mi invitò ad entrare e io gli
chiesi: "Papà, mamma è ancora viva?", perché non sapevo cosa ne era stato di
lei. E lui me la fece vedere. Giaceva nel letto da sette anni e mezzo, era
invalida. Era in una terribile, terribile condizione di invalidità. E
naturalmente né lei riconobbe me, né la riconobbi io.
Quella stessa notte mi
ammalai gravemente e mi riportarono in ospedale per altri tre mesi, ma mio padre
pagò ogni conto. Rimborsò il dottore di tutti i soldi che aveva sborsato per me,
pagò il dottore in un'altra città, e pagò la coppia anziana. Rimborsò ogni cosa
a tutti quelli che mi avevano aiutata. Ciò fu stupendo, e quando mi fui rimessa
in forze, avendo ricevuto l'addestramento da infermiera, feci l'esame da
infermiera, qui negli Stati Uniti. E sapete cosa fece Dio? Fece in modo che una
donna venisse proprio in quell'ospedale. Era un ospedale Cattolico Romano.
Questa donna era un
ministro della Chiesa di Dio. Ella venne lì, e io pensai, "Che strano!". Proprio
oltre il Mississippi ci sono due magnifici ospedali Protestanti, e lei vive da
quelle parti. Proprio lì, tre città unite. Perché mai questa donna è venuta in
un ospedale Cattolico Romano? Perché? Io credo che Dio abbia guidato ogni cosa
fin dall'inizio. Quella donna venne in quell'ospedale e il dottore mi disse:
"Voglio che tu ti occupi di lei", e così andai a preparare quella donna per la
sala operatoria, e la sentii pregare; io divenni l'infermiera personale di
quella donna.
Dopo aver lasciato
l'ospedale, ella andò a casa, e io la accudivo in casa. La donna mi chiese se
volevo andare in chiesa con lei. Sapete, l'avevo sentita pregare a casa sua
molte volte. Ero vissuta in quella casa abbastanza a lungo da poter leggere la
Bibbia, perché come sua infermiera seguivo i suoi ordini. Non avevo mai letto la
Bibbia prima in tutta la mia vita, ma lei mi dava le scritture e mi chiedeva di
leggergliele. E, sapete, mentre leggevo la Parola di Dio, Dio cominciò a parlare
al mio cuore. Così, quando quella donna mi chiese: "Vorresti venire in chiesa
con me?", io andai con lei, mi accomodai e ascoltai il Vangelo per la prima
volta in vita mia. E sapete, per quattro notti fu realmente meraviglioso. Non
avevo mai sentito nulla di simile. E lei mi parlava del piano di salvezza di
Dio, mi parlava di Dio, e mi diceva che avevo bisogno di Lui, di essere salvata.
E io le credevo.
Sapete cosa facevo ogni
notte? Andavo in chiesa con quella donna, e poi dicevo: "Vai pure a dormire, ma
io resto ancora un po' al pianterreno". Posavo la mia Bibbia sulla sedia, e lì
sfidavo Dio, dicendo: "Dio, hai sentito quello che ha detto il predicatore?
Signore, hai sentito?". E gli elencavo tutto quello che avevo ascoltato durante
il culto. Poi dicevo: "Dio, tu hai udito ogni parola? Allora, se Tu sei Dio e se
la Bibbia è la Parola di Dio, allora Tu sei reale! Io voglio quello che hanno
quelle persone. Ma, se non sei Dio, e se la Bibbia non è la Tua Parola, allora
non darmi nulla". Così mi rivolgevo a Dio, per metterlo alla prova. Siate certi
che Dio non vi darà mai qualcosa che non viene da Lui.
E ogni notte continuavo a
fare così, per quattro o cinque notti. Avevo perduto l'appetito e il sonno, e
cominciai anche a perdere peso. Ma una notte tornai in chiesa, e proprio nel
mezzo della predicazione mi alzai dal mio posto e, tese le mani verso l'alto,
corsi all'altare e gridai: "Mio Dio, perdonami per tutti i miei peccati!". Ero
una peccatrice. Ma Dio mi aveva portata lì. Gloria al Suo meraviglioso nome. Mi
pentii di tutto quello che avevo fatto in quel convento. Avevo rubato le bucce
delle patate. Avevo rubato il pane. Avevo mentito. Avevo rivolto degli insulti
tra i denti alla madre superiora. E voglio che sappiate che Dio mi incontrò in
quel luogo e mi perdonò di ogni peccato che c'era nella mia vita. E quanto Lo
ringrazio e Lo lodo per questo! Gloria al suo meraviglioso nome. Dio è stato
veramente buono con me. Molto, molto buono.
Qualche notte dopo, tornai
alla chiesa. Dio mi guarì con il battesimo dello Spirito Santo. Posso dire che
Dio significa per me molto di più di qualunque bene materiale che io ho in
questa città. Preferisco avere Gesù piuttosto che qualunque cosa che possiate
avere, perché ho trovato in Lui il migliore amico che io abbia mai avuto. Posso
parlarGli di qualunque cosa, e Lui non mi riprende per questo. Posso sedere ai
Suoi piedi e dirGli ogni giorno della mia vita: "Gesù, io ti amo. Gesù, ti amo".
E ogni segreto del mio cuore, posso confidarlo a Lui. È Lui il migliore amico
che tu possa mai avere. Egli è potente da salvarti. È potente da liberarti. Può
liberarti dalle cose di questo mondo e renderti libero di conoscere Lui. Gloria
al Suo nome. Ho un Dio meraviglioso. Lo amo immensamente. Preferirei avere Gesù
piuttosto che qualunque altra cosa il mondo possa offrire. Dio è reale nella mia
vita. È meraviglioso il modo in cui Dio mi ha liberato dal convento. Pregate per
me. Ho tanto bisogno delle vostre preghiere. Devo andare in paesi
prevalentemente Cattolici Romani. Dovrò soffrire molto, ma sono disposta a farlo
per Gesù affinché io possa parlare ad altri di Lui e raccontare loro la mia
testimonianza affinché altre piccole sorelle possano essere salvate dai
conventi. Perciò, pregate per me; lo farete?
Note
Va comunque premesso una cosa, chi
scrive queste poche righe ha avuto modo di conoscere preti veramente sinceri e
onesti pur indottrinati non conforme alle sacre scritture ma che comunque sono
persone di cui va portato il max rispetto. Purtroppo dobbiamo dire che sono
pochi.
Questa testimonianza è stata tradotta dall'originale disponibile sul sito
Jesus is Lord, dove sono disponibili gratuitamente anche molte altre
testimonianze, confutazioni e libri da scaricare (in lingua inglese).
La traduzione in italiano è stata effettuata dal curatore del sito
Il Cammino Cristiano. È consentita la riproduzione integrale, nonché
la diffusione, del presente documento.
Una traduzione libera di questa testimonianza in lingua portoghese è disponibile
sul sito
El Nuevo Camino.
Non ho tradotto questa testimonianza per fomentare odio verso i credenti
Cattolici, ma affinché anche da noi si sappia quel che è stato fatto e che si fa
in diversi conventi Cattolici nel mondo. Non è dunque ai credenti Cattolici che
rivolgo il mio biasimo, ma alla chiesa Cattolica Romana, che pretende di essere
l'unica vera chiesa cristiana al mondo, eppure con le sue azioni empie e le sue
dottrine pagane ha rinnegato Cristo ed ha esposto per secoli il Cristianesimo
intero a infamia.
Consiglio di leggere anche gli altri scritti presenti nella
sezione principale, le
testimonianze di un ex prete e di un ex sacerdote cattolico, e
questo studio completo sulla chiesa Cattolica Romana e sulla storia
del papato.
La testimonianza in lingua originale è stata trascritta dalla registrazione di
un raduno Cristiano, durante il quale la sorella Charlotte ha reso la
testimonianza. Ella è nata nel 1898, ed è entrata in convento
approssimativamente nel 1910. Ha sperimentato la salvezza nel 1945, e da allora
ha cominciato a rendere questa sua testimonianza negli Stati Uniti e in Canada
per 15 anni, sotto lo pseudonimo "Charlotte Wells", per proteggersi da
attentati. Si è spenta nel 1985 in una clinica in California.
La sorella che Charlotte incontrò e grazie alla quale conobbe il Signore (se ne
parla alla fine della testimonianza) è Nilah Rutledge, moglie del pastore John
Mean della chiesa di Dartmouth. Nilah seguì Charlotte nei suoi viaggi in USA e
in Canada.
http://www.censurati.it/index.php?q=node/87&from=100&comments_per_page=50 ;
Oltre a questi ci sono altre scoperte veramente sconvolgenti di preti che pur
essendo condannati per pedofilia, la chiesa cattolica per premio gli da ancora
degli incarichi pastorali in altre parrocchie basta aprire la pagina allegata
per rendervi conto di quando stiamo dicendo.
http://italy.indymedia.org/news/2006/07/1106122.php
. Purtroppo notiamo dei sinceri cattolici, forse perché non sono veramente a
conoscenza di questi fatti eclatanti, forse perché si rifiutano di credere a
queste testimonianze, qualcuno ha dedicato un sito contro gli evangelici
cercando di fare il difensore paladino della chiesa romana cercando di far
vedere ai visitatori la chiesa cattolica vittima di accuse ingiuste dai fratelli
evangelici. i collegamenti delle righe soprastanti non sono di origine
evangelica non che siti di carattere sociale di cui denunciano i misfatti in
esse descritte.
Un Webmaster (almeno credo visto che il
sito è suo personale) esalta la chiesa cattolica asserendo che essa e solo essa
è quella che denuncia tutte le cose peccaminose, anzi e meglio leggere
direttamente la sua espressione. La
TV ogni giorno ci propina fiction e trasmissioni che normalizzano lentamente,
abituando le nostre menti, i comportamenti più abnormi, l'adulterio fa parte del
90% dei films. I normali di una volta stanno diventando anormali, quindi ad
esempio o approvi i matrimoni gay o sei antiquato e razzista, o approvi
il divorzio o sei mentalmente ottuso. Molte trasmissioni oggi vengono fatte per
anormalizzare il mondo per mezzo dello slogan "tutto ciò che è moderno è buono
giusto e bello." La TV di oggi fa sentire in colpa i normali di una volta e di
oggi. L'unica controcorrente che alza la voce, ma non può imporre nulla
con la forza, è la Chiesa cattolica romana, perchè nei paesi a maggioranza
protestante si assiste alla sempre più progressiva accettazione del modernismo
con tutti i mali citati sopra.
La domanda a questo punto nasce spontanea, come una realtà come la chiesa
cattolica può alzare la voce quando all'interno delle loro mura esiste una
realtà raccapricciante? (almeno sulla base di quelle che sono le denunce tratte
da vari siti non evangelici) Quindi chi sta accusando ripetiamo, non sono gli
evangelici ma i mass media ,la stampa e persino l'internet come gli allegati
sopra inseriti. Quindi una realtà come la chiesa cattolica romana non può essere
attendibile nel suo grido contro il degrado sociale quando per prima non da
l'esempio di mettere fuori quei preti che hanno fatto atti osceni e roba del
genere. Dalle denunce descritte purtroppo costatiamo questi personaggi
che hanno abusato sulle suore e sui minorenni continuano a fare esercizio
pastorale o sacerdotale come nulla fosse stato. ecco cosa dice ancora il web
master del sito contro gli evangelici: Ma tutti noi
sappiamo che ciò non corrisponde a verità, errori anche gravi commessi da
leaders o fedeli protestanti se ne possono elencare di svariati.
Si lo possiamo
testimoniare pure noi che ministri evangelici hanno commesso azioni vergognose,
ma è altre tanto vero che sono stati messi fuori dalla chiesa per la buona
testimonianza del vangelo di Cristo e poi della chiesa. (comunque questi
ministri si sono giocati il ministero, anche se si saranno pentiti dal loro
sbaglio o peccato. Questa coerenza purtroppo non è stata notata nella chiesa
cattolica.
A proposito del celibato dei preti cattolici
Molti vedono nel celibato imposto dalla Chiesa Cattolica Romana a vescovi e
preti la fonte di molte delle perversità commesse da questi ultimi (incesto,
pedofilia, omosessualità) nel corso degli ultimi venti secoli. Ma chi ha imposto
questa regola?
Non Dio, infatti la Bibbia dice:
"Il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie" (1 Timoteo
3:2).
"Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti" (Ebrei 13:4).
"Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno
dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demoni, sviati dall'ipocrisia
di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. Essi
vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha
creati..." (1 Timoteo 4:1-3).
Inoltre, l'apostolo Paolo, che era single,(*)consigliò a chi vuole servire
pienamente Cristo di restare celibe, ma non impose affatto il celibato
come condizione obbligatoria, come invece ha fatto la Chiesa Cattolica Romana.
Quella che segue è la testimonianza della
conversione di Giovanni Battista Treccani a Gesù Cristo,
trascritta da una registrazione audio effettuata in Svizzera
francese anni fa durante una riunione in cui Giovanni Battista
Treccani rese la sua testimonianza.
Ringrazio il Signore di questa buona
opportunità in questa mattina. Certamente il Signore ha qualche
cosa di speciale per ciascuno di noi. Io ne sono certo. Da
questa mattina presto, sentivo la presenza del Signore, e
pregavo che potessi giungere qui in tempo. Il treno andava
sempre più adagio, però, sono arrivato qualche minuto prima.
Grazie al Signore per questo.
Mi piacerebbe di più predicare in spagnolo, è
la mia lingua attuale, però approfitterò dell’occasione di
predicare in italiano, benché molti termini non me li ricordo
bene. Gloria al Signore.
Sono gli ultimi giorni che mi trovo in
Svizzera, già il dieci ritorno alla Patagonia. Quanti sanno
dov’è la Patagonia? La Patagonia è l’ultimo della terra, dove
finisce il mondo. Quando il Signore mi ha mandato là, la chiesa
cattolica mi mandò come missionario in quel posto, per
convertire gli Indios al cattolicesimo. Però un Indios mi ha
convertito alla via del Signore!
Io molte volte chiedo al Signore perché non
L’ho conosciuto in Italia, quando studiavo a Roma. Perché non
L’ho conosciuto nel Vaticano. Perché non L’ho conosciuto nel
monastero. Il Signore mi portò così lontano, per rompere le
catene che legavano la mia vita, per farmi conoscere la verità,
e concedermi la pace nel profondo del cuore. Alleluia.
Prima di dare la mia testimonianza vorrei
riflettere un poco su Nicodemo, nel capitolo 3 del Vangelo di
san Giovanni. Tutti conosciamo questo... chi era Nicodemo e chi
è Gesù. Tutti sapete chi è Gesù, no? Chi è Gesù per voi,
personalmente! E molti dicono: si, io lo conosco come una
persona della storia... molti come un leader religioso... altri
per un martire... ma chi è per noi? La risposta dovete darla voi
questa mattina! Se è solamente quella persona che... ricorriamo
a Lui quando abbiamo bisogno? Oh, Lui è tutto per noi. Prima
dell’aspirina, prima dello psichiatra, prima dei nostri amici...
Lui deve essere al primo posto. Quando Lui è al primo posto,
allora abbiamo la certezza che quando noi eleviamo la nostra
preghiera a Lui, Lui certamente ci ascolta. Per questo molte
volte non riceviamo la risposta dal cielo, perché noi non siamo
disponibili a Lui. Abbiamo il novantanove per cento tutto a
nostra disposizione, però per il Signore solo l’uno per cento.
Che il Signore ci aiuti in questo.
Io sono giunto al Signore nelle stesse
circostanze di Nicodemo. Mi trovavo nella stessa posizione. Ero
un buon religioso, però senza pace nel mio cuore. Avevo bisogno
di un incontro con il Signore. E certamente l’ho cercato con
tutte le mie forze, come Nicodemo Lo cercava con tutte le sue
forze. Voleva avere una risposta in Dio, e la risposta in Dio
l’abbiamo solamente quando abbiamo una relazione diretta con
Lui. E questo è importante nella nostra vita. Non per quello che
ci dicono gli altri, ma per una esperienza personale. Nicodemo
voleva questa esperienza, un po’ a comodo suo, però il Signore
ha cambiato tutto il panorama dopo. Nicodemo non riusciva a
capire che doveva nascere di nuovo. Molti non capiscono questo
termine; anche nelle nostre chiese, succede molte volte questo.
Siamo buoni religiosi, però non c’è un cambiamento, non c’è la
nuova nascita, non c’è una trasformazione. Nicodemo forse voleva
seguirlo nello stesso stato religioso, non poteva concepire che
doveva nascere di nuovo. Lui prese un argomento umano, e
argomenti ce ne sono molti. Se voi parlate coi Testimoni di
Geova, hanno molti argomenti. Parlate con i Mormoni, hanno molti
argomenti. Tutte le religioni hanno i loro argomenti. Mi trovavo
in terra Santa i giorni scorsi, ho avuto contatto tanto con gli
Ebrei che con i Musulmani, e loro hanno tanti argomenti. Però i
loro argomenti finiscono sempre lì. Però il Signore va ancora
più in là... il cambio, la trasformazione... e Gesù voleva
portare Nicodemo a questo punto. Non poteva capirlo, umanamente
non lo possiamo capire, il potere di Dio che interviene nella
nostra vita. Allora sì, incominciano a cambiare le cose.
Quando Gesù ebbe l’incontro con la
Samaritana... la Samaritana aveva una vita disordinata, però
pretendeva attraverso la sua religione che adorava Dio così.
Però Gesù cambiò le cose, e il Signore vuole cambiare anche la
posizione della nostra vita.
Io sono nato nel nord Italia. Non vi dico
l’età... (risate generali)... no, cinquantaquattro... ero il più
piccolo di sette figli. Gli altri due furono allevati perché
erano orfani. Quando sono nato mia mamma era abbastanza anziana
già... e i dottori hanno detto che era impossibile che potevo
nascere. Però mia mamma era una sincera cattolica... più che
cattolica, era cristiana... e disse al Signore questa preghiera:
Signore, se questo figlio giunge al mondo, io vorrei che lui ti
possa servire... questo non era il pensiero di mio padre, perché
nella famiglia c’erano molti religiosi, e perciò mio padre era
stanco a vedere tutte quelle sottane che entravano e uscivano
dalla casa... (risate). Mai più aspettava un figlio che fosse un
sacerdote.
Però, ai sette mesi io sono giunto a questo
mondo. Ero un bambolino così, e avevano paura che morissi lo
stesso giorno. Allora mi avvolsero in tanti stracci e mi
portarono alla chiesa del mio paese. Aveva nevicato abbastanza,
e [andammo] con un carro trainato con un cavallo. Mi misero il
nome di Giovanni Battista. Mi portarono a casa, però mia zia era
una persona molto distratta... mi teneva bene avvolto per il
freddo, e pesavo così poco che non se ne accorgeva se c’era
qualche cosa negli stracci... quando noi avemmo il nostro
figlio, mi insegnò come prendere il bambino nelle mani. Però mia
zia era una persona molto distratta, e mi prese così, e quando
scese dal carro, io sono caduto nella neve... (risate). Mia zia
non se n’è accorta, è arrivata a casa, ha messo il tutto sulla
tavola, e mia mamma vedeva che non mi muovevo, non piangevo, e
sono andati a vedere e non mi trovavano! Dovettero correre
subito fuori, e mi trovarono che dormivo placidamente nella
neve. Volete sapere una cosa? E’ che il Signore mi stava
preparando per portarmi alla Patagonia... la Patagonia è il polo
sud! (risate) E’ dove abbiamo anche 34 gradi sotto zero...
Sono cresciuto in un ambiente sereno, però da
piccolo incominciai a ascoltare la voce di Dio che mi chiamava.
Desideravo con tutto il mio cuore servirlo. Tutto quello che
avevo a mia disposizione era la religione. Però avevo fame delle
cose di Dio. Incominciai a crescere in quell’ambiente. All’età
di dieci anni, partii dalla casa per rinchiudermi in un
seminario. Mio padre non voleva, però sono scappato dalla casa.
E mi ricordo che avevo bisogno di parecchie cose, mia sorella si
stava per sposare, e ha dovuto tagliare le sue lenzuola... in
mille modi mi hanno aiutato per entrare in seminario. All’età di
15 anni ho ricevuto gli abiti religiosi. Mi sentivo molto
felice, perché non conoscevo il mondo, non conoscevo il peccato
ancora, e non conoscevo profondamente quello che era la mia
religione! Vivevo in una vita artificiale...
Dal nord Italia mi mandarono a studiare a
Roma. Io desideravo giungere a quella città. Avevano detto che
era la città eterna, la città santa. Io desideravo giungere in
quel posto. Benché dopo qualche anno ho dovuto scappare da Roma.
E’ la città pagana, la città idolatra, la città della menzogna,
la città dei ladri. Però quando sono giunto là avevo questo
panorama davanti a me. E incominciai a crescere negli studi,
però ho incominciato a sentire che c’era qualcosa che mi faceva
essere triste: sentivo un vuoto dentro di me. Allora incominciai
a pregare di più, incominciai a rinnovare le mie devozioni,
incominciai a approfondire la religione. Però, più facevo tutte
quelle pratiche religiose, più mi sentivo vuoto. Mi accorsi che
non avevo la pace. Mi accorsi che il carico dei miei peccati era
ancora su di me, benché mi confessavo tutti i giorni.
Allora giunsi a una tremenda realtà. Non
sapevo cosa fare, non volevo parlarne nemmeno con i miei
superiori. Però un giorno mi decisi ad andare a loro, e feci
loro qualche domanda. Allora mi dissero: "devi recitare
cinquanta Ave Maria, devi recitare cento Padre Nostro". Però
finivo, e mi trovavo sempre più peggio. E: "Devi leggere la vita
di quel santo". Molte volte non andavo in vacanza per leggere le
biografie dei santi, per vedere se loro avevano trovato la
risposta nella loro vita. Però la triste realtà al finale di
quella biografia, mi trovavo nelle stesse condizioni di quel
santo. E quelli avevano la stessa condizione mia! Mai trovarono
la risposta ai loro problemi. E questo mi rendeva ancora più
triste. Non sapevo cosa fare.
Giunsi al Vaticano. Era la prima volta che
vedevo il papa. Io ho detto: certamente quando il papa passa
davanti a me, la sua benedizione giungerà al mio cuore, e mi
aiuterà a uscire da questa situazione. In quel tempo era il papa
Pio XII. Vi sto parlando del 1950. Era l’anno santo. Ogni 25
anni c’è un anno santo... per me son tutti gli anni santi, tutti
i giorni! Alleluia! Perché la presenza del Signore è con noi. E
questo è importante. Quando un pastore chiese a uno dei papi
ultimi, e gli disse così: "quante volte nella sua vita ha
sentito la presenza del Signore?", ha detto: "due volte: quando
sono stato consacrato sacerdote, e quando mi hanno fatto papa".
Che miserabile. Se io non sento la presenza del Signore nel
giorno, mi sento morire! Ed è così per la vita di un cristiano,
se non c’è la presenza di Dio non siamo niente! Siamo morti! Non
c’è vita! Perché Lui è la vita!
E quando ero lì in quella grande chiesa di
San Pietro... non so quanti l’hanno vista... all’entrata della
basilica di San Pietro c’è la misura delle più grandi chiese del
mondo. La basilica di San Pietro misura quasi un chilometro, 988
metri, e sono circa 500... (di larghezza?) e 117 di altezza... è
tremendo.
Quando mi trovavo in quella grande chiesa,
era piena di gente, e Pio XII non veniva camminando, era portato
da 12 principi, e lui era seduto nel suo trono, e sulla sua
testa c’era la tiara. Sono 3 corone la tiara. La classica, la
tiara classica, voi sapete quanto pesa? Pesava 15 chili!
Argento, oro e pietre preziose. Certo, lui muoveva la testa
dentro perché era agganciata nella sedia! Se no sarebbe rimasto
schiacciato. Però grazie al Signore che le tiare dei papi
restano nel museo vaticano, ma noi abbiamo la corona
incorruttibile di gloria, che né il fuoco, né i ladri, la
possono rubare. Alleluia!
E quando vidi il papa che veniva in questa
posizione, e io credevo fermamente che lui era il vicario di
Cristo. Voi sapete chi è il vicario di Cristo? (rispondono: "lo
Spirito Santo") Lo Spirito Santo. "Non vi lascio orfani, vado al
Padre e pregherò"... e vi darà lo Spirito Santo, il vicario,
colui che ci conduce a Dio, attraverso la santificazione. E io
desideravo che il papa mi desse la benedizione. E quando lui
veniva avanti, davanti a lui c’era un chierico che portava la
croce. E guardavo la croce. Guardavo quel Cristo crocifisso con
la corona di spine sulla sua testa. E allora fu la prima volta
che considerai il Cristo coronato di spine. Allo stesso tempo,
credendo che il papa era il vicario di Cristo, io ho detto:
perché deve lui portare una corona così, se Cristo ha portato
una corona di spine per amore nostro? Qual è il significato?
E allora avevo la mia mano bene in alto, e
aspettavo quella benedizione. Però quando il papa è venuto
vicino, la mia mano non era più in alto. Già l’avevo abbassata,
perché avevo visto quel contrasto. Cristo coronato di spine, e
un uomo caricato di oro e argento. E venne dentro di me una
tristezza grande. Incominciai a piangere. Corsi al seminario, e
il mio superiore mi chiese: "hai avuto quell’esperienza che tu
cercavi?" Io ho detto: "Non ho avuto niente". Allora chiesi:
"Perché? Perché tutte queste cose?" Allora dice: "Eh, è
necessario. Dobbiamo gradire attraverso queste cose." E’ per
questo che dopo molte volte la celebrazione della messa, io
restavo seduto lì nel banco, e molte volte piangevo senza sapere
perché. E dicevo: "Signore, se ti sto servendo qui, perché non
ti sento? Perché non ho nessuna esperienza dentro di me?". E non
avevo nessuna spiegazione.
Andai a confessarmi, e dissi al mio
confessore: "Io vorrei che in questo momento io possa sentire il
perdono dei miei peccati. Possa sentire la pace che lei mi sta
offrendo". Perché dopo la confessione lui mi diceva sempre "và
in pace e non peccare più". Però non arrivavo alla porta della
chiesa che già non avevo più la pace, e sentivo ancora il peso
dei miei peccati. Però mi presi da lui quel giorno, e gli dissi
"datemi questa pace che voi mi offrite. Datemi il perdono dei
miei peccati". E allora tristemente lui guardò la terra, abbassò
i suoi occhi, e mi disse così: "non posso dare quello che io non
ho". Io credevo che ero l’unica persona che viveva in quella
condizione. Però vedevo che anche il mio superiore stava nelle
stesse condizioni. E mi disse "vai dal vescovo, forse lui ti può
aiutare". E chiesi al vescovo se lui aveva la pace. Lui disse
"si, ho pace dentro di me". Ma forse aveva pace nella sua tasca.
Ho insistito a lui, e allora tristemente anche lui non mi ha
potuto guardare in viso; anche lui era nella stessa condizione.
Quando uno di questi papi stava per morire, un pastore
evangelico gli chiese se lui aveva la certezza della sua
salvezza. Allora il papa rispose così: "Non ho nessuna certezza
della mia salvezza, però sono certo che vado al purgatorio. Però
ho seicento milioni di cattolici che pregheranno per me, e io
non passerò molto tempo dentro lì". Però gloria al Signore, noi
abbiamo la certezza della nostra salvezza! Quando Lui ci
chiamerà, andremo alla casa del Padre! La riteniamo la nostra
casa, dove Lui ci aspetta. E questo è molto importante, quello
che Nicodemo non capiva, e quello che i religiosi non possono
capire.
Allora, mi sentivo disperato, avevo finito i
miei studi di filosofia. Invece di avvicinarmi a Dio mi avevano
allontanato ancora di più! Incominciai gli studi di teologia...
peggio ancora! Avevamo non so quante ore di teologia dogmatica
di studio ogni settimana, però una sola ora alla settimana di
studi della Bibbia. E solamente qualche parte della Bibbia,
quello che ci conveniva...
Allora presi una decisione: se qui a Roma non
trovo quello che la mia anima cerca... mi hanno consigliato
anche altri, "devi chiuderti in un monastero; là, attraverso le
penitenze potrai trovare la pace". Allora ritornai al nord
Italia, in un paese che si chiama Lovere, è provincia di
Bergamo, su una montagna c’è un monastero. Entrai in quel
monastero. Quando bussai a quella porta, venne un monaco a
ricevermi. Aveva una barba lunga e aveva un cappuccio in testa.
Nemmeno mi ha guardato in faccia, e mi disse bruscamente: "cosa
cerchi?". Io ho detto: "vengo a cercare la pace, la serenità".
Certamente c’era la pace in quel posto. La pace esteriore, che
nemmeno i passeri andavano lì, perché era così triste quel
posto! (ride) Però, mi dissero, "se tu resisti", perché io ero
magrolino, "puoi rimanere". Allora suonò la campana, vennero
tutti i frati del monastero, mi portarono in chiesa, e mi fecero
sdraiare in terra davanti all’altare e mi coprirono con uno
straccio nero, e hanno acceso quattro candele. Era il simbolo
che dovevo morire al mondo. Allora cominciarono a cantare il
salmo 51. Io tremavo dalla paura sotto quello straccio! (ride)
Era simbolo che dovevo morire. Quando mi alzai di lì, mi
cambiarono gli abiti, mi cambiarono il nome anche. Mi misero il
nome di Clementino. Non so dove l’hanno pescato! (ridono) Però
non hanno potuto cambiare la condizione del mio cuore. Rimanevo
nella stessa posizione.
E mi diedero due cose nelle mie mani: la
disciplina e il cilicio. La disciplina è una catenella, finisce
in sette catenelle... tre volte al giorno la usavamo, e la pelle
diventava sempre più sensibile, perché lo stesso abito che
usavamo sfregava sul corpo, era un continuo dolore, anche la
pelle era molto sensibile. E quando c’era una tormenta dentro di
me, io usavo la disciplina, mi chiudevo nella mia cella, e molte
volte fino a essere bagnato di sangue, cercando la risposta nel
mio cuore.
Il cilicio era una cintura con delle punte,
era di ferro. Non era fatta a misura, apparteneva agli altri
monaci che erano morti... meno male che ero più magro... si
usava sempre alle 12 della notte, e dovevamo alzarci e cantare
il salterio in fila. E quando uno pregava doveva inclinarsi
profondamente così. Allora quelle punte penetravano nella carne.
Parecchi dei miei compagni sono morti di tetano, per infezione,
per causa di quelle punte.
Un’altra cosa che mi dava fastidio era il
cranio di un monaco morto... ci portavano all’ossario comune,
perché i monaci quando morivano erano sepolti nella sabbia,
senza mura. Allora poco tempo dopo restava lo scheletro pulito,
ed erano portati in un solo posto. Quando i monaci entravano nel
monastero, dovevano scegliere un cranio, e uno doveva portarlo
sul tavolino dove studiava. E io avevo una paura tremenda!
(ride) Principalmente di notte... dovevo coprirlo con uno
straccio perché mi spaventava! E peggio ancora, non avevamo la
luce elettrica dentro nella cella, e la paura era ancora più
grande...
Quando mi trovavo nel monastero è morto mio
padre anche. Solamente ci avvisavano così: "pregate perché il
papà di uno di voi è morto". Uno si chiedeva sarà mio padre,
sarà mio padre? E questo era tremendo. Però l’ho saputo dopo che
fu mio padre che era morto. Ero a pochi chilometri dal mio
paese. Lui mi chiamò fino all’ultimo momento. Però non mi hanno
permesso di giungere là. Benché la legge di Dio dice "onora tuo
padre e tua madre", la religione dice di odiare di odiare mio
padre e mia madre. Veramente c’era già un odio tremendo dentro
di me.
Nell’anno ‘59 vennero i miei zii che vivevano
in Argentina, e chiesero... a quel tempo era arcivescovo di
Milano, che dopo fu Paolo VI... e chiesero a lui dove mi
trovavo... perché avevano bisogno di un missionario là. Loro
dissero "abbiamo bisogno, dovete mandarlo con noi". Però [la
risposta fu] "non può uscire dal monastero, è impossibile!" Io
avevo preso i voti solenni. Ero considerato come un morto. Ero
così nel registro civile del mio paese, ero già cancellato.
Quando ho dovuto fare il passaporto, mi hanno detto "ma se lei è
morto?". Ho dovuto portare mio fratello e mia sorella per dare
testimonianza che ero della famiglia. Però grazie al Signore che
le mie ossa non sono rimaste nel monastero. Il Signore mi ha
preso fuori a tempo. Allora chiesero il permesso al Vaticano, e
mi hanno tolto dal monastero. Io dissi, dove vado adesso, se per
me era l’unica speranza il monastero? Però, il Signore aveva
preparato qualche cosa di meglio.
Mi preparai per andare in Argentina. E lo
stesso giorno che partii per l’Argentina, non avevo i soldi
sufficienti per pagare il mio biglietto della nave. Però avevo
fiducia che il Signore mi aiutava. Mia mamma mi disse, "io sono
contento che tu vada, se è per il bene della tua anima". Mi
dispiaceva lasciarla sola. Però quella stessa mattina venne una
donna e mi portò un libro, e dentro c’era una busta e c’erano i
soldi che avevo bisogno per pagare il mio biglietto. Mi mancava
30.000 lire, e lì c’erano 30.000 lire. Nessuno lo sapeva. Uno
solo, Colui che mi stava chiamando. Allora partii contento per
l’Argentina. E per due anni ho lavorato come missionario
cattolico in Argentina.
Però vedevo che non potevo fare niente per i
poveri Indios. Materialmente potevo aiutarli, ma spiritualmente
non potevo fare niente. Io non potevo dare a loro quello che non
avevo. E l’unico che davo loro era una stampa, una medaglia, un
poco d’acqua benedetta, e se volevano un poco di più, dovevano
pagare.
Però un giorno, ritornavo a una piccola
chiesetta che c’è su una montagna... ritornavo a quella
cappella. Io andavo tutti i giorni là. Sapevo che non trovavo
niente, però dovevo dare il buon esempio. Però a metà strada,
giusto dove noi oggi abbiamo la nostra missione centrale, mi
trovai con un Indios, e allora mi venne incontro e mi salutò.
Lui era molto sorridente, io avevo una faccia triste e severa.
Ero sempre arrabbiato, avevo un carattere tremendo. Il Signore
deve cambiare anche il nostro carattere. Deve cambiare anche il
nostro carattere. Deve cambiare il nostro carattere! E questo è
parte nella nuova nascita! Alleluia.
E quando venne a salutarmi, io non lo
conoscevo, però mi disse: "Che cerca in quel posto?". Mi
vergognavo a rispondere; sapevo che non trovavo niente. Però lui
mi disse così... il testo della Bibbia: "Perché cercate fra i
morti Colui che vive?". E però voleva dirmi questo: che cerchi
in quel posto, perché cerchi fra le cose morte Colui che vive?
Allora mi dice così: "Io so che tu cerchi la pace. C’è un solo
posto dove trovarla." Io dissi: "Che ne sai tu, povero Indios
ignorante?". Io avevo tanti libri in testa, però avevo un cuore
vuoto. Però lui mi disse così: "C’è un solo posto". Ma se il
Cristo io ce l’ho qui, sul petto... avevo una croce. Ce l’ho
grande, una statua in chiesa... ho l’eucarestia... ce l’ho il
Cristo! Però lui mi disse così: "Io voglio dirti di un Cristo
vivo, un Cristo che ti può aiutare, un Cristo che può cambiare
la tua posizione". Io non capivo quello che lui mi diceva. E lui
dice, "Questa sera vieni da noi, e pregheremo per te". Io dissi:
"Pregare per me?" Ma se non mi sentivo peccatore! Perché io
confessavo i peccati degli altri...
Però giunse la sera, il 24 giugno del 1961...
è inverno nella Patagonia, stava nevicando. Alzai la mia
sottana, era scuro di notte, e cominciai a correre, e come
Nicodemo giunsi di notte, di nascosto, avevo paura che gli altri
mi vedessero. Entrai in quella piccola chiesa, non c’era luce
elettrica, non c’era nemmeno pavimento, era terra, però c’era un
piccolo gruppo di cristiani che pregavano. Io incominciai a
ascoltare quelle preghiere. Tutto era nuovo per me. Io dicevo,
"Che belle preghiere. Dove saranno scritte?" (ride). Volevo
cercarle nel mio libro. Ero abituato a ripetere quello che gli
altri hanno scritto. Quando hanno finito di pregare, il Signore
mi diede la prima lezione. Tornai alla chiesa cattolica, e per
molti mesi celebravo messa nella chiesa cattolica, però andavo
anche al culto evangelico. A prima vista sembrava che dovevo
cambiare religione. Però la cosa non era così. Dovevo arrendere
il mio cuore al Signore. Mi sentivo felice quando ero lì al
culto; però avevo i miei obblighi nella chiesa romana. Però il
31 ottobre dell’anno ’61, come questa domenica è il compleanno
della mia nascita (applaudono)... io mi trovai davanti alla
chiesa cattolica, erano le cinque del pomeriggio. Allo stesso
tempo i fratelli [evangelici] lodavano il Signore nella chiesa.
Però io dovevo celebrare una processione là
nella chiesa cattolica. Ero molto arrabbiato perché non potevo
andare là! Ero lì davanti alla chiesa romana, c’era il vescovo
presente, e c’era presente quasi tutta la città. Allora il
vescovo dice, "incomincia la processione". Io avevo gli abiti
sul mio braccio, però avevo anche la mia Bibbia nelle mani.
Volevo correre là. Però dovevo realizzare quella processione. Il
vescovo dice, "incomincia la processione". Però io non volevo
muovere un solo passo in più, perché sentivo che era giunto il
momento della mia decisione. E il vescovo incominciò a urlare e
a sgridarmi, "dai comincia la processione!". E allora in quello
stesso istante sentii una voce che parlò dentro di me, e mi
disse così: "A che serve che tu realizzi questa processione, a
che serve che gridi "viva Cristo re", quando Io non regno ancora
nel tuo cuore?". Allora dissi al Signore in quell’istante:
"Signore vieni e regna nel mio cuore!". Incominciai a sentire la
presenza del Signore. Allora il vescovo mi spinse un’altra
volta: "incomincia la processione!". Ma la processione era già
incominciata, era quella dentro di me, alleluia! Allora mi tolsi
gli abiti, li tirai al vescovo, e cominciai a correre verso la
chiesetta evangelica. Dietro di me il vescovo mandò il popolo
cattolico, però ero abbastanza magro e correvo abbastanza
(ride). Entrai in quel piccolo posto, passai fino lì davanti,
perché sempre mi sedevo là prima. Il fratello predicava sul
figlio prodigo. Mi sentii come un figlio prodigo, e in quello
stesso istante piegai le mie ginocchia, e accettai Gesù come mio
sufficiente Salvatore, e sentii la Sua presenza, sentii la nuova
nascita dentro di me. In parole non potrei spiegare quello che
ho sentito in quel momento, però fu una cosa gloriosa. E se fino
a quell’istante mi ero sentito prete della chiesa romana, da
quell’istante sentii che ero un vero sacerdote di Gesù Cristo.
Non era facile per me. Molte cose mi legavano. Però i fratelli
allora mi presero, contenti lodavano il Signore, e lì fuori
c’era il popolo cattolico aspettando a me che passavo, perché
non si realizzò la processione; da quel momento non si è
realizzata più nessuna processione. Forse hanno paura che un
altro sacerdote sia salvato (ride).
I fratelli mi portarono vicino a un fiume...
acqua abbastanza fredda, acqua che viene dalla neve che si
scoglie... e mi portarono lì nell’acqua, e ho detto, "cosa fanno
adesso?" Io credevo che dovevo morire lì! (ride)... meglio
morire lì nell’acqua che morire per mano dei cattolici, perché
erano lì che mi aspettavano! Allora mi immersero nell’acqua [per
il battesimo], e i miei occhi si aprirono alla verità.
Non fu facile per me; la polizia mi buttò
fuori dalla città lo stesso giorno, e ho dovuto camminare quasi
100 chilometri, alla frontiera con il Cile, sotto un albero,
quella fu la mia prima chiesa, la mia prima casa, la mia prima
congregazione, perché non avevo niente materialmente parlando,
però avevo tutto, e da quell’istante la presenza e la gloria del
Signore è stata sulla mia vita. Adesso già abbiamo 18 posti dove
predichiamo la parola del Signore. Abbiamo comunità di 600-800
membri. Il Signore veramente ci sta aiutando. In molti paesi
dove c’era la chiesa cattolica, sono andati via.
Parlo dell’ultima missione soltanto, cercherò
di essere breve, qualche minuto solamente.
C’era una monaca che dominava un paese.
Dominava le autorità di un paese, e noi era da 14 anni che
volevano giungere in quel posto, e stavamo pregando il Signore.
Avevamo delle comunità tutt’interno lì, meno che in quel paese.
E allora i giovani della mia comunità, loro vanno tutti i sabati
ad annunciare il Vangelo ai villaggi. Allora sono giunti da quel
paese a un’altra missione, sono 25 chilometri. Incominciarono a
guadagnare al Signore famiglia dopo famiglia, e quando la monaca
se ne rese conto, già mezzo paese era convertito al Signore!
Abbiamo già costruito un locale di culto più o meno come questo,
quest’anno, però quando sono tornato nel mese di giugno, già
quel posto era pieno! Non ci stava più la gente, ne abbiamo
dovuto costruire un altro vicino. Adesso ci sono 300 persone che
si stanno preparando per il battesimo. A dicembre inauguriamo il
nuovo locale, e celebriamo anche il battesimo. E’ così anche in
altri villaggi. Ci stanno chiamando dappertutto per ascoltare la
parola del Signore. Ho un programma alla radio, che giunge in
molti posti, e molte persone si convertono al Signore, e lì
nasce una nuova comunità. Ringraziamo il Signore per questo.
Non fu facile. Sono stato avvelenato due
volte, ma il Signore mi ha liberato. Un’altra volta sono stato
pugnalato, ho perso molto sangue, mi trovavo in un posto lontano
del paese. Non ho denunciato quella persona, era un cattolico
che era stato un alunno mio quando ero prete, ma lui non poteva
capire perché avevo abbandonato la chiesa romana. Però lo
affidai nelle mani del Signore. Dopo qualche anno dovevo
costruire la cappella d’Eschel, che è grande, 11 per 42, però
non avevo i mattoni, avevo bisogno di venticinquemila mattoni
per costruire, e non avevo un soldo in tasca. Allora quella
persona passò con il suo camion davanti a noi, e si fermò, e mi
chiese cosa pensavo di fare. Io ho detto "voglio costruire un
edificio, una chiesa". Lui dice: "hai i mattoni?" "No". "Hai i
soldi per pagarli?" "No, non li ho nemmeno" (ride). E non mi
disse niente più. Io andai a visitare un’altra missione, e
quando tornai c’erano i venticinquemila mattoni lì! Quell’uomo
costruiva i mattoni, li fabbricava, e donò quei venticinquemila
mattoni. Il Signore veramente ha guadagnato il suo cuore. Il
Signore è buono. Pregate per questo.
Noi in Patagonia abbiamo avuto il 3000% di
inflazione quest’anno. Ci sono operai che guadagnano 25 dollari
al mese, ed è un’opera in crescita, e adesso abbiamo cinque
cappelle in costruzione. Stiamo per costruire una scuola dove
insegniamo a lavorare e prepararsi nella Bibbia. Vengono dai
campi, non sanno fare nessun lavoro, l’unico è andare a cavallo.
Vi invitiamo alla Patagonia, affinché potete aiutarci nell’opera
del Signore.
La domenica devo fare quasi 600 chilometri.
Lascio un gruppo in un paese, un altro in un altro paese, vado a
celebrare il culto in un paese dove ci sono parecchie comunità,
e torno verso sera per celebrare il culto nella mia comunità. Le
strade sono molto difficili, molte volte dobbiamo attraversare
anche dei fiumi. Prima lo facevo a piedi, quando non avevo la
macchina... in pieno inverno, con l’acqua fino alla cintura. Con
neve ai lati del fiume, però con il desiderio di predicare la
parola di Dio. L’ambiente della Patagonia è un posto molto
inospitale, per il vento forte, per le grandi distanze... sono
3000 chilometri di lungo, e quasi tutto deserto; ci sono
parecchi villaggi, di pastori, di caprai, però con desiderio di
conoscere la parola del Signore. Aiutateci nella vostra
preghiera, e ricordatevi ogni tanto di noi.
E se desiderate venire a trovarci, venite
nell’estate là, in dicembre, gennaio, febbraio e marzo, sono i
mesi tollerabili. Però in febbraio abbiamo il congresso dei
giovani; sono centinaia e centinaia di giovani, che si
riuniscono lì all’aria aperta in un bosco nella Cordigliera
delle Ande, un posto molto bello per ricevere il consiglio della
parola del Signore. La prima settimana di marzo abbiamo il
nostro raduno, vengono tutti i nostri fratelli, e tutti quelli
che servono il Signore; abbiamo fatto abbastanza letti, benché
ci mancano parecchi materassi ancora (ride). Costa 25 dollari un
materasso là; un sacco di farina costa quasi 15 dollari là.
Pregate affinché il Signore ci possa aiutare.
Ho trovato nel web questo articolo che afferma:
"Ridere
e sorridere di tutto è una eccellente ginnastica per la
felicità".
Tanti miei fratelli evangelici dovrebbero capire che
certe culture sono estranee al messaggio della
rivelazione biblica. Non tutto ciò che è considerato
positivo ha la radice nella rivelazione.
Eppure siamo stati avvertiti, anni fa, che la "New age"
stava conquistando il mondo e le chiese stesse erano in
pericolo! Allora torniamo a squillare la tromba:
"attenti al sincretismo (sia religioso e sia
filosofico)". Gesù torni ad essere l'unica via.
Se
vuoi ridere... vai al circo, ma non confondere il tuo
cuore; non mescolare il legittimo bisogno di svago o di
sano divertimento con la potente, nonché decorosa,
predicazione della Parola di Dio.
IL CONTROLLO DELLE
EMOZIONI
Ridere e sorridere di
tutto è una eccellente
ginnastica per la
felicità
(l'immunologo Lee Barker
insegna che il riso,
componente della vita
emotiva, riduce gli
ormoni dello stress,
come il cortisolo,
stimola il corpo a
produrre endorfine
naturali mentre è utile
a riequilibrare le
difese immunitarie
dell'organismo
Prima di
tutto bisogna imparare a rendersi
conto della presenza di una emozione
negativa, di uno stato di emergenza
o di un pensiero responsabile, senza
sentirsi in colpa e senza reprimerli
ma invece esprimendoli per prenderne
le distanze, per combatterli e
neutralizzarli o attenuarne almeno
l'intensità, agendo:
- sia
sul piano oggettivo dell'incontro
con i fatti negativi della vita
(perché si vivono pochi stati
emozionali positivi, perché la
civiltà moderna ci costringe
continuamente lontano da una vita
adeguata alla nostra natura
biologica e genetica: sempre vicino
a persone aggressive, capi
prepotenti, colleghi pronti a
invadere il nostro spazio; sempre
con tanti problemi da risolvere uno
dopo l'altro; ecc.);
- sia su
quello eventuale soggettivo di
difficoltà psicologica, per un
persistente pensiero automatico
condizionante interno, acquisito o
innato, o caratteriale.
Il
controllo oggettivo
Ponete gli amici al centro della
vita
Vanno
però posti al centro della vita solo
quei pochi amici che più apprezzate,
che più rispettate, che siano
naturali e non frutto di calcoli,
che diano più piacere nello stare
insieme, con i quali si ha più
comunanza di esperienze, reciprocità
e fiducia (che assorbono la porzione
più rilevante di valore emotivo
positivo cioè che hanno il più alto
valore di capitale sociale).
Ridete e sorridete
Ridere e
sorridere di tutto è una eccellente
ginnastica per la felicità
(l'immunologo Lee Barker insegna che
il riso, componente della vita
emotiva, riduce gli ormoni dello
stress, come il cortisolo, stimola
il corpo a produrre endorfine
naturali mentre è utile a
riequilibrare le difese immunitarie
dell'organismo. Ad esempio, Seligman,
1990, ritiene che l'ottimismo possa
influenzare la salute mantenendo le
difese immunitarie più attive). In
particolare: con il riso ci si
allena a non prendere le cose troppo
sul serio; con la risata ci si sfoga
allentando le tensioni
neuromuscolari provocate da
un'eccessiva accettazione delle
costrizioni sociali; alcune
malattie, perfino mortali, quali il
cancro, possono essere ostacolate
nel loro corso da un uso massiccio
di semplice ed ilare comicità; la
terapia del riso sembra inoltre
particolarmente efficace verso i
malati di affezioni psicosomatiche
(la psicologa Donata Francescato
sostiene che ridere e sorridere
porta a rendere di più nel lavoro,
nello studio e nello sport. Ci si
ammala di meno, si invecchia meglio
e si ha una aspettativa di vita più
lunga. Ridere migliora la
funzionalità del sistema
respiratorio mettendo in attività un
numero enorme di muscoli, ferma lo
stato d'ansia, rallenta il battito
cardiaco, riossigena l'organismo.
Perfino il rapporto di coppia trae
giovamento dall'allegria che lo
mantiene vivo e lo consolida).
Tempo libero e vacanze
Disporre
di opportuni momenti di "tempo
libero" e "vacanze", in cui
praticare attività lontane da ogni
forma di stress, orientandoli per un
benessere attivo ossia verso ciò che
stimola sia il corpo che la mente
per arricchire la conoscenza di sé e
far sentire bene fisicamente e
mentalmente: gite in montagna, gite
in bici, frequenza di piscine,
ascolto della musica, visite alle
città o ai parchi, ecc. in compagnia
di persone con cui ci si sente in
armonia.
Consentitevi qualche follia
personale
Consentirsi qualche follia
personale. Magari nel vostro privato
più privato, nel bagno di casa, in
camera da letto, lasciate attivare,
consentite, giocate, non inibite
quei comportamenti, anche strani,
incomunicabili, ma che vi
rassicurano, liberandovi così da
quelle tensioni che altrimenti
rimarrebbero incapsulate dentro.
Fate un lavoro che amate
Fare un
lavoro che si ama perché una persona
che si ritrova a fare un lavoro che
non ama, che lo sconvolge, a forza
di sconvolgersi tutti i giorni si
ammala. Se non lo avete, invece di
continuare a considerare di quello
attuale gli aspetti che non vi
soddisfano, o a lamentarvi,
caricando così di energia negativa i
vostri pensieri e il vostro tempo,
con grave danno per il vostro SI,
imparate a visualizzare quello che
vi piacerebbe e a mantenerlo, senza
lasciarlo cadere come
irrealizzabile, in modo che se
diventasse reale possiate essere
pronti per coglierlo al volo mentre
si veda ogni problema che si
incontra come una possibilità di
dimostrare che potete farcela così
ché una vita di tensione e disagio
possa diventare in realtà una vita
di sfida e di entusiasmo.
Tenere presente che di solito il
porsi degli obiettivi provoca
l'insorgere di stati di emergenza!
Non siate maniaci del lavoro.
Sappiate rilassarvi alternando
lavoro e divertimento!
Eliminate la continuità delle
sollecitazioni provenienti dalla
vita
Eliminare la continuità delle
sollecitazioni provenienti dalla
vita. In ogni caso non siate
instancabili, presenzialisti o
ossessionati dal successo o senza
una vita privata. Concedetevi delle
pause, senza pretendere di eliminare
i rischi della vita perché allora se
ne correrebbe uno ancora più grave
che è quello di non vivere la nostra
vita.
L'organismo, se non può prendere
intervalli di vero risposo si logora
molto prima di quello che è l'età
anagrafica e muore prima o di
infarto o di ictus o di tumore o di
un'altra malattia. E' come se
l'organismo, nello sforzo di
concentrare tutte le sue risorse per
soddisfare un certo tipo di
richiesta, fattore di stress,
sottraesse le forze a una parte
essenziale di se stesso, il sistema
immunitario, appunto!
Aumentate il tempo per le emozioni
positive
Aumentare il tempo per le emozioni
positive. Basta solo aumentare del
20% ciascun fattore emotivo di
valore positivo (tempo durante il
quale si sta con gli amici, si ride,
ecc.) per determinare l'80% del
risultato positivo (legge di Pareto).
Sarà sufficiente cioè concentrarsi
sui pochi elementi più importanti di
ciascun fattore per migliorare
significativamente la felicità.
Aumentare il tempo, anche di poco,
durante il quale si e' più felici,
per avere un grande aumento della
probabilità di essere più felici in
genere anziché vivere solo brevi
attimi di intensa felicità con i
quali si tende ad essere
complessivamente meno felici.
Evitare l'ascolto ripetuto di
notizie catastrofiche!
Mettete l'arte in quello che fate
Mettere
l'arte in tutto quello che si fa
ossia quel tocco di fantasia e di
inutilità che dà gusto
all'esistenza, sapore alla vita, fa
evitare di prendersi troppo sul
serio e di cadere in un utilitarismo
forsennato.
L'arte
non è né competenza né tecnica. Non
ammette nessun termine di
riferimento, nessuna gerarchia,
nessun giudizio. L'artista deve solo
essere in linea con se stesso, avere
solo voglia di esprimere qualcosa.
Basta provare questa voglia, questo
bisogno, come una pulsione profonda!
Diffidate delle evidenze e dei
pensieri rigidi
Diffidate delle evidenze e dei
pensieri rigidi maneggiando con
precauzione la serietà al pari
dell'importanza, in quanto tutto è
importante e nulla è importante,
tutto è relativo, evolutivo e
complesso.
Non dare
retta al cervello lambico per cui
tutto deve essere chiaro e netto,
bene o male, triste o gaio, positivo
o negativo, semplice o complicato!
Non mitizzate i soldi
Non
mitizzare i soldi. Studi fatti sui
popoli hanno dimostrato che il detto
"più soldi si hanno più si e'
felici" e' un mito (felicità nel
senso di soddisfazione, ecc.).
L'utilità marginale del denaro
declina rapidamente. Una volta che
ci si e' abituati ad uno standard di
vita più elevato, più denaro da' una
felicità addizionale sempre più
scarsa!
Combattete la sindrome da
invecchiamento
Combattere la sindrome da
invecchiamento vivendo il passare
del tempo come attesa di fatti
positivi, cercando motivazioni di
vita più profonde di quelle che
superficialmente finora ci hanno
illuso col successo o deluso con
l'insuccesso. Bisogna accettare
serenamente il fatto che l'età porta
con se determinati cambiamenti
fisiologici, che non vanno
drammatizzati, ma utilizzati a
nostro vantaggio per raggiungere
obiettivi complementari a quelli
raggiunti nella prima metà della
vita. Combattere, inoltre,
regressioni di tipo comportamentale.
Il deterioramento nell'aspetto
esteriore contribuisce
all'isolamento, all'abbattimento,
alla non accettazione (sono in
aumento gli studi sui legami
esistenti tra la cura di se stessi e
il rafforzamento delle difese
immunitarie. Uno studio condotto
negli Stati Uniti su alcuni
schizofrenici, omogenei per età e
livello socio-economico, dimostra
che ogni patologia diventa più grave
se le persone
sono
meno attraenti!), mentre una perdita
di interesse in se stessi, nel mondo
che ci circonda e nella vita riduce
la capacità respiratoria. Un lungo
studio sull'invecchiamento umano
compiuta dai ricercatori del
Gerontology Center di Baltimora è
arrivato alla conclusione che la
nostra vera età non è quella
anagrafica, ma quella che
dimostriamo di avere!
Regolarizzate il ciclo sonno-veglia
Da una
ricerca americana, è risultato che
dormire meno di quanto richiestoci
dal nostro organismo contribuisce a
farci invecchiare più in fretta in
quanto aggrava le alterazioni
fisiologiche che già si riscontrano
con l'avanzare dell'età. Aggrava, in
particolare, il disequilibrio di
parametri ormonali e neurologici (si
aggrava la produzione di cortisolo;
l'ipotalamo riduce la secrezione
dell'ormone TSH che stimola la
tiroide; aumentano le alterazioni
nella funzione del pancreas; ecc.).
Anche secondo Elio Lugaresi,
(Università di Bologna), con un
ciclo sonno-veglia regolare
viceversa, il nostro orologio
biologico influisce positivamente
sulla produzione ormonale che, come
più volte detto, è la protagonista
dei nostri singoli atti (lo stato di
veglia vede la presenza degli ormoni
dello stress adrenalina e cortisolo,
che ci fanno sentire stanchi, che
calano durante il sonno quando
crescono il flusso sanguigno al
cervello utile per la salute
mentale, l'ormone GH della crescita
e la melatonina). E' quindi
fondamentale, per la nostra salute,
che si ascoltino le esigenze del
nostro corpo dettate dall'orologio
biologico-genetico orientato con la
luce e il buio. Non c'è un tempo
normale per dormire. Il sonno è un
fenomeno estremamente individuale,
dipende dall'età e dalle
caratteristiche psicologiche: a 40
anni si dorme in media 7 ore, a 50
si dorme in media per 6 ore; la
persona estroversa, energica,
ambiziosa dorme poco mentre il
soggetto ansioso, creativo, un pò
nevrotico dorme di più!
Il controllo
soggettivo
Liberatevi dai condizionamenti
patogeni che occupano il cervello
Sono
condizionamenti patogeni quelli
derivanti da residui di
comportamenti animali, quelli
inculcateci dalla nostra cultura,
quelli trasmessici durante
l'infanzia, quando l'intelligenza
era embrionale, quelli dovuti a un
vissuto molto doloroso che non si
ritenne possibile o opportuno
manifestare, ecc. (per una loro
eliminazione sono in genere
necessari una forte motivazione e un
aiuto esterno di un terapeuta
psicofisioanalista perché il
cervello del soggetto che ne è
affetto, alla ricostruzione del
quadro completo della volta in cui
si è verificata la paura, che poi fu
spostata su qualcosa altro, mette in
moto tutto un meccanismo di fuga:
mal di pancia, influenza, ecc.).
Psicoanalista e
psicoterapeuta vanno vissuti a tutti
gli effetti come medici giusti per
curare la mente!
I più comuni
sono:
- sensi
di colpa allo stato latente, che
spesso costituiscono una delle
principali cause di emergenza (è
durante l'infanzia che in genere
compare, vero e proprio collante
dell'addestramento del bambino: dato
dai rimproveri che crescono man mano
che cresce e che il bambino fisserà
nella memoria come fatto di non
essere bravo, giudizioso, ecc.).
Smettere di vedere pagliuzze
nell'occhio del vicino cercando di
vedere le enormi travi nel proprio;
saper accettare la propria
imperfezione come un dono del cielo
e non come una tara; utilizzare dei
momenti di meditazione per passare
in rassegna l'insieme delle proprie
relazioni famigliari, professionali
e di amicizia per tentare di
scoprire tutti i sensi di colpa che
nascondono (poi autoassolversi!);
- tabù
da cui prendere le distanze,
riflettendoci sopra, capendo come e
in che misura ha potuto condizionare
la vita e il pensiero fin
dall'infanzia;
-
drammatizzazioni (sono
enfatizzazioni della realtà, che
hanno fatto nascere o rafforzare
appunto una emozione, come paura, o
collera o depressione, usate per
farci andare in una direzione
voluta).
Rafforzate il carattere
Rafforzare il proprio carattere,
ovvero la propria intelligenza
emotiva, la propria capacità di
resistenza a eventi della vita
negativi, per minimizzare gli
effetti negativi di eventuali geni
di infelicità presenti nella chimica
del proprio cervello.
L'intelligenza emotiva, ai fini del
raggiungimento della felicità, è più
importante di quella razionale
immodificabile misurata con l'IQ!
Ciò
potrà essere ottenuto regolando i
propri sentimenti e impedendo che
l'emozione prenda il sopravvento
sulla capacità di pensare cambiando
comportamenti abituali e modi di
vivere errati mediante
l'applicazione di opportune tecniche
dipendenti dai vari tipi di persone.
Esse sono:
- il
rilassamento e la concentrazione è
una tecnica particolarmente adatta
per soggetti impazienti o
pessimisti. Essa prevede: la
respirazione lenta e rilassata, il
rilassamento consapevole dei muscoli
e la concentrazione deliberata della
mente su un unico tema preciso in
modo che i pensieri negativi, le
sensazioni e le emozioni inquietanti
si calmino. Questa tecnica regala
inoltre all'organismo endorfine o
ormoni del piacere che conferiscono
sensazioni di benessere e resistenza
al dolore, un dolce massaggio per
gli organi addominali, che
migliorano la loro efficienza,
mentre il cuore pulsa più lentamente
e la pressione arteriosa si abbassa:
mettetevi comodi sdraiati sulla
schiena; prendete coscienza dei
suoni della stanza e di quelli
lontani; inspirate l'aria che dovrà
prima andare a dilatare l'addome per
poi passare a riempire, lentamente e
progressivamente, il torace, poi,
altrettanto lentamente espirare;
concentrate la mente su una parola,
una immagine, una frase, anche molto
semplice (mantra, una preghiera,
ecc.) o una proposizione positiva,
per esempio, che sia l'espressione
sintetica e precisa di obiettivi che
volete raggiungere; rallentate
volutamente la respirazione;
........;
- la
visualizzazione consiste
nell'immaginare se stessi come si
vorrebbe essere: immaginare la
propria vittoria, immaginarsi magri,
immaginarsi guariti, ......
Si va
affermando l'opinione che "pensarsi
magri" sia indispensabile per
ridurre il peso eccessivo e
mantenere quello ideale!
- la
rivalutazione delle qualità
personali. Date fiducia alle vostre
doti, alle vostre capacità di
analisi e di azione, alla vostra
capacità di affrontare le difficoltà
e il destino che vi è dato
autocongratulandovi per ogni
successo. Questo atteggiamento porta
ad una serenità che facilita
l'azione e la riflessione
intelligente. Mette in condizione di
sfruttare al meglio le proprie
capacità personali.
Perdere
fiducia in se stessi porta un
giovane a commettere sciocchezze, un
vecchio a ripiegarsi su se stesso!
Per la
legge di Pareto, se si aumenta anche
solo del 10% la fiducia in sé,
spesso si raddoppia la sua
efficacia!
I
messaggi di sfiducia, che colpiscono
i sentimenti, le speranze, le
legittime aspirazioni, che tolgono
ogni motivazione, che rovinano i
rapporti interpersonali, ecc., sono
spesso ingigantiti per speculazione
politica o di altra natura!
- la
cura della comunicazione e dei
rapporti umani.
Per
imparare a comunicare in modo
efficace occorrono: la conoscenza di
sé e l'autoaffermazione!
Curare
la comunicazione è sopratutto utile
per soggetti solitari il rimedio per
stabilire rapporti personali più
gratificanti biologicamente
necessari perché facenti parte del
patrimonio genetico. Date spazio
all'uomo biologico che è in voi,
progettato per vivere con gli altri,
a stare con gli altri, a corteggiare
e a farsi corteggiare.
Gli
uomini sono per natura creature
politiche e sociali e non individui
solitari ed egocentrici, per cui,
per la maggior parte di loro,
l'isolamento produce sintomi
patologici di angoscia, un
ripiegamento su se stessi,
tristezza, frustrazioni e turbe
psicologiche!
Fate
vivere i bambini in un ambiente
socializzante. La necessità di fare
pettegolezzi sugli altri, al fine di
valutarli e le esigenze cognitive
del corteggiamento stimolano
l'intelligenza, il linguaggio e
l'abilità linguistica e sviluppano
il neocortex. In altre parole, più
sarà ricco l'ambiente esterno e più
il cervello avrà connessioni neurali
e diventerà più intelligente!
Una
buona comunicazione dovrà essere ne
aggressiva ne passiva che fa stare
zitti e ribollire dentro, ma capace
di rivelare chi siamo e cosa
vogliamo, restando tuttavia
sensibili ai sentimenti e alla
situazione dell'interlocutore, per
poter ottenere rapporti
soddisfacenti, evitando sensi di
incertezza, inadeguatezza e mancanza
di controllo per paura
dell'interlocutore o per timore di
perdere il controllo della
situazione o comportamenti
autolesionistici (rifiutare di
combattere, schivare il confronto,
rifiutare di prendere partito, non
dichiarare mai apertamente che
disapprova o rifiuta il
comportamento dell'interlocutore,
accumulare risentimento, ecc.). Sono
utili conoscere tecniche di
comunicazione assertiva, tecniche
del messaggio, tecniche di
comunicazione a due vie, tecniche
vocali non verbali, tecniche
corporee, ecc..